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Le grandi parodie Disney, ovvero I classici fra le nuvole

Creato il 03 luglio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

covercoverLe grandi parodie – ovvero I classici fra le nuvole, edito da NPE, raccoglie quattro saggi, firmati da Pier Paolo Argiolas, Andrea Cannas, Giovanni Vito Distefano e Marina Guglielmi, che esplorano punti di vista complementari per lo studio delle parodie disneyane.

L’approccio dello studio è rigoroso, proposto con stile divulgativo e, pur scontando qualche sovrapposizione, definisce una serie di temi portanti e spunti forieri di ulteriori approfondimenti su questo nutrito corpus di opere che, come già evidenziato dal nostro Marco D’Angelo nei suoi due articoli in merito (Da Dante a Bram Topker: la via italiana alla parodia parte 1 e parte 2), costituisce un campo di ricerca di particolare interesse: sia dal punto di vista dello studio sia del processo di adattamento sia del mondo disneyano.

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Le parodie infatti (vedi soprattutto il contributo della Guglielmi) offrono l’occasione di studiare trasposizioni attraverso il linguaggio (da letteratura scritta a fumetto), confrontare trasposizioni plurime di una stessa opera e come particolari tematiche vengano affrontate nel mondo disneyano, sia dal punto di vista narrativo sia da quello della produzione.

L’energia di cui si nutrono le parodie (lo sottolineano in particolare Argiolas e di Stefano) scaturisce proprio dalla tensione fra il mondo dell’opera sorgente e quello disneyano di destinazione, che ha una propria sostanza e concretezza. Nel rimappaggio parodico, inoltre, la creatività e l’approccio degli autori sfrutta il fatto che il lettore modello ha maggiore frequentazione e confidenza con l’universo disneyiano che con quello di partenza. Questo è tanto più vero per quanto riguarda i personaggi, le cui caratteristiche base emergono sempre e comunque (anzi, a maggior ragione) a fronte della pluralità di avventure e caratterizzazioni.

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Le parodie, infatti, aggiungono, a volte sovrappongono tout-court, ai personaggi dell’opera sorgente i tratti dell’interprete. È un meccanismo tipico del mondo cinematografico e televisivo, nel caso di attori che rendano i propri personaggi secondo uno stile caratteristico e sempre riconducibile a se stessi.
Questo fenomeno ha ovviamente due facce: da una parte segnala fama e riconoscibilità dell’interprete, che è valore in sé, quindi “star”, per cui possiamo parlare di un vero e proprio star system papero/topesco (Distefano); dall’altra, rischia di frustrare le potenzialità espressive dell’interprete stesso, nella misura in cui lo condanna a replicare una modalità espressiva di successo. Nel nostro caso, in cui gli interpeti sono personaggi finzionali, quei vincoli espressivi sono naturalmente subiti dagli autori.

Nelle parodie disneyane, le caratteristiche e la fama degli interpreti fanno quindi aggio su quelle dei personaggi dell’opera sorgente e, in questo rapporto di dominanza, gioca un ruolo importante la regola disneyana che vincola svolgimenti, sviluppi dei personaggi, scioglimenti e, soprattutto, vieta la morte (Guglielmi illustra il punto in maniera brillante, analizzando le parodie de I dolori del giovane Werther e dell’Amleto).
Sul bando della morte va d’altra parte sottolineato, e inteso come spunto per ulteriori approfondimenti, come nasca non tanto e non solo da questioni di gestione economica dei personaggi quanto da una visione specifica dell’educazione infantile. Proprio considerando questi vincoli, diventano particolarmente interessanti le eccezioni alla regola, che i lavori del volume non trattano, quali Zio Paperone e la scorribanda nei secoli (da La macchina del tempo di Herbert George Wells) di Jerry Siegel e Romano Scarpa, uno dei vertici più inquietanti della produzione disneyana (leggi in merito l’articolo di Gianluigi Filippelli: Jerry Siegel: storia di eroi, paperi e battaglie).

