Magazine Diario personale
Alzi la mano colui che da piccolo non ha collezionato album di figurine. Da noi, alle elementari, era una vera ossessione. C'era un mercato floridissimo. Quando ci si ammalava, si faceva la lagna a letto, si soffriva terribilmente anche della febbre più leggera, per convincere i nostri genitori ad andare in edicola a comprare qualche bustina di figurine. Si faceva ogni tipo di album. Quelli di calcio, quelli dedicati ai cartoni animati, quelli sugli animali, di tutto e di più. E la cosa terribile era non riuscire a completarli pur avendo centinaia e centinaia di doppi, tanti da poter riempire un secondo album, se non un terzo.
A quel punto cominciava il mercato. Una figurina particolarmente rara poteva valere anche tre o quattro doppi "normali". Partivano trattative che potrebbero ricordare Wall Street in una giornata di borsa particolarmente caotica. Tutti miravamo alla stessa immagine rara. Si faceva di tutto, si rialzava sul prezzo, si metteva persino la merenda in palio, pur di avere quella figurina. A volte si finiva per chiudere la trattativa e giocare d'azzardo. Ci si metteva tutti quanti a un tavolo. La figurina desiderata veniva lanciata a terra facendola strisciare sulla superficie del tavolo. Poi ogni contendente doveva lanciare una propria figurina, alla stessa maniera, e tentare di coprire il più possibile la carta in palio. Se tutti riuscivano a coprire la figurina, allora si faceva un secondo giro. Il vincitore si portava a casa tutte le figurine a terra. Se non si decretava un vincitore, il proprietario della figurina in palio si prendeva tutto.
Ma ciò che ci terrorizzava di più, e allo stesso tempo ci attirava maggiormente, era un maestro della classe B. Si chiamava Marchetti, e aveva un parente che lavorava alla Panini. Marchetti aveva un armadietto pieno di figurine. Aveva tutto. Alcune gli arrivavano dal parente. Altre arrivavano da ciò che noi eravamo disposti a dare in cambio dell'agognata immagine mancante. Era la Banca delle Figurine. Temevamo e amavamo quell'uomo. Lui aveva potere di vita e di morte su di noi. A volte, mentre giocavamo in cortile, lui arrivava da dietro alle nostre spalle e ci lanciava uno scappellotto. A volte (n.d.r. raramente) ci dava delle carezze gentili. A volte ci impegnava in compiti impossibili. Era grande e grosso, con due mani così! Poteva tutto. Da noi non avrebbe ricevuto mai un segno qualunque di protesta. Lui aveva in mano "le figurine".
Poi c'erano i giorni, a fine anno scolastico, quando ormai bisognava "per forza" finire l'album, che Marchetti accendeva i nostri istinti animali. Durante l'intervallo si metteva alla finestra dei corridoi del primo piano. Noi accorrevamo come belve assetate di sangue, o come seguaci religiosi di fronte al loro santo padre. Quando eravamo tutti radunati, lui si metteva a lanciare le figurine. Era una guerra fratricida. Il massacro. Ci buttavamo tutti quanti nella mischia per recuperare l'immagine che desideravamo. Sapevamo che c'era. Dovevamo solo trovarla e lottare per averne il possesso...
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