Separare il vissuto con il cantato è impossibile nelle opere di molte poetesse algerine di lingua francese. E’ il vivere quotidiano in guerra contro di loro, nella ricerca della piena e libera espressione e non solo culturale. Dall’indipendenza, ottenuta anche con il sacrificio delle donne algerine, fino al Fronte di salvezza islamica, non c’è pace per il vivere al femminile che chiede spazi diversi dalle visioni canonizzate della legge religiosa. E che paga spesso con l’allontanamento dalla propria terra, con l’esilio se non con la clandestinità la voce delle scrittrici e delle poetesse che non si allineano alla conservazione del sistema.
Assia Djebar. Le voci del suo mondo l’assediano, come riporta il titolo di un suo scritto. Forse è a tutt’oggi una delle più celebrate artiste algerine in lingua francese. Nata nel 1926, è la prima autrice magrebina ad essere ammessa all’Accademia francaise, una delle poche donne vincitrici del Neustadt International, premio della Pace nell’ottobre 2000. Fatima-Zohra Imalayen ha cambiato il suo nome in Assia Djebar all’uscita del suo primo romanzo per non destare disapprovazione di suo padre, insegnante di lettere, e pian piano è diventata una delle scrittrici più famose del Nord-Africa. E Assia Djebar è mossa, come lei stessa dice “dall’urgenza della scrittura, l’urgenza della parola dinanzi al disastro” L’urgenza della denuncia, del recupero della memoria. La volontà di togliere il velo del silenzio alle donne islamiche”. Il mondo dell’Islam è patriarcale, e raccontare la condizione femminile è un impegno gravoso – qualcuno ha scritto nel sito ufficiale dell’artista – ma va da se che lo spirito femminile è indomabile, e le artiste del Magreb fermano le voci tra quelle che le assediano anche se la pace è lontana.
L’UOMO CHE CAMMINA
L’uomo che cammina
a volte nella notte a volte nella luce
nella luce dei fuochi d’artificio
dei proiettori
delle parole
a volte nella notte
nella notte difficile.
Dall’altra parte, gli altri
disarmato delle tenebre
innocente di alcun crimine se non della pietà
guardare
gli spettatori del viaggio
che hanno paura del naufragio
la deriva non è al largo
ceneri nel loro delirio il cuore
dietro l’uomo che cammina.
L’uomo che cammina
la sua memoria veemente
gli dice che che dobbiamo imparare
a parlare protestare gesticolare
gli hanno detto la libertà
si nutre
anche della pubblicità
una foto ben scattata una frase ben detta
compra i cuori, i sentimenti
di dolce, di tenero e d’ indifferente
del sonno del beato
del boia delle donne
gli altri,
- dice la canzone -
sono un risparmio di tempo
di sudore e di sangue
sono da sempre dei Barbari
Senza lirismo
senza storia
L’uomo che cammina
alle calcagna il poeta
luppolo ai piedi
sull’ombra di un volto silenzioso
ombra della morte ombra di ghigliottina
ombra dell’ombra
della realtà.
II
Io non ho detto nulla all’uomo
non ho nulla da dire
semplicemente sono solo stanca sono stanca sono stupefatta
perché dichiarare
le palme sono in silenzio, nonostante il vento, la marea si ritira il deserto sussurra
e l’oro quell’oro sul sole
giuro non ho nulla da dire
le luci m’accecano e i fari
ho bisogno della notte ho bisogno di un suicidio
ho bisogno di tirar fuori i miei polmoni mi bruciano
sono stanco stanco ha detto l’uomo senza dirlo
la strada sarà una rigida pendenza
non ho il coraggio di cantare
sono vinto non ho nulla da dire
per il futuro.
III
Il silenzio tra di noi non è di moda
è una bestia che mi assedia
il silenzio ciò che l’innocenza
non libera da qualsiasi tua passione
se tu rifiuti i nostri miraggi
se tu deridi i nostri occhi
celebrare il martire non può
la sola vista dei tuoi stracci
scaccia tutte le celebrazioni
o dobbiamo fino alla fine della festa tributarti
un trionfo
tra gli applausi
tu hai ben evitato lo sprezzo della vittoria
tu hai ben evitato gli specchi
se vuoi esplodere arrestarti ritrovarti
se non vuoi fuggire nella foresta
se vuoi dormire
se si vuoi dimenticare
se vuoi vivere
dovrai trascorrere nel molto
la nostra lingua e difenderla
Essere acclamato ribelle o incoronato re
o morire nell’arena in pubblico perché no
lo scherno e la gloria e la morte dell’eroe
queste sono gli allori delle parole
tesori sulla spiaggia
queste sono le armi
che offriamo al nostro rimorso ai nostri simili
i barbari che probabilmente hanno un solo passato e di sangue
per superare il mutismo, contenere i demoni
mostri dei nostri ricordi delle nostre mitologie
dei nostri inni di gloria della nostra identità
noi
noi consegniamo castrato
il nostro vocabolario.
