Magazine Diario personale

Le attese

Da Mizaar

Collie_(PSF)Mi torna in mente il muso di Argo, stamattina, immerso nella busta piena di pane, in attesa che gliene dia un tocco che non mangerà, ma che porterà in giro per giocarci. Un’attesa questa, lineare, di un essere dal ragionamento semplice come può essere semplice ed essenziale la mente di un cane come Argo. Ma l’attesa degli uomini com’è? Complicata, sicuramente, fatta di costruzioni mentali che di lineare non hanno nulla. E soprattutto compromessa dall’idea che non siamo più capaci di attendere per il tempo che ci vuole, perché ogni cosa, la realizzazione degli eventi, hanno la connotazione dell’immediato e totale. Ci pensavo stamattina dopo aver letto un post dell’amica Clelia su FB. I libri raccontano di attese interminabili, di uomini che hanno aspettato anni per accedere agli insegnamenti, che si sono prostrati ai piedi e si sono trasformati in schiavi del maestro, in attesa di una parola che li liberasse ad un livello più elevato di conoscenza. Le attese reali, non quelle raccontate, sono concretamente più ordinarie fatte di trame e orditi più semplici, quasi che la nostra mente avesse la necessità di creare un interesse necessario nell’attesa. Si attende spesso sapendo di rimanere delusi, ma ancorati all’idea di speranza; questa stessa altro non è che un’attesa montata ad arte per raggirare noi stessi. Volendo si può stilare un elenco di attese, categorie del cuore che alimentano la speranza: l’attesa di un figlio, l’attesa di un amante o di un amore, l’attesa – vitale -di un lavoro se lo si è perso, di un lavoro che non si è mai avuto, l’attesa di un giorno migliore se riteniamo terribili quelli che abbiamo appena lasciato, l’attesa della libertà  - concetto relativo come l’attesa stessa. Ho bruciato io stessa con attese ingenue, giornate che potevano essere tranquille e sono state piene di stupidi rimorsi. Meglio avere attese da Argo.


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