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le indicazioni stradali

Creato il 17 gennaio 2011 da Luci

sono con una collega, abbiamo fatto il viaggio in macchina chiacchierando ed è passato presto, lei ha sempre guidato, non la ringrazierò mai abbastanza.

a un’ora di macchina da l’aquila ci fermiamo a un autogrill e chiamiamo la collega abruzzese.

“ciao, senti, allora ci vediamo al lavoro fra un’ora circa, ci diresti l’indirizzo esatto che così lo mettiamo sul tom tom, che è notte e non siamo sicure di ricordare la strada?”

“eh, ora l’indirizzo esatto non lo so… (la collega lavora a quell’indirizzo da dieci anni, nota bene), ma tanto voi arrivate al cavalcavia, poi prendete la rotonda, poi un’altra e siete arrivate!”

“ah…”

un po’ perplesse ci rimettiamo in macchina, quando arriviamo in zona per fortuna ci ricordiamo dove si deve andare e va tutto bene.

quando stiamo per uscire chiediamo sempre alla collega dove si trovi il nostro hotel, che non è quello dove andiamo di solito.

“è facilissimo, rifate le rotonde, rifate il cavalcavia, cinque minuti e siete arrivate!”

decidiamo di salire in macchina e mettere sul tom tom l’indirizzo scritto sulla prenotazione dell’hotel.

tom tom che, evidentemente, non ha previsto i rifacimenti stradali del dopo terremoto.

tom tom che a un certo punto ha sbroccato, ci ha indicato una microstrada sulla sinistra e ha sentenziato: “arrivo!”

sapevamo che l’albergo era effettivamente in una stradina sulla sinistra, quindi ci siamo fidate.

notte fonda, buio pesto, strada sterrata in mezzo a un bosco lupululì.

dopo qualche buca e qualche rovo si arriva a una casa distrutta completamente. il panorama si fa spettrale. io mi incomincio ad agitare.

“torna indietro, appena puoi torna indietro, qui è tremendo, torna indietro”
l’unico posto dove poter fare manovra è sotto a un cavalcavia che rasenta il tettino della macchina, la strada è stretta e va subito giù, ripidamente, nel fitto del bosco.

“no, aspetta, ho cambiato idea, fare manovra qui non mi pare una buona idea, proviamo ad andare avanti.

dopo qualche decina di metri che a me sembrano chilometri vediamo un cartello “ristorante”.

“mah, proviamo ad andare, anche se sarà abbandonato, almeno ci sarà lo spazio per girare”:

il ristorante non è abbandonato, è, anzi, aperto, caso assai strano in abruzzo, dove i ristoranti spesso sono chiusi di domenica e di lunedì.

decidiamo di chiedere a loro come fare per trovare l’hotel.

spiego la situazione a un ragazzino di una diciassettina d’anni vestito da cameriere elegantissimo.

“ciao, scusa, ci siamo perse completamente, non siamo di qui, sai mica come si fa per raggiungere l’hotel tal dei tali?”

e lui:

“allora, hai presente scoppa?”
“ehm, no… devo tornare sulla statale?”

“sì”

“ok, e poi passo la posta e un vivaio?”

“non lo so dove sia la posta”

(nota di lucia: le poste centrali sulla statale sono grandi come san pietro e illuminate a giorno).

“comunque, qua dentro c’è il proprietario dell’hotel che sta cercando”

“ah, bene, posso parlare con lui allora?”
“certo”
“buonasera, stavamo cercando il suo hotel ma ci siamo perse, pensi che caso incontrare proprio lei!”
“e cosa lo cercate a fare? siamo chiusi!”
“come? ma abbiamo prenotato per tre notti!”

“ah, per dormire, pensavo per il ristorante”
“perché quindi il ristorante è chiuso stasera?”
“sì, vi conviene cenare qui”
presa dalla disperazione vado a chiamare la mia collega, decidiamo di parcheggiare e di cenare nel bosco insieme al lupo, a cappuccetto rosso e alla nonna.

entriamo nel ristorante e non è la casa della nonna di cappuccetto rosso.

è la tenda di gheddafi ma tutta avorio e beige.

drappi, lenzuola, tovaglie doppie e triple, sedie rivestite di raso e candelieri d’argento.

ci sediamo titubanti.

scosto la sedia di raso e mi accorgo che è una sedia da giardino di plastica rivestita di stoffa.

anche il tavolino lo è, sono arredi da giardino vestiti a festa.

portano il menu, un raccoglitore di plastica con in copertina un bicchiere di birra peroni e dentro la scritta “lista delle pietanze”.

a volte mi fa tenerezza il modo tutto abruzzese di dare pompa alle cose chiamandole in modo naturale con termini a metà fra il vecchio e l’aulico, non avevo mai visto un menu che si chiamasse “lista delle pietanze”.

la cameriera arriva, chiedendo cosa vogliamo da bere.

“è possibile avere due bicchieri di vino?”
“certo, due calici di montepulciano?”

“va benissimo”.

mangiamo, molto bene, paghiamo, non molto, e prima di andare via proviamo a richiedere di nuovo dove diavolo sia l’albergo.

“allora, torna sulla statale, fa una prima rotonda e va a dritto, una seconda rotonda e va a dritto, poi c’è un rettilineo, delle curve e vede l’insegna”.

ok, mi pare facile, recuperare la statale e poi sempre dritto.

ripassiamo sotto al cavalcavia, davanti alla casa diroccata, con un brivido lungo la schiena, recuperiamo la statale, dopo pochi metri la prima rotonda, poi le poste (l’avevo detto io!) poi una seconda rotonda, poi il rettilineo…

poi ancora un rettilineo.

poi delle curve.

poi di nuovo rettilineo.

poi curve.

poi pensiamo che non dovrebbe mancare molto… per arrivare a rieti.

quando siamo già sul disperato&stanco vediamo l’insegna.

è una stradina ripida sulla sinistra, ma stavolta finisce bene, nessun universo parallelo con case diroccate lupululì e tende di gheddafi ci aspetta, solo un’accogliente cameretta.

finalmente levo gli stivali, mi faccio una lunga doccia, apro la microvaligia perfetta preparata ieri mattina.

porca vacca…

mi sono scordata il pigiama!


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