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Le banalità ottocentesche di Sam Harris: «dalla scienza ricaviamo valori morali»

Creato il 25 novembre 2011 da Uccronline

Le banalità ottocentesche di Sam Harris: «dalla scienza ricaviamo valori morali»Sul blog dell’Università di Oxford è apparso un articolo molto critico verso Sam Harris, uno dei quattro cavalieri del movimento religioso dei “New Atheist” capeggiati da Richard Dawkins. L’autore dell’articolo è un dottorando della stessa università in psicologia sperimentale, Brian Earp. Il ricercatore ha recensito il libro di Harris intitolato “The Moral Landscape”, nel quale il fondamentalista promuove ancora l’argomento che la scienza possa determinare i valori umani, ci possa dire cosa è oggettivamente vero sulla moralità, ci dia risposte su cosa è moralmente giusto o sbagliato ecc.. Insomma un imbarazzante tuffo nel positivismo ottocentesco.

Earp non va per il sottile: «Ciò che realmente fa nel suo libro -nemmeno molto bene- è il semplice e vecchio laico ragionamento sulla morale e afferma di stare usando la scienza per decidere il bene dal male. Che Harris sia veramente così ingenuo da pensare di poter ignorare il famoso “is/ought” pare incredibile, e così io sospetto che lui stia esagerando per vendere più copie del libro. Provo vergogna per lui».

Chiunque sa benissimo che non è possibile ricavare dei valori morali dai dati scientifici, e il ricercatore propone un esempio molto banale per spiegarlo: lo stupro avviene in natura – tra gli scimpanzé, per esempio-. Ma questo fatto non significa che sia giusto stuprare la gente. Questo perché “naturale” non comporta “corretto moralmente”, anzi, la risposta corretta è che è sbaglaito, e questo è un giudizio che diamo basandoci sulla filosofia morale e sul buon senso: non è un potere della scienza. Il compito della scienza, continua, è quello di descrivere la natura basandosi in termini di modelli o leggi. La scienza non può dirci come vivere, non può dirci cosa sia giusto e sbagliato. «Se un sistema di pensiero sostiene di fare questo, non può essere scienza. Se uno scienziato ci dice che ha delle istruzioni su come dovrebbe comportarsi, non possono essere affermazioni scientifiche. Domande su “Come dobbiamo vivere?” non rientrano nelle competenze della scienza “oggettiva”». Insomma Harris ha fatto davvero un buco nell’acqua.

L’articolo, data la facilità con cui si può rispondere al quarto cavaliere del “nuovo ateismo”, appare a tratti anche ironico: «per superare il principio “is/ought” ci vorrebbe un lavoro di un genio filosofico, e il libro Harris non è proprio un’opera di un genio filosofico». L’argomentazione di Earp è molto interessante e vale la pena leggerla integralmente, quel che resta è ancora una volta l’evidenza del bassissimo livello in cui versano gli esponenti del “New Athesim”.


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