Magazine Italiani nel Mondo
Le grigie mattine danesi di certo non aiutano mente e corpo e scrollarsi di dosso il torpore di una lunga notte passata a dormire su questi nuovi letti, fatti di diversi strati di materassi, cuscini quadrati e piumoni infilati in sacchi il più delle volte singoli anche se si è condiviso il sonno col fianco di qualcuno.
Quel qualcuno sporadicamente sconosciuto se si è passati nella peggior bodega del tuo paese prima di raggiungere casa… ma questa è un’altra storia!
Tornando a noi, cosa c’è di meglio per un italiano se non dare una sferzata ai propri neuroni e stimolare le sinapsi congelate dal clima, mentre il tuo piede destro è ancora intorpidito per essere stato lasciato fuori tutta notte dal sopracitato stretto piumone, con una tazza di fumante caffè nero preparato ad arte con la propria moka importata dal natìo paese?
Quanto vogliamo bene noi italiani al signor Bialetti?
Quanto inneggiamo allo sconosciuto fenomeno della percolazione?
Quanto ci siamo pentiti di aver maledetto la nostra mamma che ha infilato di nascosto la 6 tazze nella nostra valigia con grande gioia della compagnia aerea low cost di turno che ha sovrapprezzato il ciccione bagaglio in partenza?
Per noi italiani quando si tratta di caffè, le dimensioni contano… ma al contrario, corto è meglio!
Quì in Danimarca, come credo in buona parte del mondo in cui si consuma l’eccitante bevanda, quella del caffè è un’esperienza diversa dalla nostra.
Parto da un esempio. Stazione di Copenhagen H, in caffetteria: “can i have a single espresso, please?”. Risposta della frastornata barista: “a single espresso cost 35 Krowns, today there is a special offer and i can give you a double espresso for 30!”. Ed io: “NO! I want a regular espresso”. E lei di rimando con la faccia della commiserazione, pensando di parlare con un povero mentecatto: “do you want to pay more for drink less?”. Ed io fiero e tronfio: “YES! Short it’s better!”. Tengo a precisare che l’espresso locale corrisponde al nostro doppio, averne poi uno ristretto è praticamente impensabile.
Perché parlo di esperienza diversa? Per noi il caffè al bar è un rito, quando al mattino presto lo si prende prima di andare al lavoro e ci sono baristi che viaggiano a 100 caffè all’ora, oppure quando ci si ferma al bancone a scambiare due parole con un’amico sfogliando l’ultima Gazzetta dello Sport magari urlando di gioia perché NOI (tutti in italia possediamo quote azionarie di una squadra di calcio) abbiamo comprato l’ultimo fenomeno disponibile sul mercato.
Da queste parti non accade. Ecco, forse quello che più mi manca non è la giusta quantità di caffè nel mio espresso ma il clima ed il profumo che respiravo nel bar sotto casa. Prima osservazione che riguarda il tema della velocità: inesistente, impalpabile, eterea.
Seconda osservazione che riguarda il fermarmi indugiando anche solo dieci secondi sulla scelta tra zucchero di canna o zucchero bianco al bancone: sguardo del barista assente perché concentrato sulla meditazione zen precedente la preparazione del mio caffè (ecco spiegato perché sono lenti) ma in compenso ti distrai per il suono del piede impazientemente tamburellante sul pavimento del cliente dietro di te che ti guarda braccia conserte ed occhio vitreo ed hai paura che stia pensando “forza inetto italiano che non sei altro, non lo sai che qui si ordina, si paga, si va a posto e poi solo quando ti avvisano che è pronto il tuo caffè puoi tornare a scegliere tipo di zucchero e cucchiaino???”.
Vado al mio posto e mentre aspetti che il mio ordine venga sviluppato, guardo i tavoli attorno a me e mi accorgi che non è solo un problema di dimensioni ma anche di durata.
Quassù il caffè in tazza, il più lungo ed acquoso possibile, deve durare un’infinità di tempo, fa parte di un rituale utile a riconciliarsi con se stessi e con il mondo circostante. Anche se la quantità di caffeina contenuta in lungo è maggiore di quella contenuta in un ristretto, non fa nulla, a fine bevuta sono tutti più rilassati. Fa anche lui parte di quell’atmosfera “hygge” che in tanti hanno provato a tradurre ma che solo i danesi sanno interpretare e pronunciare!
In buona sostanza, anche il rito del caffè può mettere alla prova la resistenza di noi italiani all’estero. Dimenticatevi di avere un vero caffè espresso all’italiana ma se però avete la vostra fidata amica moka a casa, in molti supermercati e nelle tante gastronomie e botteghe specializzate, troverete un’infinità di qualità di caffè e potrete macinarvi e crearvi la vostra miscela preferita.
Bisognerà solo prendere la mano sulla dimensione della grana più adatta alla vostra macchinetta.
Concludo con un’ultima osservazione: al ristorante dimenticatevi di avere caffè ed amaro offerti dalla casa e non guardate con disgusto quanti bevono cappuccino e caffellatte a fine pasto!
Velbekomme!
Autore: Zeno P. zenopalmieri @ libero . it
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