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Le liste last minute della sinistra radicale

Creato il 08 giugno 2013 da Veritaedemocrazia

E' largamente diffusa nel sentire comune la convinzione che riconoscere gli errori del passato possa aiutare a non ripeterli nel corso della propria esistenza. Non so se ciò valga realmente per gli individui, assai frequentemente prigionieri di una coazione a ripetere nel tempo le stesse scelte del passato, e tanto più per gli organismi sociali più o meno complessi. Sicuramente questa capacità di elaborare le proprie esperienze fallimentari è fin qui mancata completamente a quell'area politica e ideologica variamente definita di sinistra radicale o di ispirazione marxista e comunista/socialista o di alternativa anticapitalista. Questa area politica non è più presente in Parlamento dal 2008, nel 2013 con Rivoluzione Civile ha raggiunto risultati ancora più modesti della Lista Arcobaleno e regolarmente manca il quorum necessario a portare propri rappresentanti nelle Assemblee elettive (si guardi, per citarne solo alcuni, agli esempi delle elezioni regionali in Sicilia e per il sindaco di Roma). Tralascio qui di richiamare le analisi che attraverso la ricostruzione delle trasformazioni sociali, economiche, culturali, valoriali intervenute nel nostro Paese e degli errori tattici e strategici commessi dai propri dirigenti provano a dare conto della crisi anzi, per meglio dire, della scomparsa della sinistra in Italia (caso forse unico in Europa) per limitarmi al mero aspetto, per così dire, del marketing politico. L'ambito del marketing politico è certo aspetto secondario e risulta per noi di sinistra particolarmente odioso prenderlo in considerazione.
Ma, al netto dei contenuti programmatici, di radicamento sociale e territoriale, di selezione dei candidati, delle convinzioni e delle consapevolezze diffuse tra le persone, dei fattori di distorsione della nostra democrazia (mafia, corruzione, voto di scambio, informazione, Vaticano, sistema elettorale maggioritario) non si può comprendere - in un Paese dove esisteva il più importante partito comunista dell'Occidente insieme ad un partito socialista che, prima di Craxi, era il partito socialista di Pertini, di Nenni, di Lombardi oltre alle feconde, ancorché minoritarie, esperienze della sinistra extraparlamentare – che una lista di sinistra radicale non riesca oggi, pur in una situazione storica completamente diversa dal passato, a raggiungere a livello nazionale un misero 4 o 5 per cento senza prendere in considerazione anche l'attrattività del 'marchio' sinistra. E allora con un sistema dell'informazione monopolizzato, nell'ambito delle forze di sistema, dal qualunquismo berlusconiano e dalla falsa sinistra del PD (leggi alle voci Fabio Fazio, Formigli, Ballarò, Repubblica) e, di quelle dell'opposizione, dai temi della legalità e della lotta alla casta (da Di Pietro a Grillo passando per Travaglio e Santoro) costituisce un autentico suicidio politico cambiare ad ogni elezione nome e simbolo, restare nell'ambiguità dei programmi e delle alleanze perseguite e pensare di poter ottenere un qualche risultato dignitoso materializzandosi come concreta proposta politica solo a pochi mesi dal voto. Tanto più quando si hanno risorse finanziarie ridotte all'osso per fare campagna elettorale (per intenderci non alla Alfio Marchini) e si viene 'naturalmente' oscurati dal sistema dell'informazione (da Repubblica e il TG3 fino ai giornali e alle tv berlusconiane). Giustificare poi, dopo che non ci si è preparati per tempo, le inevitabili sonore sconfitte di queste liste 'last minute', prive di credibilità e costruite senza una reale partecipazione popolare, con le poche settimane avute a disposizione per farsi conoscere e con il boicottaggio mediatico (ci mancherebbe pure che avvenisse il contrario per delle forze che si presentano come antisistema) appare totalmente miope e ridicolo. Teniamo conto che Grillo (e questa riflessione esula dal giudizio politico che possiamo darne), pur avendo a disposizione professionisti di primo piano della comunicazione, ha impiegato anni prima di acquisire un ruolo centrale nella vita politica nazionale. Eppure, anche se già nel 2014 saremo chiamati a votare per le Europee (che non sono consultazioni di secondo piano) e che l'instabilità politica non rende impossibili nuove elezioni politiche generali fra 6 sei mesi o fra un anno o due, non è stato ancora avviato alcun processo a sinistra di composizione di una robusta proposta elettorale (forse qualcuno pensa di poter tenere le mani libere per poter scegliere all'ultimo momento il collocamento più vantaggioso). Se le principali iniziative attraverso le quali si tenta di ricostituire una sinistra di alternativa fanno capo ad ALBA, a Ross@ di Giorgio Cremaschi e a ciò che resta di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani, non è pensabile, salvo colpi di scena al momento imprevedibili, che alcuno di questi raggruppamenti possa da solo nelle prossime contese elettorali superare il quorum e permettersi di ignorare i propri parenti/rivali. Si tratta dunque di raggruppamenti che saranno 'condannati' a coesistere – dentro un'unica lista o un'unica coalizione – anche in futuro. L'alleanza naturale di tali forze, pur a fronte di differenti visioni, si fonda peraltro - nella convinzione di essere alternativi alle destre, al centrosinistra a guida PD e al Movimento 5 Stelle - sulla convergenza su alcuni elementi fondamentali: la lotta alla dittatura finanziaria dell'Unione Europea, il proposito di costruire un'alternativa al capitalismo, la difesa dell'ambiente, il pacifismo ed il rifiuto dell'impiego delle forze armate italiane in missioni di guerra all'estero, la centralità del lavoro e dei diritti sociali e civili, la tematica dei beni comuni, la difesa della Costituzione. E allora sarebbe cosa giusta, sensata e razionale definire da subito un 'contenitore' comune – fatto di un programma minimo condiviso, di un nome, di un simbolo, di regole per la scelta dei candidati, di una strategia e di una squadra per la comunicazione, con un tesseramento proprio e assumendo il principio una testa/un voto per assumere decisioni – con il quale farsi conoscere dagli italiani e 'fidelizzare' almeno il proprio popolo. Si tratta di un'operazione minima di marketing politico che certo non esime la sinistra dall'intraprendere quel lungo e difficile percorso di ridefinizione ideologica, programmatica, culturale e di immersione nella società necessari a rientrare in sintonia con i ceti subalterni che intende rappresentare ma che risulta parimenti assolutamente indispensabile. Un'operazione che dovrebbe poi poter coesistere con la legittima ambizione da parte delle varie componenti coinvolte di seguire singolarmente le proprie strategie e la propria strada per ottenere quel radicamento sociale e quella visibilità politica a cui ambisce. Se tale soggetto comune acquisirà - connettendosi alle lotte e alle iniziative di resistenza sul territorio e per riconquistare diritti e lavoro, configurandosi come uno dei principali oppositori al progetto in atto di stravolgimento della Costituzione – una sufficiente massa critica potrà poi porsi, al momento opportuno, come polo di attrazione per tutta quell'area sociale, culturale, politica che auspica un'autentica alternativa e una vera rivoluzione democratica.

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