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Le interpretazioni di Dallas Buyers Club

Creato il 30 gennaio 2014 da Drkino

Corpi che cambiano.

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Dallas Buyers Club sarà ricordato, più che per la storia in sé, per le appassionate interpretazioni di Matthew McConaughey e Jared Leto, oltre misura ed estreme, capaci di ribadire l’autonomia estetica e lo statuto sociologico dell’attore nel cinema contemporaneo, al di là del divismo stereotipato e massmediatico. Non che l’opera settima di Jean-Marc Vallée sia poco riuscita, anzi, ma, come nel caso Servillo, l’attore cannibalizza lo spazio della narrazione e al suo corpo si offrono tutte le possibilità per rendere impeccabile la messa in scena o per valorizzare sequenze importanti e svolte narrative. Tutti i 117 minuti sono dominati dalla figura emaciata e ruvida di Ron Woodroof, nei cui panni “stretti” si cala il macilento McConaughey, 14 kg in meno rispetto al suo peso forma e viso scavato dal trauma della sieropositività. Rayon, un irriconoscibile Jared Leto è il suo alter ego femminile, inizialmente nemesi, poi suo socio nella lotta contro l’egemonia delle case farmaceutiche. I due, entrambi infettati dal virus Hiv, si impegnano a diffondere e vendere farmaci più idonei ed efficaci rispetto a quelli proposti dalle grandi lobby americane. Gli attori si trasformano e, seguendo il metodo Stanislavskij, si barcamenano nei processi della “personificazione” e della “reviviscenza”: assumono un’identità precisa grazie al potenziamento dell’espressività fisica e la tengono in vita attraverso il processo immaginativo della totale immedesimazione. Corpi che cambiano e offrono se stessi alla rappresentazione visiva del degrado, come insegna il trasformismo studiato di Denis Lavant in Holy Motors: l’attore, con la sua mutazione esteriore, diviene metafora della società oppressiva e claustrofobica, è alchimia tangibile e remota, specchio in cui si riflettono tutti i livelli scenici e narrativi dell’opera filmica, corpo e mente, organismo unitario sul quale si dispiegano sintassi filmografiche e canoni estetici. Gli esempi del camaleontismo estremo dei grandi divi sono innumerevoli: da Vincent D’Onofrio, nei panni del “palla di lardo” kubrickiano, ignorato dall’Academy nell’’87 nonostante i suoi 35 kg in più rispetto al suo peso forma, a Charlize Theron che, imbruttita per interpretare la serial killer Aileen Wuornos in Monster, ha preso quasi 15 kg. 
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È leggenda il De Niro-Jack LaMotta, con 20 kg di muscoli in più per mettersi nei panni del grande pugile, mentre Tom Hardy, in tempi più recenti, per Bronson, Warrior e The Dark knight rises è stato il campione assoluto del potenziamento muscolare e psicologico. Se McConaughey è nuovo all’esperienza del trasformismo corporeo, Jared Leto c’era già passato per Chapter 27, in cui diventava, con 30 kg in più, il famigerato omicida di John Lennon Mark David Chapman. L’attore, in questi casi, esperisce tutto se stesso in una trasfigurazione esteriore e interiore, divenendo deus ex machina, elemento risolutore del film.

Vincenzo Palermo

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