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momenti nella vita del piccolo Casimiro, nella settimana che lo separa dal suo dodicesimo compleanno.
I.Robespierre
si potrebbe dire che questo è un film sognato. sognato nel senso che prende mossa da tutto quell’universo di suoni, voci e colori che costella e confonde la mente di un ragazzino nell’età della transizione, non più bimbo ma neanche adolescente. è una realtà sognata, perché è resa migliore dal filtro degli occhi ingenui (forse più puri) della fanciullezza, quelli che conoscono ancora pochissimo della vita ma ne sono già rimasti ammutoliti- come a tutti noi, del resto, è capitato. il limbo in cui Casimiro ristagna è l’incubo di chiunque: essere bambini nel glitterato ventunesimo secolo è molto più difficile ora che ai tempi di Cuore. a tutti- a quasi tutti- va bene così: ci sono le feste, si fantastica sul primo paio di tette (viste? non viste?), non si fanno programmi e si guarda ai modelli pseudo-adulti che popolano il loro quotidiano. crescere, diventare adulti, sembra divertente solo a chi guarda dall’esterno: a chi ci sta dentro, sembra (lo è) un’impresa titanica.
II.in provincia di
e la famiglia non sembra proprio il contenitore migliore entro cui sfogare quest’emozioni. Casimiro lo sa ed è per questo che, sostanzialmente, “se ne sta sempre zitto”, come lo rimprovera l’amichetto più scafato, quello che beve, fuma, lavora e fa la voce grossa ché si sente uomo, pur essendo- anche a lui, al pari di tutti gli altri, di tutti noi- alla ricerca del suo posto. i genitori sono più dello stereotipo, sono la realtà. e, in questo, la fiction trascolora nel documentario, restituendo un vero e proprio documento dell’Italietta di provincia 2.0: volti segnati, quasi mortificati, dalla routine, una vita che ha perso la sua luce e ha assunto i contorni delle partite a carte, delle cene e dei balli davanti al monitor del televisore- tutti, inevitabilmente, consumati in silenzio. gli esempi più vicini a Casimiro sono quelli poveri che offre il triste panorama di questi anni: fratello palestrato con la fissa per la discoteca; i coetanei che, con la testa, vorrebbero essere già più grandi; una nonna, figura enigmatica e stralunata, che sembra alienata da tutto il resto. Casimiro ha solo paura di diventare grande, com’è normale. quand’è ora di smettere con pupazzi e cartoni animati e mettere il culo su un motorino o su un trattore, a faticare come l’amico? quand’è che si smette di essere piccoli e si cresce? perdonatemi la banalità, ma probabilmente mai.
titolo originale: Le favole di Casimiroun film di Alessio Di Zio2011
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