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Le donne azere: speranza e premessa per una compiuta democrazia

Creato il 22 aprile 2013 da Bloglobal @bloglobal_opi

di Martina Vacca

Le donne azere: speranza e premessa per una compiuta democrazia
C’è un Paese nel mondo islamico che è stato tra i primi a consentire la parità di genere dei diritti politici e che dal 1918 tende ed aspira, con fasi alterne, caratterizzate da spinte propulsive e lunghe battute di arresto, alla democrazia. L’Azerbaijan, ex Repubblica sovietica, crocevia tra Oriente e Occidente, snodo di culture e flussi migratori, ha affrontato nei secoli, e soprattutto nell’ultimo, diverse difficoltà: dal crollo del sistema totalitario sovietico alla transizione democratica, dai mutamenti della società alla formazione di nuovi valori. Un percorso ad ostacoli che ha portato il Paese a conseguire molte delle istituzioni formali della democrazia, ma che non può dirsi democratico con il significato e il valore, ideale e reale, che in Occidente viene attribuito al termine.

Nel sondaggio “World 2009”, Freedom House, organizzazione non governativa internazionale, lo definisce Paese “non libero”. Tuttavia l’Azerbaijan è uno dei Paesi islamici in cui la donna ha conseguito diritti del tutto negati in altri (è dal 1919 che ha diritto di voto) e ad occupare un ruolo di rilievo nelle istituzioni sociali e politiche. Il progresso femminile, infatti, si è esplicitato nella direzione di un maggiore peso della partecipazione attiva alla vita socio-politica del Paese.

Le condizioni favorevoli che hanno concorso alla promozione dell’equilibrio di genere, per quanto riguarda il ventaglio politica-istruzione-lavoro-salute, trovano un loro recepimento nell’atto firmato nel 1998 dal Presidente della Repubblica sull’incentivazione del ruolo della donna e il rafforzamento della protezione sociale, seguito poi da un decreto sull’implementazione delle politiche di genere approvato nel 2000. Una sezione della Strategia d’impiego 2006/2015, parte del programma di Stato, sullo sviluppo sostenibile, contiene una serie di misure volte alla tutela dell’occupazione delle donne e alla promozione della parità di genere anche nel processo di sviluppo delle piccole imprese. Tutto ciò nel tentativo di assicurare la conciliazione del lavoro con la famiglia. Soprattutto in seguito a queste riforme è stata possibile un’accelerazione considerevole dell’attivismo femminile in varie aree della società. Ne sono prova la costituzione del Congresso di donne azere, le conferenze sulla leadership femminile, i vari workshop organizzati da donne avvocati, giornaliste, imprenditrici.

Non c’è area in cui le donne non siano presenti, anche al di là dei settori lavorativi tradizionalmente accettati: la donna ha infatti trovato spazio sia nell’ambito della sicurezza nazionale che del petrolio e in altri campi che nel resto del mondo islamico restano di pertinenza esclusivamente maschile.

Le donne sono sempre più coinvolte nei processi di decision making: la rappresentazione femminile nell’Assemblea nazionale è aumentata, registrando l’elezione di 13 deputati donna nel 2005 e 20 donne elette su 125 nelle elezioni del 2010. Tre donne ricoprono la carica di vice Ministro nei venti Ministeri presenti e una è a capo del Comitato di Stato per la Tutela della famiglia, delle donne, dei bambini. Anche se alcune rappresentano posizioni conservatrici per quanto riguarda le questioni di genere, molte altre sono impegnate a favore dei cambiamenti sociali. Le Università azere vantano tre rettori donna e nel campo della giustizia il 14% dei giudici sono donne.

Il reato di stupro è severamente punito dalle leggi azere, anche se resta ancora poco denunciato.

Anche la diplomazia può contare su una rilevante presenza femminile: 91 donne su 271 funzionari presso il Ministero Affari Esteri.

L’Azerbaijan è inoltre uno dei pochi Paesi islamici in cui l’aborto è possibile su richiesta.

Se è condivisibile l’assioma che l’affermazione della cultura di genere può essere prodromica allo sviluppo della democrazia, allora l’Azerbaijan potrebbe essere sulla buona strada per costruire un sistema politico più libero e compiutamente democratico, anche se dovrà prima affrancarsi da forti pulsioni e azioni antidemocratiche che risentono della presenza di clan familiari al potere, del dilagare di scandali per corruzione, di antichi conflitti etnico-territoriali.

La difficile costruzione di un sistema pienamente democratico ha altresì influito sulle prospettive di integrazione europea e sulle modalità di entrata nell’orbita della cooperazione europea nelle politiche di buon vicinato tra UE e Paesi ai confini orientali, tra cui proprio l’Azerbaijan, che, nel 2001, veniva ammesso al Consiglio d’Europa insieme a Georgia ed Armenia.

Mentre si fanno più stringenti le leggi sulle ONG (Organizzazioni Non Governative) ammesse sul territorio azero, dall’inizio dell’anno il Paese sta assistendo a forti proteste, manifestazioni pacifiche seguite da arresti, detenzioni, sparizioni inspiegabili e improvvise, accuse e molto altro, tale che il clima rischia di diventare incandescente.

Un dato su cui poter fare affidamento è il fatto che l’Azerbaijan è un Paese di giovani, molti dei quali hanno studiato in Occidente, sono molto attivi nelle istituzioni civili, utilizzano le moderne tecnologie di comunicazione e aspirano a modelli di reale democrazia.

Nel mese di ottobre di questo anno, in Azerbaijan, sono previste le elezioni presidenziali e nel 2015 quelle legislative. Le donne, insieme ai giovani, potrebbero fare la differenza per l’ulteriore emancipazione sociale, politica ed economica di un territorio dalla storia affascinante e complessa, dove la provenienza e la convivenza di differenti etnie hanno prodotto non solo conflitti, ma anche ricchezza culturale ed artistica.

* Martina Vacca è Dottoressa in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna


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