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Lavoro: ogni problema ha la sua soluzione.

Creato il 11 luglio 2013 da Propostalavoro @propostalavoro

Lavoro: ogni problema ha la sua soluzione.

Con amarezza ci rendiamo conto che di fronte alle cattive notizie tutti gli addetti all’informazione e persino il cittadino qualunque, a suon di ripetizioni ridondanti e grandi titoli, si affannano affinché queste, relative ai “fattacci più disparati”, con la velocità della luce facciano il giro del mondo.

Pensando alle imprese del settore/informazione, le quali come ogni impresa economica, hanno il sacro obiettivo del lucro verrebbe da dedurre che l’affannarsi è normale e auspicabile, poiché  loro scopo è vendere copie o fare audience.

Vero! Ma perché i lettori e gli utenti si interessano tanto ai fattacci e quasi si disinteressano alle buone notizie? Ci riferiamo, ad esempio, alla nobile prova di civiltà, buonsenso e buon’intento, solo accennata dai media, relativa all’accordo raggiunto tra una azienda di Viterbo (Gruppo Sanitari Italia) e i propri dipendenti i quali, a suo tempo, bypassando sindacati e CONFINDUSTRIA, stabilirono assertivamente di sacrificarsi un po’ tutti per salvare Azienda e posto di lavoro.

In questo triste periodo di depressione, di sfiducia e di rassegnazione, imperante nel mondo del lavoro, dove tanto si parla e poco si conclude, un segnale positivo e funzionale, come quello dato dall’esempio citato, dovrebbe dar luogo agli effetti di chi trova l’oasi nel deserto; dovrebbe scuotere le coscienze ed essere preso a modello/esempio considerandolo perlomeno una formula da sperimentare, se non altro, per attivare riflessioni e soluzioni ipotetiche!

Ma, forse, l’uomo é incline all’autolesionismo; forse prova un irresistibile  piacere a fare la vittima, a soffrire e stare male e, soprattutto, nel ruolo di vittima si sente autorizzato a colpevolizzare gli altri per quello che non va; forse una dose di vigliaccheria, che lo rende spettatore passivo, gli impedisce di assumersi le proprie responsabilità e diventare protagonista di se stesso e della sua vita, nel bene e nel male.

E’ assodato che viviamo un’epoca critica in decadenza aggravata da malcostume generale dove lo sport di tendenza sembra rappresentato dalla inclinazione a sbranarsi a vicenda, a trasgredire le regole e infrangere la legge, dove tutti sembrerebbero tendere a servire egoisticamente solo se stessi in un illusorio eterno presente calpestando tutto e tutti, ma è altrettanto vero che stiamo diventando un popolo triste, confuso, scontento, lagnoso e sospettoso e molto psicosomatizzante.

Ci siamo chiesti perché le cattive notizie diventano famose e quelle buone passano inosservate. Un vecchio proverbio, perpetuato dalla saggezza popolare, dice: “ il gatto della dispensa quello che fa pensa”. Il proverbio in questione altro non è che una versione rudimentale del principio della “proiezione” usato in ambito psicologico secondo il quale l’individuo tende ad attribuire agli altri le proprie caratteristiche, i propri difetti e quanto di peggio contiene in sé.

Da cui si deduce che l’individuo è triste, scontento, lagnoso e sospettoso proprio di se stesso ed il vittimismo altro non è che il tentativo di esorcizzare detti contenuti; le cattive o brutte notizie assumono quindi, nevroticamente, il ruolo di ri-qualificatori indiretti, poiché mentre si raccontano le brutture degli altri ci si può illudere di essere perfetti.

Dr.ssa Elisabetta Vellone


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