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Le altre frontiere d’Europa: il caso Melilla

Creato il 06 febbraio 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

melilla_migrants

di Elisabetta Stomeo

La piccola città autonoma di Melilla, enclave spagnola di appena 12,5 km² situato nel Nord Africa,  ha da sempre avuto l’onere di gestire l’immigrazione verso l’Europa in quanto frontiera tra due mondi. Negli ultimi mesi tali frontiere, che sembravano aver trovato una sorta di calma apparente a seguito dell’intervento nel 2007 dell’allora Presidente José Luis Zapatero, sono tornate alla ribalta della cronaca nazionale ed internazionale.

Ad ottobre del 2013, infatti, il Governo spagnolo di Mariano Rajoy ha nuovamente permesso che il fil di ferro che adorna la barriera di divisione dell’enclave (e perciò l’intero perimetro della città) venisse sostituito da un fil di ferro costruito ad hoc, contenente numerosissime ed affilatissime lame, dimenticando probabilmente le motivazioni umanitarie per cui era stato interdetto cinque anni prima.

La struttura perimetrale installata attorno alla città a partire dalla metà degli anni Novanta aveva ed ha tuttora l’obiettivo di ridurre il flusso di immigrazione illegale ed il contrabbando internazionale che, per semplici questioni logistiche e territoriali, è sempre stato notevole. Se ci si ferma a riflettere, ogni barriera eretta con la finalità di ghettizzare, di impedire la libera circolazione in zone di frontiera (basti pensare al muro di Berlino, alle Peace Lines nord irlandesi e alla “barriera di separazione” israeliana) ha tra le tante motivazioni di fondo quella della paura del diverso e soprattutto della preservazione degli equilibri interni. A maggior ragione, tali sentimenti di ostilità e di chiusura si acuiscono nei periodi di crisi economica e finanziaria, momenti durante i quali lo straniero, il “diverso”, è considerato un peso e soprattutto un costo che il welfare statale non può permettersi di sopportare.

Per questo motivo, già in precedenza, nell’anno 2005, il governo del PSOE aveva concesso al governo di Melilla di duplicare i controlli e di incattivire i sistemi di espulsione: vennero innalzate a 6 metri le barriere di confine, su cui vennero installati metri e metri di filo spinato, intervallati da enormi rebbi metallici, oltre ad un sistema di cablaggio sotterraneo, sensibile al rumore ed al movimento. Tali misure di sicurezza cercavano in qualche modo di frenare l’ondata di migrazione che, tra giugno e novembre del 2005, si riversò dal marocchino monte Gurugù al territorio spagnolo: furono ben otto i tentativi di passaggio degli oltre 700 migranti.

In quell’occasione nove persone persero la vita: le guardie preposte alla vigilanza furono autorizzate ad aprire il fuoco e a deportare nel vicino deserto marocchino tutti coloro che fossero riusciti ad attraversare il confine. A seguito di tali gravissimi incidenti di cronaca, il ministro della Difesa José Bono autorizzò la presenza dell’Esercito spagnolo sul confine tra Melilla ed il Marocco ed il governo del PSOE ritenne opportuno autorizzare l’installazione di lame all’interno del filo spinato che avrebbero dovuto inibire ogni tipo di tentativo [1].

Effettivamente l’aumento delle misure di sicurezza sortì l’effetto desiderato: un gran numero di migranti rimasero gravemente feriti, fatto che non passò inosservato e venne denunciato da varie ONG a tutela dei diritti umani, le quali si opposero fermamente ai trattamenti inumani riservati ai migranti africani e chiesero a gran voce il ritiro di quelli che furono da loro definiti “strumenti di tortura”.

melilla

Nei primi mesi del 2007 il responsabile del Ministero dell’Interno, Alfredo Pérez Rubalcaba, diede voce alla decisione del governo guidato da Zapatero ed autorizzò la sostituzione delle lame metalliche con un complesso sistema tridimensionale composto da robuste alzaie, riducendo drasticamente il numero di lesioni e ferite sofferte dai migranti.

Ciononostante, con il passare degli anni, l’emergenza immigrazione non si è ridotta, al contrario: un forte temporale nel 2008 lesionò parti della recinzione, cosa che permise ad un gran numero di migranti di attraversare le barriere; nel 2012, a grandi scaglioni, cercarono la libertà altre 750 persone, fino ad arrivare al 2013, quando, da gennaio ad ottobre, oltre 800 immigranti tentarono di eludere la sorveglianza della frontiera di Melilla.

