Paolo Borsellino è stato ucciso, insieme ad alcuni uomini della sua scorta, il 19 Luglio 1992. Sono passati ventuno anni dalla Strage di Via d’Amelio (Palermo) e, ricordandone l’anniversario, EclissiSociale.Com propone le frasi più celebri del magistrato italiano ucciso da Cosa Nostra.
Un cristiano non teme la morte.
Siamo uomini morti che camminano.
Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.
Non importa dove si nasce se si combatte per le stesse idee e si crede nelle stesse cose.
Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.
A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato.
Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.
Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia. Ci sono entrato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno.
Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare.
Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.
È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.
La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Non sono né un eroe né un Kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento… Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno.
Bisogna liberarsi da questa catena feroce dell’omertà che è uno dei fenomeni sui quali si basa la potenza mafiosa. Si è legati a questo fatto dell’omertà, del non riferire nulla delle cose di Cosa Nostra all’esterno, di non sentire lo Stato, di sentire sempre lo Stato come un nemico o comunque come una entità con cui non bisogna collaborare.
Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento… Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno.L’equivoco su cui spesso si gioca è questo. Si dice: “Quel politico era vicino a un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto”.
I giudici continueranno a lavorare e a sovraesporsi e in alcuni casi a fare la fine di Rosario Livatino, assassinato dalla Mafia, i politici appariranno ai funerali proclamando unità di intenti per risolvere questo problema e dopo pochi mesi saremo sempre punto e accapo.