Ci sono domande che non hanno risposte, quesiti che non ammettono una sentenza definitiva. Nel basket la madre delle domande si riconduce all’eterno dibattito: se un giocatore dall’NBA approda in Europa significa che è scarso? Gli esempi che documentano la questione risultano storie troppo personali per illuminarci, perché se Rubio faticava in Europa prima di sfondare in NBA, Navarro sonnecchiava sulla panchina dei Grizzlies prima di tornare a sedersi sul trono dell’Eurolega. La storia di Vasilis Spanoulis non aiuta a scioglier i dubbi, ma testimonia che giudizi affrettati e bocciature premature, possono forgiare un leader.
Passaporto ellenico, un palmares impressionante e un cuore diviso da due fedi, quella passata del Panathinaikos e quelle odierna per l’Olympiakos. Questi i caratteri che hanno scandito la carriera del playmaker classe 1982, che ha appena tagliato il prestigioso traguardo di 2500 punti in Eurolega (quarto giocatore a riuscirci insieme a Navarro, Marcus Brown e Lakovic). Un carisma da leader, un freddo killer capace di vincere un Eurolega svegliandosi solo nell’ultimo quarto della finale… la storia di Spanoulis è un intenso romanzo che parla di vittorie e sconfitte, fiumi di parole, inchiostro e canestri.
Ne ha percorsa di strada Vasilis, partito da Maroussi, prima di firmare a soli ventitré anni, un contratto da un milione di euro con il Pana. Erano gli anni del “ben godi”, in cui la crisi era solo uno spauracchio lontano, all’orizzonte, sepolto dall’ambizione dei Paperoni greci che si divertivano a collezionare figurine. I primi minuti in Eurolega rivelano un giovane dalla tecnica sopraffina e la visione di gioco di un veterano. La voce tra gli addetti ai lavori si sparge velocemente, volando oltre oceano fino alle orecchie dei Rockets che lo draftano come cinquantesima scelta al secondo giro nel 2006. Al fianco di T-Mac Spanoulis fatica a ritagliarsi uno spazio, soffocato da compagni blasonati e dalle attese di un pubblico difficile da conquistare, oltre che da un’etichetta di “tiratore sugli scarichi” che non lo rispecchia per nulla. L’anno seguente approda agli ordini di Popovich agli Spurs, per tentare di rivitalizzare un sogno diventato un incubo, ma nel Texas Vassilis ottiene, dopo neanche un mese, la conferma che il suo palcoscenico si trova altrove.
Ritorna ad Atene sponda Pana per stare vicino alla madre malata, e in coppia con Diamantidis riporta l’Eurolega sotto l’Acropoli, bissandola con il titolo di MVP delle Final Four. Nel mezzo trova il tempo di vincere un oro Europeo e un argento Mondiale con la propria nazionale, scrivendo le pagine più gloriose del basket ellenico.
Nel 2011 il colpo di scena, con Vasilis che passa all’altra parte del Pireo, firmando con i rivali dell’Olympiakos. Feriti dalla sconfitta in finale contro il Barca, i biancorossi allestiscono un roster imbottito di stelle in cui figura anche Spanoulis. I sogni greci si infrangono contro Siena, e complice lo spettro del fallimento dal Pireo comincia un fuggi-fuggi che coinvolge i pezzi pregiati Teodosic, Papaloukas e Bouroussis. Piegato dalla crisi economica, il team di Ivkovic si stringe intorno a Spanoulis, formando un roster giovane, interessante ma lontano dai fasti passati. L’approdo alle Final Four di Istanbul viene salutato come un miracolo, ultimo bluff di un team fortunato giunto a un tavolo troppo competitivo per uscirne indenne. Ma gli assi, Spanoulis, li cala tutti in finale contro il CSKA Mosca, che sul più diciassette subisce la furia del greco, che grazie all’ultimo tiro di Printezis vale il titolo Europeo e il secondo titolo di MVP. L’anno successivo fa ancora di più. Nel week end delle Final Four con il Real lanciato verso la conquista della decima, Spanoulis firma un ultimo quarto da venti punti e quattro assist, trattenendo l’Eurolega all’ombra del Partenone (portandosi a casa il suo terzo titolo di Miglior Giocatore) e mettendo a segno una doppietta storica per il basket del nostro Continente.
Un campione straordinario certo, appariscente ma concreto. Egoista a tal punto da rivendicare il palcoscenico solo per se stesso, e riducendo involontariamente spesso gli altri interpreti a semplici comparse. All’Eurolega ha lasciato molto più di duemilacinquecento punti e tre trofei in bacheca. Un infinito album di perle che non ci stancheremo mai di rivivere… Complimenti Vasilis.