Nella simbologia cristiana il numero 12 ha un alto valore simbolico. In genere simboleggia i 12 apostoli, testimoni di Gesù Cristo e quindi vere e originarie colonne della fede cristiana. Oppure, tornando al Vecchio Testamento, simboleggia le 12 tribù di Israele. Nell’architettura sacra di tutto il mondo solitamente il numero 12 ha questo significato. Tranne che a Poggio dei Pini dove, forse per gli influssi planetari del vicino Osservatorio astronomico, le 12 colonne della chiesa parrocchiale Madonna di Lourdes hanno assunto un valore astrologico. Come si legge nel pannello esplicativo del Comune di Capoterra, le 12 colonne al centro delle quali è stato posizionato l’altare rappresentano infatti i segni dello zodiaco, simboli – si legge – “dell’inconoscibile immensità del firmamento”.
Durante una passeggiata a Poggio dei Pini in queste giornate di vacanza sono entrato nella chiesa parrocchiale. Ho sempre trovato estremamente piacevole ritagliarmi un momento di silenzio dentro un edificio sacro, cosa ancor più piacevole quando la chiesa è immersa nella natura. Ma sempre più spesso, soprattutto nelle chiese di nuova generazione, i canoni dell’architettura sacra sono stravolti in nome della modernità. Ormai vengono costruite chiese delle forme più disparate che di sacro non hanno più quasi nulla: spesso il Tabernacolo, che teoricamente dovrebbe essere il fulcro dell’intero edificio, è praticamente introvabile. Nei casi più eclatanti le nuove chiese vengono commissionate ad architetti internazionali di grido, prevalentemente atei o addirittura massoni, con il risultato che molte chiese assomigliano a tutto tranne che ad un edificio di culto.
Ecco perché, pur non essendo esperto in materia, sono stato colpito dal cartello esplicativo all’esterno della chiesetta di Poggio dei Pini, soprattutto per la scelta liturgico-astrologica delle 12 colonne zodiacali. Per carità, l’architetto è un artista libero di scegliere quale significato simbolico dare alla sua opera.
Ma, chiedo, un’eccessiva discrezionalità nell’attribuire un significato ai simboli sacri non rischia di essere un po’ fuorviante?
Le 12 colonne di Poggio dei Pini
La prima pietra della chiesa parrocchiale Madonna di Lourdes – si legge nel pannello – è stata posata dall’Arcivescovo di Cagliari Ottorino Pietro Alberti nel lontano 19 febbraio 1989. Lo stesso monsignor Alberti l’ha consacrata al culto il 9 febbraio 1997.
Il pannello esterno spiega ai visitatori i criteri adottati nell’esecuzione dell’edificio e avverte che l’assetto architettonico può offrire varie chiavi di lettura, di cui le più importanti sono appunto costituite “dal simbolismo strutturale e da quello numerologico”.
“E’ stata scelta la forma circolare – si legge nel pannello – perché il cerchio, secondo gli antichi filosofi neoplatonici e pitagorici, è la figura geometrica che meglio di ogni altra si presta a riassumere i concetti di unicità, perfezione e pienezza, e quindi di Dio come entità suprema”.
“La forma circolare – continua la spiegazione – è quella con cui sono simboleggiati anche il mondo e l’universo, e per sottolineare tale ambivalenza semantica è stato limitato a quattro il numero delle croci di pietra disposte lungo le pareti interne”. Il numero di quattro croci – si spiega nel pannello – non è dovuto a ragioni di risparmio economico, ma simboleggia i quattro angoli del mondo verso i quali deve procedere l’annuncio del Vangelo.
La svolta astrologica arriva poco dopo. “L’altare, segno di Cristo, risulta al centro dell’assemblea ma anche al centro del mondo e, in una più ampia prospettiva, anche al centro dell’universo simboleggiato dal cerchio di 12 pilastri che sorregge la volta, figura dei segni dello zodiaco e quindi dell’inconoscibile immensità del firmamento”.
L’ariete, il toro e il capricorno assurgono dunque a Poggio dei Pini a simboli della fede cristiana. Insieme al sagittario, alla bilancia e ai gemelli.
Interessante anche l’allegoria secondo cui la cupola del tetto della chiesa rappresenterebbe il Dio padre che genera il figlio, a sua volta simboleggiato dal pavimento bicromo in calcare bianco e giallo che dovrebbe simboleggiare la doppia natura, divina e umana, di Gesù Cristo: Cristo è rappresentato dal pavimento.
Il pannello esplicativo avverte infine che le capriate lignee simboleggiano la chiglia di una nave che rappresenta la nave della Chiesa, strumento di salvezza prefigurato in primo luogo nell’arca di Noè e poi nella barca di Simon Pietro. Di legno – ricorda il pannello – era infatti rivestito anche il Tempio di Gerusalemme. “Benché la concezione cristiana del tempio di culto sia totalmente diversa da quella ebraica che portò all’erezione del santuario salomonico come dimora terrena della divinità un simile richiamo alle radici della fede è sembrato tutt’altro che inopportuno”.
