Con un dettagliatissimo rapporto il Garante per la privacy punta il dito contro le apps ed i loro sviluppatori: non ci sarebbero i presupposti di trasparenza nella gestione dei dati, di controllo sul flusso di informazioni e, cosa ancor più grave, opportuni strumenti di sicurezza a tutela della privacy degli utenti.
L’avvento di smartphone sempre più accessoriati e innovativi ha lanciato, di fatto, il mondo delle apps come estensione virtuale di un dispositivo reale consentendo a milioni di utenti in tutto il mondo di scaricare l’applicazione scelta da un vastissimo catalogo: così mappe, calcolatrici, calendari, organizer e ogni altro genere di programmino viene aggiunto al corredo software del proprio telefonino.
Il problema, secondo il Garante, sta nel consenso da parte dell’utente a rendere disponibili al programmatore della app scaricata i propri dati personali, sia esso una famosa software house oppure un esperto privato.
Non sempre, infatti, ci capita di avere a che fare con persone oneste, ma anzi imbattendosi in un individuo disonesto si può compromettere la sicurezza delle proprie informazioni personali e delle caratteristiche tecniche dello smartphone posseduto come il codice IMEI (che, ricordo, serve a bloccare il cellulare se lo perdete).
Il Garante per la privacy ha chiesti dunque ai principali diffusori di apps, vale a dire Apple, Microsoft, Google e Nokia, di regolarizzare il servizio offerto agli utenti controllando scrupolosamente gli autori dei software presenti nei loro store virtuali e informando esaustivamente l’utente dei rischi che corre scaricando materiale non conforme alle norme di sicurezza.