Magazine Diario personale

le date che non si dimenticano.

Da Leucosia

erano i primi di marzo ma di dieci anni fa. di una vita fa.

ricoverata d’urgenza per una improvvisa cecità. in neurofisiopatologia.  esami su esami. punture, dentro e fuori da laboratori di analisi, da macchinari strani con nomi avversi al comune intelletto impronunciabili. e misteriosi.

misteriosi quanto il malanno che mi aveva colpito.  io semplicemente non vedevo più. più niente. ero avvolta in una specie di sostanza lanuginosa che tutto ovattava. non vedevo a distanza di cinque centimetri dal naso.  e se percepivo ancora qualcosa erano solo colori strani e assurdi, lampi di luce fosforescenti e tendenti al rosso lampone.

non vedevo ma sentivo. la preoccupazione, le domande in sospeso e la reticenza dei dottori.

entrai in reparto molto contrariata. pensavo ai giorni di lavoro persi, pensavo a tutti i cavoli che dovevo fare in previsione delle nozze che in quei momenti mi sembravano irraggiungibili. pensavo che era una sciocchezza e che stavano facendo troppo gli scrupolosi.

magari era solo un brutto sogno.

intanto non si sbilanciavano. in sette in quella stanza d’ospedale. tutte con problemi di natura nervosa. a chi l’emicrania a chi la cervicale. e poi chi sentiva le voci dentro. solo io non vedevo più nulla. la sera mi offrirono un posto in prima fila davanti alla tele per vedere la puntata di “un posto al sole”! non ci vedi ma almeno ti distrai con i dialoghi!

il giorno seguente, puntura lombare. ahi che dolore lo ricordo come fosse ieri.  mal di testa da paura, brividi e dolori tutto il giorno e una brutta sensazione che accompagnava ogni maledetto secondo che passavo in quella stanza. ero grave? non volevano dirmi quanto? “Mamma se ho un tumore al cervello, scordatevi che mi opero!” dissi rabbiosamente, le lacrime già inondavano il viso. “No tesoro non è un tumore ma…” come avrà trovato il coraggio di dirmi cosa avevo ancora oggi non lo so!  ” si chiama sclerosi multipla, ma ti cureranno!”

e iniziò da quel momento un irreversibile cambio di vita, un folle giro di valzer, che ancora mi stordisce al solo ricordo.

da sana a malata nell’arco di 24 ore.

da spudoratamente sana a terribilmente malata.

senza appello aggiungo.

senza una prospettiva di guarigione possibile.

almeno all’epoca era questa la sentenza.

potrai fare di tutto e di più ma senza stancarti. scordati di correre, prima o poi dovrai fare i conti con una sedia a rotelle.

riduci i tuoi impegni, vola basso, non mirare al troppo, decidi quanto è importante per te diventare madre, quanto vuoi scommettere su una follia di questo genere a scapito della tua salute. decidi la terapia da seguire. non guarisci ma rallenti il decorso. decidi hai tre opzioni: sono sempre e solo siringhe. pochi effetti collaterali.

decidi decidi decidi.

decido. niente figlio al momento, vada per la terapia.

dieci anni fa ero una ragazza con in testa ancora le canzoni degli U2, in animo obiettivi di studio e di lavoro. e di vita viaggi famiglia.

dieci anni fa tutto fu messo in discussione.

e sono stati i successivi, anni di ricostruzione lenta, come dopo un sisma di proporzioni catastrofiche.

dieci anni vi sembrano pochi?

a me pare una vita intera, ma spezzata quasi.

una pergamena antica che si srotola interrompendosi sul più bello.

il filo dei miei sogni l’ho fortunatamente ripreso lottando, incaponendomi, rialzandomi ogni volta che sono caduta. facendo scelte complicate e a volte dolorose.

posso e voglio solo augurarmi che tra dieci anni sarò ancora in grado di dimostrare a me stessa quanto posso essere forte e determinata.



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