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Le chiacchiere della famiglia Guerra

Da Mammachebuono123

Son chiacchiere di famiglia,   attorno ad un tavolo che sa ancora di cena, con le briciole, i   piatti sporchi e la tovaglia a quadri di tutti i giorni, mezza   raccolta.
Ma non sono chiacchere qualsiasi o forse non sono nemmeno   tali. Meglio definirle discussioni, che si vanno facendo   da qualche giorno a questa parte. E da quel giorno in cui,   precisamente, viene rivelata una delle verità più scottanti e   disarmanti che un figlio voglia, a tempo debito o meno, dire al   padre: io non voglio fare il tuo lavoro.
Ed è da quella sera che Pietro Guerra  va mettendosi a letto con   le gambe più pesanti del solito, la testa vuota e china, le mani   che bruciano e il cuore spento. È da quella sera che vede le sue   levate ancora più buie, che si sente le braccia molli ancora   prime d’iniziare e il cervello di una trottola. Tutto questo per   il motivo di quelle chiacchiere infinite: vuole fare il   ciclista. Vuole fare.
Gli brucio la bicicletta… e gli nascondo gli scarpini… e   non mangerà più in questa casa. Che tutto quello che ha lo   deve a me, alle mie levatacce, asino che non è altro!
Si sa quanto l’ingratitudine non ami riposarsi, quasi   quanto questo padre che non si capacita, non si dà una ragione,   non smette di pensarci. E questa sarebbe la ricompensa, dopo   avere visto sin troppe albe e nessun tramonto, dopo tanti   sacrifici per i suoi figli, per la loro vita tranquilla? E a chi   potrà consegnare le sue pagine di pesi e bilanciamenti, i suoi   appunti minuziosi. A chi, le sue ricette segrete, se il suo   unico figlio maschio vuole andare in bicicletta?
Sarà che di cognome fa Guerra, della premiata pasticceria   Guerra; sarà che questa faccenda della bicicletta  ha il sapore   del burro rancido; sarà che… che non gliela farà vincere   questa battaglia assurda. Il suo figliolo diventerà un   pasticcere. Così come lui e come il di lui padre e   come il di lui nonno!
Ed è tutto un affilare di  armi, un approntamento di  munizioni,   che va sparando da un po’ di sere davanti alla minestra. A quel   figlio, che non risponde, che se ne va in camera sua o peggio   ancora a lustrare ruote. Come si fa a non pensarci!
Tra dilemmi, drammi e frasi pensate per poi nemmeno dirle, c’è   la mamma. Che di “Guerra”  se ne intende, al punto da   dovere mettere pace. Sempre.
Poggia la mano morbida sulla guancia del marito, che ha la barba   spinuta dei giorni inquieti e gli fa una carezza: ” Ti tocca di   lasciarlo stare. Se l’hai fatto  forte di gambe e non di   braccia, ci sarà un perché. Mettiti tranquillo o qui si fa la   guerra. Ti ricordi dello zio Gino, che correva nella squadra dei   preti? Quante medaglie! Da qualcuno avrà pur preso…”
C’é il freddo umido che sale dal lago, quando quel giorno tutta   la sua famiglia lo accompagna alla stazione. Learco ricorderà la   sua mamma inconsolabile, il suo papà quasi fiero e le sorelle   che si stringevano nel cappotto. E il pensiero di Milano che era   vicina, ma che in quel momento gli sembrava così lontana.
Pietro Guerra vede il treno che arriva, e davanti la locomotiva.   Si sistema il cappello e abbraccia forte suo figlio, lungo nel suo vestito della festa. Quello che non vuole fare paste e   frittelle; che non pensa di fare la sua stessa vita. Poi guarda   diritto verso la locomotiva, come se stesse puntando agli occhi di   un mostro, non sapendo che di lì a poco la testa di quel mostro   di ferro gli sarebbe diventata familiare.
“Vai figlio, fagli vedere a tutti che qui non si scherza. Io me   ne torno a far chiacchiere”.

Learco Guerra fu un grande campione del ciclismo degli anni 30  e venne soprannominato “La locomotiva umana”, per la sua forza e la sua determinazione. Prima di diventare una stella del ciclismo faceva in realtà il muratore.
Il mio piccolo racconto è un adattamento libero e un falso storico, che trae ispirazione dalla ricetta delle lattughe o chiacchiere della sua famiglia e che Nadia Gnali ci ha gentilmente inviato dal suo blog: le ricettedinadiagnali-nadia.blogspot.com.

frittelle

Chiacchiere della famiglia Guerra

Ingredienti: 500 gr. di farina 00, 3 uova intere, 50 gr di burro,75 gr di  zucchero semolato,1 bustina di lievito vanigliato, 1 buona presa di sale,1 arancia spremuta, bicchierino di grappa o di vino bianco secco,olio di semi di arachidi per friggere
Occorrenti: ciotola, sfogliatrice a mano o elettrica
Tempo di preparazione: 40 minuti + riposo

Prepara la fontana con la farina, il lievito, lo zucchero, il sale, le uova leggermente battute e il burro ammorbidito. Con una forchetta inizia ad impastare e inserisci i liquidi (succo d’arancia e grappa) un po’ per volta. Amalgama e impasta fino a formare un impasto liscio. Passalo per  una volta nella sfogliatrice per appiattirlo; poi mettilo in frigo a riposare per almeno un’ora coperto con pellicola.
Sfoglia al livello più sottile della sfogliatrice e forma dei rettangoli. Durante la sfogliatura piega più volte la pasta come se dovessi dare le pieghe tipiche della pasta sfoglia. Così facendo la pasta in cottura si gonfierà formando dei vuoti pieni di “croccantezza”. Taglia due volte l’interno dei triangoli, ma senza arrivare fino in fondo. Prima di friggere fai passare un vertice del triangolo nel taglio, e così fai anche con il vertice opposto. Friggi in olio a 176°C fino a leggera doratura. Scola la chiacchiere su carta da cucina, cambiandola più volte. Raffredda e cospargi di zucchero a velo. Si conservano anche per una settimana fragranti se ben chiuse in un sacchetto del pane.

Felice giornata!

 



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