Negli ultimi mesi la situazione è apparsa ingestibile, tanto che l’attuale governo spagnolo, forte del consenso positivo della sua maggioranza, ha nuovamente autorizzato l’installazione delle lame, incaricando l’impresa malagueña “European Security Fencing” di fabbricare una nuova trama di reti ipoteticamente “inoffensive” e con mero “carattere dissuasivo”, dato che, come assicura l’impresario Antonio Isidro Mora Salazar, “la loro unica funzione è quella di dissuadere attraverso l’effetto psicologico che produce l’osservare i filamenti che contengono, cercando così di evitare il passaggio e producendo un alto livello di sicurezza passiva” [2].

Ovviamente le polemiche e i dissensi suscitati da questa decisione non hanno tardato ad arrivare. Le varie ONG ed associazioni di tutela dei diritti umani hanno ribadito la loro ferma opposizione all’utilizzo di mezzi inumani e soprattutto razzisti ma il Presidente Rajoy, assicurando la loro legittimità in quanto rientranti nelle previsioni della “Ley de Seguridad Ciudadana” [3] o “Legge di Sicurezza Cittadina” (conosciuta anche come Ley Mordaza, cioè “Legge Bavaglio”), ha dichiarato di essere disposto a negoziare un’alternativa efficace alle lame ma che, nonostante tutto, la decisione di inasprire i mezzi di inibizione non si può rettificare [4]. Tali dichiarazioni, in realtà, non sono state avallate al 100% dall’attuale Ministro degli Interni Jorge Fernández Díaz, padre della riforma della Ley de Seguridad Ciudadana: il Ministro, infatti, accusato dall’opinione pubblica di un crescente autoritarismo, ha saldamente confermato l’impossibilità di rinvenire sul mercato un qualsivoglia mezzo dissuasivo tanto efficace quanto le nuove recinzioni.

Contro tale intransigenza si sono alzate numerose voci: il nuovo portavoce della Conferenza Episcopale, José María Gil Tamayo, ha criticato aspramente la nuova rete, sostenendo che “non si può attentare contro la vita di persone che sono alla ricerca di migliori condizioni di vita”. Anche il celeberrimo giudice Baltasar Garzón si è pronunciato in merito, dichiarando che la presenza e soprattutto la tolleranza di tali soprusi e violazioni di diritti umani sul territorio spagnolo fanno vacillare la stessa essenza dello Stato di diritto.

A metà novembre, dunque, il PSOE, IU e Aralar si sono fatti portavoce di tale malessere generale ed hanno redatto una mozione per eliminare le lame dalla frontiera di Melilla, presentandola al Congresso, il quale, tuttavia, a fine novembre, grazie anche alla maggioranza supportata dal PP e da UPN, l’ha rigettata.

Anche la Commissione europea è stata messa al corrente della difficile situazione vigente a Melilla (ed in misura inferiore a Ceuta) e lo scorso lunedì 16 gennaio 2014 il Commissario degli Interni, Cecilia Malmström, ha confermato che le lame installate dall’esecutivo spagnolo come mezzo di vigilanza sulla frontiera di Melilla non violano la legislazione europea; ciononostante ha tenuto a sottolineare che la Commissione non fomenta l’uso di tali mezzi, piuttosto invita gli Stati membri ad utilizzare strumenti di vigilanza alternativi basati sull’analisi dei rischi, sulla cooperazione e sullo scambio di informazioni, come ad esempio il sistema europeo di vigilanza delle frontiere EUROSUR.

Le associazioni di tutela dei diritti umani, sia spagnole che marocchine, hanno dichiarato che continueranno ad insistere affinché si possa ripristinare lo stato precedente nella barriera di Melilla.

* Elisabetta Stomeo è PhD Candidate in Scienze Giuridiche e Politiche (Università Pablo de Olavide di Siviglia)

[1] Tale risoluzione, in realtà, appare attualmente estremamente controversa: i due principali partiti spagnoli, PP e PSOE, continuano tuttora a lanciarsi reciprocamente delle accuse su chi effettivamente abbia proposto e dato l’autorizzazione per l’installazione, nel 2005, della speciale rete contenente delle lame. Ciononostante, l’opinione ufficiale è che il partito all’epoca dirigente, il PSOE, abbia firmato ed autorizzato l’aumento della sorveglianza e della sicurezza sul territorio sia di Melilla che di Ceuta, la seconda enclave spagnola sul territorio marocchino che è interessata, seppur in quantità inferiore, da simili ondate di immigrazione illegale.

[2] http://www.estrelladigital.es/articulo/espanha/negocio-y-drama-valla-melilla/20131224165945005400.html

[3] http://www.interior.gob.es/file/65/65379/65379.pdf (Testo integrale del progetto della Legge di Sicurezza Cittadina, approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 novembre del 2013 e che sostituisce la Legge di Sicurezza Cittadina del 1992).

[4] http://politica.elpais.com/politica/2013/11/27/actualidad/1385559166_992837.html

Photo credits: BBC, Mapsof.net

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