Le batoste non servono a Silvio. Le vittorie a Grillo
Creato il 01 giugno 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
In Italia le batoste elettorali non servono. Veramente non serve neppure essere accusati di concussione, truffa, evasione fiscale, falso in bilancio, sfruttamento della prostituzione minorile, collusione con la criminalità organizzata per far finta di fare un passo indietro. Comunque si va avanti, forti di una presunta volontà popolare che, anche se ci fosse stata, oggi non c’è più. Anzi, le batoste e le partite perse incarogniscono, irritano, estremizzano, fanno ergere muri a difesa di una sopravvivenza che i numeri danno per incerta. E, tanto per chiudere il cerchio, crea quella specie di schizofrenica necessità di dare sempre la colpa agli altri per le proprie disgrazie, come se si fosse sempre fatto, e dato, il massimo per evitarle. Ci mettiamo per un momento nei panni di Gianni Lettieri dopo che il suo Capataz nazionale (quello locale è un certo Cosentino che la magistratura vorrebbe tanto vedere in manette), ha detto: “Se a Napoli avessimo presentato Mara Carfagna, avremmo vinto. Ma non potevo consegnare Mara nelle mani della camorra”. Questo che significa, che Lettieri è una specie di vittima sacrificale o che, da aspirante socio del “Casalesi Club”, avrebbe dormito sonni tranquilli? L’affermazione di Berlusconi è di una gravità tale che non può essere derubricata a boutade, è la presa d’atto formale che a Napoli la camorra vince e continuerà a vincere, per cui è meglio non mandarci i pezzi da novanta del partito, un affiliato qualsiasi basta e avanza per una realtà data per persa comunque. Secondo il ragionamento di Silvio, è quindi inutile presentare candidati di peso a Palermo perché verrebbe consegnato nelle mani della mafia, a Catanzaro per non essere ostaggio delle ‘ndrine, a Bari per evitare qualsiasi contatto con la SCU (sacra corona unita). Un presidente del consiglio che prende atto che una parte del territorio che governa è in mano alla malavita e non fa nulla per combatterla che pesce è, un tonno, un totano o un salmone? Ma se la batosta elettorale non è servita a Silvio, che ha “troppi impegni per organizzare il mio funerale”, altrettanto si può dire degli affiliati alla setta Pdl e dintorni. Con la scusa che a Milano sono tornate a sventolare le bandiere rosse, un gruppo di nostalgici ha presentato alla Camera una proposta di legge che equipara i “combattenti di Salò” ai partigiani. La proposta (anche questa non derubricabile nelle boutade), è all’esame della commissione difesa e, nel caso in cui fosse accolta, rappresenterebbe uno sfregio insanabile nella storia della Repubblica e proprio alla vigilia del 2 giugno. Già da tempo assistiamo al tentativo di eliminare la norma transitoria della Costituzione che vieta la rinascita del partito fascista, ma ora ci si è messo anche l’onorevole Gregorio Fontana a portare avanti l’opera dei revisionisti-negazionisti dei crimini dei repubblichini. Fino alla nausea continueremo a ripetere che i “combattenti” non sono tutti uguali, che i morti non sono tutti uguali e che neppure i vivi sono tutti uguali, con buona pace di Beppe Grillo che continua nella sua opera fiancheggiatrice di tutela del berlusconismo. L’ultima uscita del comico genovese sul suo blog ha causato sconcerto anche fra i “fivestars” più accaniti, quelli che ancora si stanno chiedendo il perché di un attacco così violento e preventivo a Giuliano Pisapia, storpiato in un “Pisapippa” che manco il peggior Emilio Fede sarebbe riuscito a coniare. Non riusciamo a comprendere da dove gli derivi tanto livore, almeno Lenny Bruce ce l’aveva con i giudici americani che volevano censurarlo, ma lui, oltre che con la Rai che non lo fa lavorare da quasi vent’anni, con chi diavolo ce l’ha? Con Pisapia che non ha governato neppure un giorno? È in preda a un attacco parossistico di delirio di onnipotenza? Ha le emorroidi sanguinanti? Ha finito le idee per i suoi spettacoli? Ha il conto in banca in rosso? La compagna non gliela da? L’ultimo libro ha venduto solo 2000 copie? Il Pd è un partito di mafiosi perché non lo ha fatto presentare alle primarie contro Veltroni? Per fargli cambiare idea, Giuliano Pisapia dovrebbe: smantellare il baraccone altamente inquinante dell’Expò e quello di City Life, ridurre del 75 per cento lo stipendio dei consiglieri comunali e chiudere gli inceneritori. “Credete che lo farà?” domanda Grillo ai suoi fan che per l’occasione si sono spaccati in due. Del Beppe nazionale condividiamo molte idee, lo abbiamo scritto e lo ripetiamo a ogni piè sospinto. Le esigenze, specie quelle di rinnovamento della classe politica e di politiche serie nel sociale e per l’ambiente, le avvertiamo come nostre da parecchio tempo, così come siamo d’accordo con lui sul vincolo dei due mandati elettorali. Quello che non ci sentiamo di approvare è il metodo usato per cercare di portarle avanti, perché Grillo dovrà spiegarci cosa cambia se continua a fare lo stesso sproloquio (sempre quello con la sola variante del nome della città che lo ospita) nelle piazza italiane. Il Movimento 5 Stelle ha eletto a Milano Mattia Calise, era il candidato sindaco dei grillini. Invece di rifiutare ogni possibile convergenza con Pisapia, Grillo avrebbe potuto proporlo con assessore all’ambiente. Il giovane Scalise sarebbe entrato in giunta e, solo dopo aver verificato la fattibilità o meno del suo programma per la città, si sarebbe potuto dimettere accusando l‘establishment di essere uguale al Pdl (senza la “l”). Così no. Così è troppo facile. Anche per un comico.
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