Esplosiva, ambigua, certamente. Libera, indubbiamente. Iconica, sicuramente. Inizia il secolo; Tamara de Lempicka, la splendida polacca oscilla sinuosa tra una guerra e l’altra. Ben poche donne più di lei avrebbero potuto trainare l’anima a simbolo dell’élite di un’epoca d’estremo lusso ed efferata povertà. Come maîtresse o subdolo serpente poteva condurre i suoi e le sue amanti ovunque. Un carisma naturale e tutti, padroni e schiavi trascinati attraverso il piacere verso la gloria del paradiso oppure oltre ogni tormento dell’inferno.
Tamara de Lempicka – Gruppo di quattro nudi femminili – 1925 – Olio su tela – 130 x 81 – Collezione privata
«Sic transit gloria mundi » così passa la gloria del mondo, scrive Giancarlo Marmori nella sua famosa introduzione al sontuoso volume che Franco Maria Ricci ha voluto consacrare all’oscura biografia di Tamara de Lempicka, nata Gorska. Come Greta Garbo, che apparteneva alla sfera delle sue conoscenze, anche questa diva della pittura Art Decó ha voluto eliminare quasi ogni impronta e lasciar trapelare solo pochi frammenti biografici, dietro il velo di un silenzio intriso nel mistero che vaga attraverso altisonanti nomi, incollati sopra le lenzuola avvolte intorno a intrepide avventure: pezzi sparsi non a caso come cuscini di una vita artistica per combinazione voluta, posizionati davanti agli occhi dell’osservatore alla maniera di un film.
Conosciuta prima come de Lempicka, poi con titoli tipo baronessa Kuffner; nata dal nulla, improvvisamente appare a Parigi nel 1923: la sua camera da letto, come ogni alcova ambita è arredata all’ avanguardia; ospiti facoltosi, gente comune, intellettuali e bellezze di turno si susseguono in incontri fortuiti o programmati. La pittura era il giusto mezzo anche per concretizzare gli impulsi sessuali, tutto proseguirà nel gioco delle apparenze sociali e dell’arte, in onore a quello che aveva sempre considerato l’unico sentiero per raggiungere il successo violando quasi ogni convenzione.
Gruppo di quattro nudi femminili: c’era una volta il 1925, un’elegante pittrice per caso, le influenze del cubismo e i grandi autori italiani e francesi del passato.
Dilagano incarnati plastici, soffocano le figure, sulla tela muore e nasce il fervore nelle forme e nei colori. Il dipinto stenta a contenere i corpi, a definire il loro movimento; il contesto non consuma i gesti ma li glorifica nel disagio che sembra influire anche sulla psiche dello spettatore. L’oppressione, il malessere fisico e mentale coinvolgono chi osserva e lo trascinano negli abissi di una torbida dimensione psichica.
La sensualità, l’irrequietezza, la ricerca spasmodica e la fuga obbligata, il breve viaggio del piacere, le solitudini condivise nelle angosce, l’unione, il distacco, l’oblio.
Nuovi incarnati scorrono fluidi, plastici, fermi nella perfezione, si accendono, si spengono; i corpi si agitano disperati in un ritmo frenetico scandito da quello che resta del fondo. Tutto accelera per finire di colpo, all’improvviso.
Sulla quarta figura rallentò negli occhi il tratto e forse, si fermò. Era già passata oltre, nella storia dell’arte; oltre, lontano dai colori del principio. La pelle, stagliata nella perfezione si accendeva, si spegneva e le figure; disperate in un ritmo frenetico sotto le sommità del vuoto, formavano un gruppo di nudi in fiamme uniti dalla disperazione.
Tamara Łempicka, pseudonimo di Tamara Rosalia Gurwik-Górska (Varsavia, 16 maggio 1898 – Cuernavaca, 18 marzo 1980), è stata una pittrice polacca, appartenente alla corrente dell’Art Déco.
Sopra il palcoscenico della creatività, nella prosa muta della pittura; nel valico dei recessi dell’anima, nei gesti erotici i nudi coinvolgono lo spettatore attonito come un voyeur, incredulo solo al pensiero che potrebbero spalancare la bocca, parlare e dire cose mai dette. Mai. E’ sovrano l’erotismo sulla tela, vibra il paradosso, regna l’irrequietezza; la glorificazione del malessere si nasconde nel sordido fragore del sesso; i corpi esplodono efferati, bruciano come lava ardente nel fracasso senza voce dell’arte, le forme gridano; si accendono i colori dell’anima e dopo, tutto scompare: il lusso miserabile. Come sono effimere le cose del mondo…Tamara de Lempicka, nata Gorska: «Siano sparse le mie ceneri sopra il cratere di un vulcano… » l’ultimo desiderio; imposto.