Sotto forma di road movie, ritorna nelle sale il vero cinema, privo di ambizioni se non quella di raccontare una semplice e preziosissima storia di legami…
In ritardo di due anni rispetto all'uscita spagnola, ecco arrivare nelle sale, in questi primi, freddi giorni d'autunno, il film vincitore della Caméra d'or nella 64° edizione del Festival di Cannes: Las Acacias.
Un camionista trasporta legname nel Sud America, tra Argentina e Paraguay. Il suo nome è Rubén. Una donna deve raggiungere Buenos Aires, accompagnata dalla figlia neonata e dalla speranza di una vita nuova. I loro nomi sono Jacinta e Anahì. Insieme affronteranno un lungo viaggio, nei quali i silenzi tra i tre si faranno verbo.
A partire dagli anni in cui Kubrick rivelò alle masse l'esistenza di cinema a sfondo sociale, è capitato sempre più di frequente di veder smarrire la vera essenza di quello che un film deve essere, persa nella fitta boscaglia di moralismi e trattati antropologici da ricercare a tutti i costi. Così, è divenuta enormemente più rara, nel campo dell'audiovisivo, la presenza di un racconto che sapesse essere fine a sé stesso, completo ed ermetico. Las Acacias è proprio questo; una storia sperduta nel tempo e nello spazio (se non per le linee di partenza e di arrivo del viaggio, comunque solo parole e senza geografia), che sfiora realtà conosciute dal pubblico ma le supera, lasciandosele immediatamente alle spalle. Piuttosto, gli spazi che circondano i tre protagonisti divengono prolungamento e strascico dei loro atteggiamenti. I campi sterminati e desertici che scorrono infiniti fuori dai finestrini rimandano senza esitazioni all'aridità ed all'avidità con cui le linee dei dialoghi sono state scritte. Gli specchietti retrovisori del camion sul quale viene affrontato il tragitto, non fanno altro che evidenziare il gioco di riflessi che colpisce continuamente i tre viaggiatori, collegati tra loro da gesti semplici, come uno sbadiglio che passa da una bocca all'altra.
Elevando il suo stato di voyeur ai massimi livelli,
la macchina da presa evita il più possibile di muoversi, prende tempo, indaga con lunghe inquadrature i volti dei personaggi, che riescono ad esprimere tutto senza intaccare la quiete verbale. Rubén, Jacinta e la piccola Anahì assumoni così i medesimi caratteri di un gruppo di acacie, che nelle credenze popolari vengono dipinte come simbolo di vigore, purezza, innocenza e immortalità.
RIMEDIO ALLA LOGORREA QUOTIDIANA
Dr. Lecter
Regia: Pablo Giorgelli – Cast: Germán de Silva, Hebe Duarte, Nayra Calle Mamani – Nazione: Argentina, Spagna – Anno: 2011 – Durata: 82'