Magazine Diario personale

Le ferite dell’anima

Da Antonio

Per quanto lacerante sia stata una ferita, per quanto dolore ci abbia fatto provare prima o poi questa si rimarginerà, fosse anche se la stessa avesse leso la parte più intima della nostra anima. Col tempo poi resta una cicatrice a ricordarci quel dolore, a deturpare la considerazione che abbiamo di noi stessi, a marchiarci indelebilmente come “infami”. Marchio che seppur nascosto allo sguardo altrui mai potrà celarsi al nostro. A poco a poco però, col passare delle stagioni della nostra vita impariamo ad accettare quella cicatrice, a renderla parte di noi, di quello che siamo, senza più dover fare i conti con dolorose e cicliche crisi di rigetto.

E così sparisce in noi stessi pur essendo ancora in bella mostra. Noi non la vediamo più, annacquata dal tempo, da infiniti strati di sentimenti, emozioni, ricordi, paure e svariati altri dolori.

Succede poi che la tristezza d’un giorno di pioggia, la semplicità di una chiacchierata tra amici, l’amaro sapore di un cicchetto che sentiamo bruciar in gola, il rumore del silenzio di una nottata insonne, o quello assordante di un pensiero che non smette di ritornare, ma anche solo il bagliore e la speranza che si accompagnano all’arrivo, misterioso ed imprevisto, di un nuovo sole tra le nuvole grigie del nostro presente, diventano motivo per ridestarsi dalla routine giornaliera e fare un salto nel passato. È quasi un déjà vu con noi stessi, con un io, però, che non esiste più. Quando certe porte si chiudono, infatti, non possono più essere riaperte. Mai più. Anche se l’umido ricordo di un giorno felice viene improvvisamente a galla, e quella ferita che sembrava dimenticata ci ricorda prepotente che non è mai andata via del tutto, come il fastidioso formicolio di un piede rotto in un marzo pazzerello.



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog