Fonte immagine: sky.it
Dopo un po’ di pausa si ritorna a scrivere. L’articolo di oggi riguarda la cosiddetta “geografia della salute”, disciplina che fa luce sulle interazioni fra l’uomo e il suo ambiente tenendo conto della patologia come frutto di fattori derivanti dalle condizioni di vita e in particolare della salute dell’ambiente circostante.
Ci è chiaro come le attività produttive sono quelle che maggiormente impattano sull’ambiente e sulla qualità della nostra vita, dall’altra sono anche le attività che ci permettono di mantenere stili di vita elevati. Appare chiaro come sia necessario trovare un punto di interesse e di incontro. Questo è ancora più significativo se prendiamo come riferimento la grande problematica del cambiamento climatico.
Secondo la World Health Organization (WHO), il 24% delle patologie al mondo è da far risalire a cause ambientali, porzione che sale a un terzo se parliamo di bambini.
Come vediamo dall’immagine a sinistra le aree del pianeta maggiormente colpite da patologie caratterizzate da problematiche derivanti dal cambiamento climatico (per esempio la malaria), hanno maggiore concentrazione nei Paesi in Via di Sviluppo, mentre la seconda immagine (a destra) ci fa vedere come i paesi responsabili del cambiamento climatico siano quelle che patiscono di meno questo fenomeno. Il circolo vizioso ci mette quindi di fronte a un effetto particolare del cambiamento climatico.
In fondo se ci pensiamo bene, la tutela dell’ambiente deve essere diretta non solo alla protezione del pianeta di per sé, ma deve avere come fine ultimo l’aumento del livello di vita degli abitanti. Valorizzare un approccio preventivo alla salute umana, secondo il trito mantra che ci dice che “prevenire è meglio che curare”, passa per forza di cose dalla tutela ambientale. Molto spesso infatti si pensa ancora che tutelare l’ambiente nasca solo da un bisogno di proteggere la tal balena e il tal tucano e non abbia come direzione la tutela di un equilibrio delicato di cui noi stessi facciamo parte.
Il tema del divario fra Nord e Sud del mondo inoltre è un aspetto molto importante di questa “geografia della salute”, che ha fra i suoi compiti anche quello di localizzare e quantificare i fenomeni patogeni nel pianeta. La maggior parte della ricerca farmaceutica avviene su patologie per cui ci sono acquirenti, mentre nei paesi più poveri numerose persone muoiono per la mancanza di cure molto semplici. Si utilizzano quindi enormi quantità di medicinali spesso inutili, spendendo inutilmente molti soldi, mentre da altre parti basterebbero pochi euro per salvare delle vite. E spesso, questi euro non arrivano mai.
Un’importante iniziativa che ci mette davanti agli effetti di tutto questo, è quella fatta da Medici Senza Frontiere per le cosiddette “crisi dimenticate”. L’associazione punta ad accendere i riflettori su 10 crisi mondiali ignorate dai media tradizionali, più impegnati a inseguire lo scoop, e quindi dalle grande massa degli abitanti del pianeta. Molto spesso infatti, se una cosa non fa più notizia non viene spesso più diramata. Noi stessi commettiamo poi l’errore di pensare che siccome non ci viene detta una cosa, questa non esista. MSF punta i riflettori quindi su 10 crisi mondiali dimenticate; alla 5 troviamo le malattie appunto: “più di 400 milioni di persone sono a rischio a causa delle malattie tropicali dimenticate (NTD, Neglected Tropical Diseases) come la leishmaniosi viscerale (kala azar), la malattia del sonno, la malattia di Chagas e l’ulcera di Buruli”.
Al seguente link è possibile visualizzare tutte le crisi dimenticate e approfondire gli argomenti condividendoli e utilizzando i social network per far ripartire un’informazione nascosta “adottando una crisi”.
Autore: Samuele Falcone