Com’era nelle previsioni, questa settimana sta iniziando la discesa verso valle della valanga di dichiarazioni di affetto misto a tristezza, nei confronti dello scomparso Pantani (foto:www.loccidentale.it). Frasi, pensieri e messaggi di amicizia che piovono da ogni dove, in particolare da molte persone che nei momenti in cui Marco se la passava male, ne avevano preso silenziosamente le distanze. Giornalisti, commentatori, dirigenti, ciclisti attivi ed ex, o persone che nemmeno ne seguivano le corse, ma che per necessità di apparire nel gruppo dei suoi ‘tifosi’ rispolverano la mezza tonnellata di ovvietà, costruite su discorsi che sarebbero serviti veramente una dozzina di anni addietro, e che oggi sono prodotti molto efficaci e sbiancanti per ripulire vetri, piastrelle, inox, tutte le superfici lavabili e le coscienze, senza necessità di risciacquo. Agitare con cura prima di vaporizzare, tenere lontano dalla portata dei bambini. Insomma, facciamo di tutto, ma lasciarlo in pace non se ne parla. Questa litania del “nostro caro Marco”, tirata avanti da gente a cui forse lo stesso scomparso tirerebbe calci nel didietro fino a sfasciarsi le scarpe, si rinforzerà durante il Giro, dove ci possiamo aspettare la fila di leccapiedi che per ben figurare davanti al mondo degli appassionati, si spremeranno le meningi per fare a gara nel ricordarlo con le migliori parole possibili. È quasi certo che durante il Giro, lungo le strade, ci sarà una miriade di messaggi di amicizia verso lo scalatore romagnolo da parte della gente. Facilmente saranno bei pensieri, brevi, concreti, semplici e per questo meno falsi e di (molto) conveniente circostanza che arriveranno di getto da quelli che; “…io Marco lo conoscevo, gli volevo bene e mi sento di dire a nome di tutti che….”. Ecco, bravi, mentre parlate a nome di tutti, ricordate anche gli anni in cui quest’uomo è stato fatto andare come una moto per strizzarlo fino al midollo e fargli tenere in piedi la baracca miliardaria a cui tanti si sono attaccati e si sono fatti trainare nel nome del “nostro caro Marco”.
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Com’era nelle previsioni, questa settimana sta iniziando la discesa verso valle della valanga di dichiarazioni di affetto misto a tristezza, nei confronti dello scomparso Pantani (foto:www.loccidentale.it). Frasi, pensieri e messaggi di amicizia che piovono da ogni dove, in particolare da molte persone che nei momenti in cui Marco se la passava male, ne avevano preso silenziosamente le distanze. Giornalisti, commentatori, dirigenti, ciclisti attivi ed ex, o persone che nemmeno ne seguivano le corse, ma che per necessità di apparire nel gruppo dei suoi ‘tifosi’ rispolverano la mezza tonnellata di ovvietà, costruite su discorsi che sarebbero serviti veramente una dozzina di anni addietro, e che oggi sono prodotti molto efficaci e sbiancanti per ripulire vetri, piastrelle, inox, tutte le superfici lavabili e le coscienze, senza necessità di risciacquo. Agitare con cura prima di vaporizzare, tenere lontano dalla portata dei bambini. Insomma, facciamo di tutto, ma lasciarlo in pace non se ne parla. Questa litania del “nostro caro Marco”, tirata avanti da gente a cui forse lo stesso scomparso tirerebbe calci nel didietro fino a sfasciarsi le scarpe, si rinforzerà durante il Giro, dove ci possiamo aspettare la fila di leccapiedi che per ben figurare davanti al mondo degli appassionati, si spremeranno le meningi per fare a gara nel ricordarlo con le migliori parole possibili. È quasi certo che durante il Giro, lungo le strade, ci sarà una miriade di messaggi di amicizia verso lo scalatore romagnolo da parte della gente. Facilmente saranno bei pensieri, brevi, concreti, semplici e per questo meno falsi e di (molto) conveniente circostanza che arriveranno di getto da quelli che; “…io Marco lo conoscevo, gli volevo bene e mi sento di dire a nome di tutti che….”. Ecco, bravi, mentre parlate a nome di tutti, ricordate anche gli anni in cui quest’uomo è stato fatto andare come una moto per strizzarlo fino al midollo e fargli tenere in piedi la baracca miliardaria a cui tanti si sono attaccati e si sono fatti trainare nel nome del “nostro caro Marco”.
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