In questa visione, avrebbe a nostro parere meritato mettere in evidenza un’opera quale Il papero del mistero di Silvia Ziche, che è parodia non tanto di un genere specifico quanto di un meccanismo di produzione. L’autrice, infatti, porta in primo piano non solo i luoghi comuni del genere telenovela, ma anche e soprattutto le dinamiche che guidano le scelte produttive e narrative. Il cuore della parodia della Ziche sta quindi nel presentare l’opera sorgente nel suo essere prodotto commerciale, dando all’opera una profondità inedita nella tradizione delle parodie.

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Le parodie disneyane, seguendo approcci inizialmente influenzati dalla visione di Guido Martina (cui Cannas opportunamente dedica un capitolo specifico), esplorano la produzione narrativa, teatrale ed epica, sfruttano e dimostrano la duttilità dei personaggi, ma è pur vero che forzano l’opera originale entro i confini disneyani.

Sono, in questo senso, più un modo per mettere in luce una caratteristica nota di quel mondo che un modo per delinearne di nuove (come invece accade con la creazione di Paperinik, che pur nasce da un processo parodico e che innesca un processo di ridefinizione del personaggio che culmina in PK – (vedi gli articoli di Andrea Bramini e Marco D’Angelo: Pikappa chi sei? parte 1 e parte 2)

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La direzionalità di questo rapporto, che vede le strutture disneyane dominare su quelle delle opere sorgenti, si è inoltre rafforzata nel tempo, come suggerisce il fatto che l’approccio preferenziale alla parodia è diventato quello basato sull’ambientazione nel presente narrativo disneyano (Cannas), dove i protagonisti non devono nemmeno indossare abiti diversi. In questa prospettiva, possiamo allora interpretare come segnali di cambiamento le trasposizioni di Dracula (leggi di Andrea Bramini: Dracula di Bram Topker) e Moby Dick (leggi di David Padovani: Di paperi e balene: Moby Dick in chiave disneyana), non solo in quanto adattamenti che sfruttano l’ambientazione originale, ma anche in quanto opere scelte per una distribuzione in formato di lusso, che quindi le fa risultare rappresentative di una linea editoriale.

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Spunto particolarmente interessante è, infine, quello proposto da Cannas e Guglielmi, che segnalano come la sorgente delle parodie si sia spostata nel tempo dalla letteratura a cinema e televisione.

Il punto messo in evidenza è che le parodie in generale, e quelle disneyane non fanno eccezione, dicono qualcosa anche sull’immaginario coevo. Infatti, per quanto sia centrale il contesto di destinazione (come visto, particolarmente in casi come quello disneyano), l’operazione parodica diventa opaca se applicata a opere ignote al lettore. In questo caso, infatti, da una parte viene meno l’effetto richiamo in fase di promozione, mentre dall’altra i tipici meccanismi, quali l’allusione, il ribaltamento, eccetera, perdono di efficacia, non trovando leve nel lettore.

Il processo di scelta e realizzazione, quindi, riflette almeno la visione dell’immaginario del lettore modello da parte degli autori e della casa editrice. Questo spunto, al di là della constatazione del dato di fatto, resta come invito a futuri approfondimenti specifici, che si focalizzino sul rapporto fra il mondo Disney e tutti quegli universi narrativi, che, a partire dalla fine degli anni ‘70, hanno acquistato sempre maggior ruolo nell’immaginario dei potenziali lettori Disney.

Da sottolineare, a conferma dell’intento divulgativo, le schede presenti in coda a ciascuna sezione, che offrono definizioni e riferimenti bibliografici per tematiche e strumenti presenti e utilizzati nei saggi quali “genere”, “parodia”, eccetera. Queste schede possono essere punti di partenza per i lettori curiosi, così come gli spunti e le assenze nei quattro lavori possono esserlo per studiosi e critici.

Abbiamo parlato di:
Le Grandi Parodie Disney – ovvero I Classici fra le Nuvole
Pier Paolo Argiolas, Andrea Cannas, Giovanni Vito Distefano, Marina Guglielmi
Nicola Pesce Editore, 2014
196 pagine, brossurato, bianco e nero – 19,90 €
ISBN: 9788897141327

 


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