Le mani sulla città. I boss della 'ndrangheta vivono tra noi e controllano Milano
"QUESTA, PURTROPPO, È UNA STORIA VERA. COME DISSE UNO 'NDRANGHETISTA: 'NOI ABBIAMO IL PASSATO, IL PRESENTE E IL FUTURO'." Giuseppe Spina, colonnello dei carabinieri
E' veramente impressionate la mole di episodi di cronaca, intercettazioni, atti di inchieste, rapporti di polizia giudiziaria tratti dalle inchieste (“Operazione infinito”, “Ciaramella”, “Wall Street”, “Nord Sud” ..), i racconti dei (pochi) pentiti sugli affari della 'ndrangheta, che questo libro mette uno in fila all'altro.
Si parla della penetrazione mafiosa nel territorio lombardo, e in particolar modo nel milanese: ristorazione, business del divertimento, bar, locali, movimentazione terra, spaccio, estorsione, prestiti ad usura, scommesse, slot machine …
Non c'è settore, in cui giri denaro, in cui non ci siano le mani delle ndrine della ndragheta, le famiglie della Camorra e di Cosa Nostra.
Ma la cosa ancora più impressionante, di questo tumore in stato avanzato nel nostro territorio, è che questo avviene in un silenzio impressionante. Silenzio che viene interrotto solo nei momenti di clamore per un'operazione di polizia e magistratura che porta a numerosi arresti, come nell'estate passata con i cento e passa arrestati.
Uno dei quali, addirittura nel mio comune: il capo della locale di Giussano, Antonino Belnome, il killer del boss scissionista Carmine Novella.
Il boss che voleva sganciare la Lombardia dal controllo della madre Calabria.
Cene elettorali in cui politici lombardi siedono allo stesso tavolo con imprenditori legate a cosche: persone in giacca e cravatta bel lontani dallo stereotipo del mafioso in coppola, che si sono ben inseriti negli happy hour meneghino.
Come la coppia Iorio e Madaffari, in affari con la società Kreiamo (considerata il braccio finanziario del clan Papalia-Barbaro, originario di Platì, in Calabria, ma operativo a Buccinasco) con l'assessore PDL Ponzoni. Cresciuto a Desio, comune recentemente caduto dopo le vicende di cronaca.
Come Francesco Lampada, sposato con Maria Valle: due cognomi che contano nelle dinastie ndranghetiste. Chi sono questi due? Si tratta di “imprenditori calabresi considerati il braccio finanziario a Milano della cosca Condello”.
Continua l'articolo di Barbacetto e Milosa “Le ndrine in lista” “Giulio Lampada, il fratello delegato a tenere i rapporti con la politica, è un grande amico di Armando Vagliati . [consigliere comunale di Forza Italia dal 1997, membro della segreteria cittadina del partito] I due vanno spesso a cena con le rispettive mogli e più volte Lampada cita “l’Armando” nelle sue telefonate (intercettate). “Eravamo alla festa insieme ad Armando! Tutti i consiglieri comunali, provinciali, regionali. C’era pure il presidente del Parlamento europeo Mario Mauro. Eravamo nel tavolo io, lui”. E ancora: “Siamo accreditati, c’è la fiducia, capisci cosa voglio dire. Perché lui sa che sputazza non ne ho fatto mai e si butta a capofitto. Dice: vuoi questo, facciamo quello che cazzo ti interessa”. “Lui” è Vagliati. “L’attività investigativa”, si legge nei rapporti dei carabinieri, “permetteva di accertare che Armando Vagliati costituiva l’elemento di riferimento dei Lampada con il comune, per la risoluzione delle diverse problematiche di ordine amministrativo”.
L’assessore uscente Giovanni Terzi, della lista “Milano al centro” (pro-Moratti), partecipa al bar Magenta a un aperitivo con Francesco Piccolo, il luogotenente del boss della ’ndrangheta Pepè Flachi. Spiega Piccolo: “Deve parlare per le votazioni… Sta aiutando a tutti, poi ti spiego… È utile anche per noi!”.
L’uomo che dice “Speriamo che muoia come un cane” è Marco Clemente, candidato nella lista Pdl, molto vicino a Ignazio La Russa. È un nuovo acquisto della politica: finora ha fatto l’imprenditore, è socio di maggioranza della discoteca milanese Lime light. Ha contatti ravvicinati con gli uomini della ’ndrangheta: il 17 febbraio 2008 viene intercettato all’interno della discoteca Babylon, mentre parla con Giuseppe Amato, in seguito arrestato per associazione mafiosa con l’accusa di essere il luogotenente del boss Pepè Flachi per la riscossione del pizzo nei locali notturni. [..] “Il deputato Ignazio La Russa”, si legge nella prima informativa, “attraverso un suo diretto familiare e tale Clemente, socio di una nota discoteca, avrebbe fatto contattare Salvatore Barbaro al quale i due avrebbero chiesto un intervento della sua famiglia su tutta la comunità calabrese presente in provincia di Milano, al fine di far votare alle prossime consultazioni elettorali la lista del Pdl (…). Salvatore Barbaro si sarebbe impegnato attivamente (…) garantendo che i voti sarebbero andati sicuramente alla lista”.
