LE LACRIME DEL BRANCO di Marina Crescenti

Creato il 11 gennaio 2013 da Soniab

Qualche settimana fa avevo pubblicato un post con un’intervista che Marina Crescenti mi aveva gentilmente concesso per Oltreloscoglio, durante le festività natalizie ho avuto modo di rincontrarla in occasione di una presentazione del suo ultimo romanzo e tenendolo tra le mani, dopo una lettura-visione-allucinazione vi propongo la mia recensione.

“Le lacrime del branco” va letto senza spettative, senza pregiudizi e senza pensare a Luc Narducci. In quest’ultimo romanzo Marina Crescenti costruisce un mondo narrativo diverso da quelli ai quali ci ha abituati, lontano da quella famiglia di personaggi che rincorrono l’intrecciarsi di indagini e problematiche quotidiane. L’autrice si butta in un mondo giovanile particolare, quello del branco assetato di sangue e follia: quattro ragazzi e una ragazza marchiati da crude e dolorose vicende infantili hanno sviluppato un comportamento di risposta alla vita del tutto sfasato, sanguinario e fagocizzante. Essi stessi sono divorati dall’abisso violento in cui trascinano le loro vittime, lo stesso abisso dove risiede l’origine del loro male.   Chi subisce il male restituisce il male? Qual è il limite oltre il quale uccidere diventa l’unica cosa che soddisfa? Queste le domande che sorgono di pagina in pagina, tra omicidi come sfogo e divertimento conditi con alto tasso alcolico e sostanze stupefacenti. Sembra di provarlo, non solo percepirlo, quello stato “altro”, fuori di testa e senza una buona distinzione tra allucinazioni e realtà. Una realtà sempre alterata, sempre sporcata.   “Le lacrime del branco” sembra non seguire una storia precisa ma proporre a raffica immagini di morte e di un modo troppo facile di perdersi tipico dei protagonisti. Loro sono giovani funamboli persi che a stento si reggono sul filo tra vita e non vita. Non hanno i mezzi o la forza per smettere, per cambiare o semplicemente ignorano che forse sarebbe possibile. Loro devono difendersi dai rancori, dalla rabbia per la vita che il destino gli ha concesso, devono difendersi dalle ulteriori violenze che loro stessi provocano, sopportare il peso della loro stessa maschera.   Al di là del viaggio che con difficoltà si può intraprendere nella loro anima, senza giustificare ma trovandone un meccanismo intricato, resta l’immagine che hanno e offrono: malati di morte, senza coscienza e rimorso, privi di senso di colpa. La lettura di questo romanzo è come la fisione di un film durante la quale non trovi modo di pensare, senti il germogliare di semi di pensiero diversi tra loro ma che solo alla fine riprenderai e tenterai di rielaborare. Lo stile di scrittura è fresco, veloce e in linea con l’andamento e il carattere duro delle situazioni raccontate. L’autrice ha intrapreso una strada per lei nuova e  inaspettatamente piacevole che culminerà nel seguito di “Le lacriome del branco” e a mio parere penso che potrebbe andare ancora più a fondo, toccando le viscere dei personaggi e quelle del lettore. Vedremo quanto riuscirà ancor più ad osare prossimamente.


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