
Ormai queste scritte non le vediamo più. Mimetizzate nello schifo globale che ci si para davanti agli occhi a 360° non ci facciamo più caso. Le scritte sui muri fanno ormai parte del paesaggio e dell'immaginario collettivo romano. Chi dobbiamo ringraziare per questo? Sicuramente le amministrazioni comunali, che al di là di interventini-spot non hanno saputo porre un freno e dare una risposta adeguata alla valanga barbara. Quindi i media, in primis le tv, che continuano ad ignorare questo fenomeno vandalico e finiscono anzi per sdoganare queste scimmie devastatrici, definendole addirittura "artisti". Mostriamo di non aver compreso la reale portata del fenomeno. La percentuale di artisti veri è probabilmente inferiore all'1% dell'intero movimento. A fronte di ciò, si mette tutto in un unico calderone, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un fallimento totale, una Caporetto senza appello. L'unico paese al mondo che non ha ancora capito la portata del danno economico e di immagine che il degrado porta con sè. Una città sporca perde quote turistiche, in primis nella fascia del turismo di qualità, quello che porta soldi. Viceversa, attira il turismo cialtrone. Da tutta Europa (Spagna e Germania in primis) c'è un via vai continuo di sbandati che vengono a Roma solo per scrivere sui muri. Qui da noi si può. Ricordatevi della turista beccata a incidere il suo nome sul Colosseo o di quella beccata a taggare Fontana di Trevi. Ricordatevi cosa hanno detto: "pensavo si potesse, non pensavo fosse vietato". Come dicevano gli antichi, il simile attira il simile. Per tacere delle implicazioni sociali che questo schifo si porta appresso: il degrado ambientale genera sempre degrado morale. Spinge a comportamenti antisociali, porta a violare le regole, dà sensazione di impunità. Stiamo regredendo allo stato barbaro. Piano piano, senza nemmeno accorgercene.




