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Lascia che la serenità sia la guida della tua anima

Creato il 21 settembre 2011 da Fabry2010

Lascia che la serenità sia la guida della tua anima

Ho conosciuto il poeta Boris Schapiro quest’estate in treno, tornando a Berlino. Senza posto prenotato, ero capitata per puro caso – o provvidenza – accanto a lui. Dal primo momento mi avvolse nella sua aura forte e positiva e mi fece percepire la rara sensibilità con la quale è capace di cogliere e accogliere lo stato d’animo dell’altro. Quasi da subito cominciammo a parlare di poesia. La nostra conversazione smise soltanto al nostro arrivo alla stazione centrale di Berlino. Nelle poche ore trascorse insieme, Boris Schapiro mi ha nutrito bene: di poesie, pane, frutta e saggezza.

Nato a Mosca nel 1944 di famiglia ebrea, la vita del poeta è intrecciata alla feroce storia del XX secolo. Quasi tutta la sua famiglia fu assassinata nelle catacombe di Odessa. Lui sopravvive alla guerra e diventa un matematico. La sua promettente carriera universitaria finisce però a metà degli anni sessanta, nel preciso istante in cui si rifiuta di firmare una dichiarazione che accusa il suo insegnante e mentore di attività controrivoluzionarie. In un’intervista, Schapiro definisce questo momento come una svolta. Nonostante le pesanti minacce da parte del KGB, egli è deciso a difendere la sua dignità umana, consapevole del caro prezzo che avrebbe dovuto pagare. Con lavori umili riesce a tirare avanti fino al 1975 quando, dopo lunghi mesi trascorsi in carcere, gli viene finalmente concesso di immigrare in Germania. Nonostante la salute gravemente compromessa a causa dei trattamenti in carcere, Schapiro è pronto a cominciare una nuova vita, inventandosi quasi da subito poeta anche in lingua tedesca. Nel corso degli anni riscopre le sue radici ebree, trovando in esse una dimensione spirituale che nutre profondamente sia la sua poesia, sia la sua vita.

Oggi vive a Berlino, città delle contraddizioni per eccellenza, come poeta, scrittore, ricercatore, inventore…

Quando ci salutiamo in stazione, sono felice perché dopo tutto, nel ventre di questa grande città insaziabile, incontri del genere, incontri tra uomini e mondi, sono di nuovo possibili. La distruzione e l’annientamento non hanno avuto l’ultima parola. Come nei suoi anni migliori, a  Berlino c’è posto per tutte le storie.

VERGANGENHEITSSCHRECKEN

rufen Lügen hervor.

Die Gegenwartslügen

gebären die Schrecken Zukunft.

Mit amputierten Beinen

bin ich auf hölzernen Stelzen

der geile Satyr.

Wo tanzst du,

zärtliche Nymphe?

Mein Flieder ist ausgeblüht,

wahrscheinlich für immer.

Der Duft ist geblieben, der Schmerz,

keine andere Frucht.

Sein oder nicht sein –

die Frage stellt sich

mir immer konkret:

Komplize sein oder nicht,

auch Dieb oder Mörder,

ein Sklave, ein Sklavenhalter,

der Sklavenhalter als Sklave,

als Liebender und als Geliebter,

als Betrüger und als Betrogener,

vor allem als Selbstbetrüger

Selbstbetrogener sein.

Das mußte ich nicht bloß wählen,

sondern erfinden.

Ich durfte es nicht und ich habe

erfunden, erfunden, erfunden,

ich habe es stets getan.

Und hatte den Willen dazu.

Aber den falschen.

Ich wollte ein Dieb sein

und Mörder,

daß alle mich respektieren.

Stolz war ich zu betrügen

und betrog besser als ihr,

bis mein Vater mir sagte,

es ist nur

Selbstbetrug. Ja.

Ich wußte einst nicht,

daß es nicht

selbstverständlich ist, einen

Vater zu haben.

Der Vater sagte,

ich sei sein Spiegel.

Was sieht

er in mir?

Und was ich in ihm?

Lange genug

such ich das richtige Wort

und finde nur eins,

nämlich Liebe.

„Was willst du eigentlich tun?“

fragte der Vater.

„Dein Wille beherrscht dich.

Du bist sein Sklave.

Denke daran.“

Ich dachte daran.

Wie kann ich

den Willen beherrschen?

Wie kann ich das wollen,

was ich wollen will,

nicht nur der Wille in mir?

„Wer seinen Willen beherrscht“,

sagte der Vater,

„der ist

wirklich ein Mensch.

Wenn du es wirst,

dann

bin es gewiß

auch ich“.

31.05.06

GLI ORRORI DEL PASSATO

causano menzogne.

Dalle menzogne del presente

nascono gli orrori futuri.

Con gambe amputate

sto sui trampoli di legno

satiro voglioso.

Dove danzi tu,

ninfa tenera?

Il mio lillà è sfiorito,

probabilmente per sempre.

E’ rimasto il profumo, il dolore,

nessun altro frutto.

Essere o non essere –

mi si pone questa domanda sempre

concretamente:

Essere complice o no,

ladro o assassino,

uno schiavo, uno schiavista,

lo schiavista come schiavo,

come amante e come amato,

come ingannatore e come ingannato,

soprattutto come auto ingannatore,

un essere auto ingannato.

Tutto questo non soltanto dovevo scegliere,

ma inventare.

Non dovevo eppure ho

inventato, inventato, inventato,

senza smettere.

E l’ho voluto.

Ma la mia volontà era errata.

Volevo essere un ladro

e assassino,

perché tutti mi rispettassero.

Ero orgoglioso di ingannare

e ingannavo meglio di voi

finché mio padre mi disse,

tu inganni soltanto te stesso. Si.

All’epoca non sapevo

che era naturale avere

un padre.

Mio padre disse,

che io ero il suo specchio.

Cosa vede lui

in me?

E io in lui?

A lungo cerco

la parola giusta

e  ne trovo  una sola,

amore.

“Dunque, cosa vorresti fare?”

chiese mio padre.

“La tua volontà ti domina.

Tu sei suo schiavo.

Non dimenticarlo.”

Ci riflettevo.

Come posso

dominare la volontà?

Come posso volere ciò

che io voglio volere

e non soltanto la volontà in me?

“ Chi domina la propria volontà,”

disse mio padre,

colui è

veramente un uomo.

Se tu lo sarai

lo sarò

certamente

anch’io.

31.05.06



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