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Le false trasferte dei precari

Da Brunougolini
Le false trasferte dei precari
Nella giungla dei precari italiani può capitare anche questo: «La mia paga base ammonta a circa 400 euro e, per non pagare le tasse, il furbo del mio titolare inserisce delle trasferte le quali non sono tassabili (ma vi assicuro che io dal lunedì al venerdì non muovo il c… dalla mia sedia). Inoltre questo mese sono stato talmente bravo che in busta ho ricevuto un “bonus obiettivo” (anche esso non tassabile) perché il benefattore pur inserendo le trasferte non riusciva ad arrivare alla paga pattuita (euro 800.00) Queste sono le cose all’italiana: fatta la legge… ».
Una testimonianza che dimostra l’esistenza di forme di sfruttamento e di piccole-grandi illegalità. Vanno benissimo le incursioni della Finanza nei paradisi dei presunti evasori, da Cortina in giù. Ma perché non andare a spulciare anche i luoghi oscuri dove si allevano i precari e s’inventano trasferte inesistenti? Lavoro nero, lavoro sommerso, lavoro precario sono piaghe da indagare e curare. Come ha chiesto di recente anche Susanna Camusso a Ballarò. Accusata per questo, su Twitter, dal mio amico ex collega Fabrizio Rondolino, di «invidia sociale». Era scandalizzato Rondolino. Ma perché non indignarsi per l’egoismo sociale di coloro che imbrogliano, ad esempio per sfruttare meglio i precari?
Il racconto che ho riportato è apparso sul sito dell’anagrafe dei precari (www.anagrafeprecari.it). Qui troviamo testimonianze che raccontano quell’Italia che dovrebbe essere protagonista al tavolo della ministra Fornero sulla riforma del mercato del lavoro. E che finora ha promosso solo un’attenzione straordinaria attorno a un tema, quello dei licenziamenti facilitati o meglio dell’art. 18 visto come il male o il bene decisivo di tutta la nostra epoca.
Esistono, nelle storie-denunce lanciate nel citato sito web, esperienze lavorative le più diverse. Ad esempio quella di una psichiatra, Emanuela, con contratto da precario presso una Asl di Roma. Ha studiato, si è laureata e ha iniziato un tormentato, infinito pellegrinaggio. Dapprima, per otto anni, in qualità di libero professionista, precaria, presso cliniche convenzionate e come sostituta in diversi servizi di numerose Asl del Lazio. Ora da due anni presso l’Asl romana. Scrive: «Mi dicono che senza i precari come me i servizi sanitari chiuderebbero ma la regione non sembra prendere in considerazione questa situazione come fa invece interessandosi di richiedere lo sblocco dei fondi per costruire Fiumicino due».
È un grido di collera nei confronti di una politica che sogna opere moderne e smisurate in un Paese dove regnano sacche d’inefficienza, di servizi essenziali appesi a un filo, di forme di lavoro selvagge. Un discorso che vale per la sanità, ma anche per i trasporti. Ha scritto un’altra ragazza sul sito dell’Anagrafe: «State rubando il futuro all’Italia».

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