Altre notizie sugli aspetti architettonici della chiesa parrocchiale di Poggio dei Pini, alcune delle quali un po’ divergenti da quelle esposte nel pannello, sono riportate nel sito Capoterra.net, dove non è peraltro riportato il dettaglio delle 12 colonne zodiacali.
Verso una nuova liturgia planetaria?
Ripeto: non sono un esperto. Per questo, onde evitare di scrivere stupidaggini, ho esternato le mie perplessità sul pannello ad un amico teologo. Lui, che questa materia la affronta con una serietà irreprensibile mi ha stupito, rispondendomi ipotizzando, in un prossimo futuro, la Liturgia Planetaria del Na-no Na-no.
Ovviamente si tratta di uno scherzo, ma appastanza significativo: spingendoci avanti con la discrezionalità nel simbolismo, si potrebbe infatti pensare ad una nuova Liturgia planetaria con ulteriori simboli ultramoderni che superino i dettami dei vari concili in materia di immagini sacre:
- ad esempio si potrebbe introdurre il sacro simbolo dell’uovo che rappresenti la resurrezione dell’uomo alla vita cosmica.
- Una maggiore discrezionalità nella scelta dei simboli potrebbe poi indurre svecchiare un po’ anche i paramenti sacerdotali: una tuta rossa potrebbe ad esempio simboleggiare la partecipazione del celebrante alla natura dell’amore cosmico del sole dando peraltro un adeguato risalto all’aspetto ginnico della fede, sottolineato da San Paolo che nelle sue Lettere chiedeva ai cristiani di essere come degli atleti.
- Infine, dato che l’uomo si sta spingendo sempre più lontano nell’universo, perché non dare una bella svecchiata anche al tradizionale segno della pace per farlo diventare interplanetario? La stretta di mano è infatti qualcosa di troppo umano e ristretto che sarebbe precluso ai nostri vicini di pianeta. Perché allora non adottare un simbolo di pace planetaria? Alla benedizione del sacerdote, che alla fine della celebrazione dichiara “L’universo sia con voi!”, l’assemblea dei fedeli potrebbe rispondere con un ecumenico Na-no, na-no!
Si scherza, ovviamente. Ma neanche tanto, perchè a furia di discostarsi eccessivamente dalle nostre radici e dalle nostre tradizioni si corre il rischio di non sapere più neppure a chi stiamo rivolgendo un Padre Nostro.
Allora, ritornando al significato tradizionale del numero 12 nella liturgia sacra, ecco in questo articolo de La Nuova Bussola Quotidiana cosa scriveva nel XIII secolo il vescovo Durand nel suo scritto Il Razionale:
“Dodici croci dipinte sulle mura vengono unte, perché le croci sono insegne di Cristo e segni del suo trionfo. Le croci quindi vengono dipinte a ragione affinché rendano manifesto che questo luogo è stato sottomesso al dominio di Cristo”. Il fatto che siano dodici ricorda gli apostoli, testimoni di Cristo e quindi le vere e originarie colonne del tempio. Solitamente sono così disposte: due all’ingresso, due nel presbiterio, le restanti nella navata. A volte sono solo quattro, poste nei quattro punti cardinali. Quando si entra in chiesa, ci si trova quindi dentro uno spazio delimitato da quelle piccole croci. Ricordano che quello spazio racchiuso è stato unto dal crisma, attestano che lì è avvenuto un conferimento di perfezione. Che è come dire che quello spazio è dedicato ad accogliere ciò che è incontenibile. I segni della croce e dell’olio si imprimono l’uno nell’altro per manifestare la grazia che trabocca. Come quando dopo il diluvio la colomba portò il ramoscello d’ulivo e con esso la pace tra il cielo e la terra. Come quando Maria di Betania versò l’olio sui piedi di Gesù, segno di amore e dedizione totale. E poi ancora. Il vescovo Durand scrive che “le dodici croci dipinte sulle pareti e unte dall’olio ricordano la passione di Cristo con la quale egli ha santificato la Chiesa”. E sappiamo anche che le dodici croci di consacrazione ricordano le dodici colonne della basilica vicina all’Anastasis di Gerusalemme, il luogo dove Gesù è risorto. Le dodici croci di consacrazione presentano una ricchezza di significati che partono dall’Antico Testamento e giungono fino alla passione, alla morte e alla risurrezione di Cristo. E segnano uno spazio chiamato a testimoniare, oggi, una sovrabbondanza dove l’intero eccede sempre la somma delle parti”.