L’uomo che cammina a piedi
Senza tradimenti senza riposo
(traduzione dal francese
a cura dell’autrice)
Dalla prima generazione post coloniale, Rabia Djelti classe 1954, ottiene il dottorato di letteratura all’università di Damasco, costruisce il suo percorso artistico fra scritti, poesie ed articoli giornalistici, a favore di un cambiamento delle condizione delle donne algerina. Per anni conduce un programma radiofonico Eva e il mondo, imperniato sul mondo femminile ed uno televisivo, sulla poesia. Fino al 1993 è stata docente di letteratura moderna presso l’università di Oràn, “la città del rosa sbiadito”. Anche lei, come molti altri della generazione poetica del ’70, si vede costretta all’esilio per le sue posizioni ideologiche. Il suo lavoro in versi più celebre è Murmures du secret da cui sono tratte le poesie in coda. Ha pubblicato da poco un nuovo lavoro, finora inedito in Italia.
VERSETTO DELL’ACQUA
Denudado è il mare delle sue conchiglie
nessuna barca
Rami di sabbia seccata su una terra
arida
Dov’è l’acqua
Dov’è che Dio ha messo la sua acqua?
Su quali terrazze
ha coperto con il fazzoletto
l’addio?
***
O terra
se non puoi contenere i loro occhi
e il nostro amore
che cos’è sei terra
o terra
se non riesci a contenere i loro occhi
e la nostra pazienza
Che cosa sei
se i coraggiosi t’annientano
E tu riempi i fiori di purezza
dove andrà la tua creta,
la tua argilla,
la tua alluvione
le tue mele,
Eva
e Adamo,
dove andrà il vino,
I profeti, i canti
Le stelle, le liti e i diluvi
Dove andrai
Quando ti abbandoneremo
Che ti cercherà tra le stelle?
Noi siamo l’acqua che scorre nell’acqua
l’acqua si abbevera di noi
e Dio e il destino degli occhi del mare
nell’infinito.
Su di lui
noi divergiamo
come per purificarci
come avvicinarsi al suo splendore
Lui l’irraggiungibile
come per sollevare l’acqua e l’aroma dell’anima
fino al suo trono
anche se non abbiamo né mani
né palpebre?
Noi tastiamo i suoi specchi, il suo candore
nelle tasche della terra
e sgorghiamo nudi
tranne d’acqua.
(traduzione dal francese
a cura dell’autrice)
COME STAI?
Pioggia a un passo di distanza
e canti agli angoli
e nessuno … Se non gli spiragli delle parole
se non l’erba
piega i lembi dell’abito per l’acqua
scendendo dall’ultimo istante
come una lacrima di chi si trattiene per la timidezza
oppure per la superbia.
Nessuno … Se non le sponde della luce
Sssshhhhht
e lo stormo di uccelli che migrano
e la nostalgia.
Come stai?
Com’è il tempo?
Come sta la gente, amico mio?
Che significa fondamentalmente essere in una situazione stabile?
****
Perché apparteniamo alla razza dei cavalli antichi
i nostri uomini non sono dei molluschi
e le nostre donne
hanno la pazienza della palma imponente e gloriosa.
Non essere triste, figliolo mio
c’è ancora l’invidia del mondo, all’orizzonte
ci sono ancora delle case nel mucchio delle rose
e Yassin che striglia la sua Nejma.
Ricordiamo qui anche Zyned Laawadj , classe 1954, scrittrice, poeta, professoressa di letteratura all’Università d’Algeri, è stata minacciata di morte dai gruppi integralisti per il suo impegno culturale e politico. Si è rifugiata in Francia, ma non ha mai smesso di scrivere e, con mille difficoltà, di dirigere la rivista Cahiers de femme. Il futuro non si ferma. Rivendica per lei e per tutte le altre donne il dominio della cultura contro quello dell’integralismo. ” Gia’ subito dopo la guerra di liberazione, a cui le donne (le mugiahidat) hanno dato un contributo molto imporante si e’ scatenata l’intolleranza, soprattutto vebale, con attacchi sulla stampa sia in lingua araba che francese alle donne ”occidentalizzate. Ma malgrado tutto questo, l’Algeria e’ ancora in piedi. La vita di tutti i giorni continua, con le scuole e le universita’ aperte, le donne curate nel loro aspetto che camminano per le strade di Algeri. Perche’ non e’ piu’ solo un problema di sopravvivenza, ma di salvare la cultura di un paese, di salvare l’Algeria”
O Sole
O sole nascosto
voglio raccontarti la mia storia
mi vietarono la tua luce e il tuo colore
mi scavarono una fossa
mi avvolsero in sudari colorati
mi coprirono i capelli
e mi dissero
sei donna
devi nasconderti
qui