Tutto questo succede a Milano, in Lombardia, mentre la politica (ex) di maggioranza discute dell'emergenza rom, dei clandestini da cacciare, il terrorismo islamico e il terrore delle moschee, fino alle Br nelle procure. Del carcere per i piccoli spacciatori, senza però voler colpire i grandi trafficanti.
Forse, leggendo di queste amicizie riportate prima, non sorprende il silenzio su criminalità organizzata, l'ostinazione nel voler affossare la commissione antimafia a Milano, il ripetere continuo del mantra “A Milano, la mafia non esiste”. L'ha detto il prefetto, l'ex sindaco e il presidente di Regione. Ma, molti anni prima le stesse parole erano in bocca al sindaco socialista Pillitteri, quello della Milano da bere, che presa dal timore del brigatismo rosso non si accorgeva delle morti per eroina quotidiane. L'eroina, importata in regione dalla ndrangheta calabrese negli anni 80, da boss come Rocco Papalia, anche lui organizzatore di cene elettorali per il partito socialista.
Perchè la mafia, la camorra, le ndrine, si sono radicate in Lombardia da decenni: siamo ormai ben lontani dagli anni in cui Joe Adonis scendeva in piazza Duomo, dalla generazione dei boss Luciano Liggio, Gaetano Fidanzati e Tony Carollo (portavoce dei corleonesi). Ormai, siamo alla terza generazione: il gruppo Papalia – Barbaro padroni della movimentazione terra a Buccinasco. I Morabito, che si erano impiantati nell'Ortomercato, usato come base per il traffico della droga.Salvatore Strangio, che piano piano si era impossessato della ditta di costruzione di Ivano Perego, nel lecchese. Francesco Barbaro a Corsico. E il clan Trovato nel lecchese.
E il silenzio di parte della politica, si accompagna al silenzio degli imprenditori nelle mani della criminalità: emblematico il caso del costruttore Maurizio Luraghi, la faccia pulita di Salvatore Barbaro. Come ha ripetuto anche il pm Ilda Boccassini, nessuno corre a denunciare le estorsioni, le minacce, i camion bruciati, le telefonate minacciose: in questo territorio, ed è brutto dirlo, le mafie han trovato un humus ideale.
Eppure non siamo nella Sicilia della Piovra.
I capitoli del libro.
La politica secondo i boss.
- La nuova capitale della ndrangheta.
- Affari d'oro a Milano e dintorni.
"Ci sono 13 politici lombardi che hanno ricevuto i voti della 'ndrangheta." Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria, pag 13.
"Qui i calabresi sono la spina dorsale del Pdl. Farei la campagna elettorale con la pistola in bocca." Carlo Antonio Chiriaco, direttore sanitario Asl Pavia, arrestato nel luglio 2010 per associazione mafiosa, pag 64,70.
Sangue terra e cemento.
- Barbaro-Papalia: i padroni di Milano.
- Il volto pulito della 'ndrangheta.
- Vecchi e nuovi sindaci.
La città della coca.
- 'Ndrangheta e coca.
- Traffici internazionali.
- Grandi alleanze.
- Quelli di Duisburg.
- Un cittadino al di sopra di ogni sospetto.
- Il clan Onorato e i suoi bravi ragazzi.
- Insider trading mafioso.
- Da Provenzano ai casalesi.
All'ombra dell'Ortomercato.
- Cent'anni di storia.
- Il regno dei Morabito.
- 'Ndrangheta ad alta velocità.
- Con i Paparo non si sgarra.
"Nicola Padulano è un operaio siciliano e un gran lavoratore. Fa il sindacalista. Nel 2005 lavora per la cooperativa Ytaca. L'impresa gestisce il carico, lo scarico, il trasporto e lo stoccaggio delle merci. Il suo committente è la Sma, uno dei marchi più noti della grande distribuzione alimentare. La Ytaca è di proprietà del boss Marcello Paparo. Padulano raccoglie le proteste degli operai e organizza qualche sciopero. Il dirigente della Sma contatta Paparo: 'Eh, ma guardi che questo inizia a crearci dei problemi'. Il boss manda un'ambasciata a Padulano facendogli sapere che se si dimette otterrà un corposo extra... Poco dopo due uomini aspettano Nicola sotto la sua abitazione. 'Padulano!' gridano. Lo massacrano di botte. Il fatto è riportato nel mattinale della Questura. Nessun giornalista lo ritiene rilevante: così a Milano un'aggressione in puro stile mafioso passa per l'ennesima volta sotto silenzio." (pag 329-331)
Epopea 'ndrangheta.
- Il clan Papalia.
- Il clan Trovato e Flachi.
Come non potranno più far finta di niente le associazioni di categoria, come quella dei costruttori, dei gestori di locali, i commercialisti, le banche e i bancari. Perchè non fanno come in Sicilia dove la Confindustria locale espelle le imprese che pagano il pizzo alla mafia?
Il link sul sito di Chiarelettere Il link per ordinare il libro su ibs Intervento di Dario Fo alla presentazione del libro "Le mani sulla città" Techorati: Gianni Barbacetto, Davide Milosa, Ndrangheta, Milano