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Le memorie “Mundial” di Carlo Nesti: Spagna 1982, un mondiale da sogno

Creato il 10 giugno 2014 da Simo785

Durante i Mondiali di calcio 2014, garantirò nei miei spazi, il commento-pagella delle partite dell’Italia, e degli altri incontri principali.

Inoltre, una sintesi audio-video Youtube delle fasi salienti delle partite degli azzurri.

Ascolterete la mia voce in televisione su Top Calcio 24, e in radio su Radio Sportiva.

Nella marcia di avvicinamento all’evento, vi propongo una serie di ricordi personali, legati proprio alla storia della manifestazione.

 

A cura di Carlo Nesti

 

BARCELLONA, 5-7-1982

 

ITALIA-BRASILE 3-2

 

L’ULTIMA VOLTA DA TIFOSO

 

Paolo Rossi, tra i protagonisti di Italia-Brasile ai mondiali dell'82

Paolo Rossi, tra i protagonisti di Italia-Brasile ai mondiali dell’82

Giornalisti Rai in sciopero per il contratto: l’annuncio, mentre sono a Madrid, non mi coglie impreparato, perché il 5 luglio è una data che può consentirmi un clamoroso cambio di programma.

Dall’inizio della carriera professionistica, nel 1976, non mi è mai più capitato di fare il tifoso, di tornare con gli amici, in distinti centrali o in curva, e di mescolarmi con la folla.

Adesso l’occasione è irrinunciabile: aereo-bus Madrid-Barcellona, ovviamente a spese mie, e possibilità di aggregarmi alla banda in arrivo da Torino, con tagliando di Italia-Brasile per me.

L’appuntamento è davanti a un hotel non lontano dallo stadio, 2 ore prima dell’incontro, e quando vedo la strada svuotarsi di gente, in processione verso l’impianto, comincio a tremare.

Dov’è Maria Luisa, con il mio biglietto? E Mauro, Roby, Joe, Ezio, Mario, Ferruccio, Francesco… Con 20 minuti di ritardo, finalmente, una tribù tricolore mi travolge di calore.

Lo Stadio Sarria è un catino infernale: niente pista ai lati, gradinate a ridosso del campo, noi di fronte alla tribuna-stampa, vicino alla curva azzurra, e di là la chiazza gialla brasiliana.

Finisco accanto a Cornelio, l’unico ragazzo che non conosco: gli chiedo un parere tecnico sull’incontro, e inorridisco quando mi dice che è la prima volta, in vita sua, che entra in uno stadio.

Si scusa, e mi domanda chi è quel brevilineo bianco come una statua di cera, uno scheletro di atleta apparentemente senza muscoli, ma anche un fascio di nervi in ebollizione.

Gli rispondo che si chiama Paolo Rossi, che è stato fermo 2 anni per squalifica, che non segna da 4 partite, e che nessuno ritiene possa tornare il castigo delle aeree dei Mondiali 1978.

Dopo pochi minuti, sbagliando un gol fatto, sembra avere esaurito la residua riserva di fiducia di Bearzot, ma l’espressione resta rabbiosa e concentrata: credici Paolo, credici…

Al 12′, si verifica l’incantesimo che cambia la storia dell’incontro, di Rossi, dell’Italia, e del Mundial intero: cross teso di Cabrini, testa del centravanti, e Paolo si ritrasforma in Pablito.

Al 27′ scippa il pallone ai difensori avversari per realizzare il 2-1, e io benedico uno sciopero che mi rende ancora una volta, l’ultima, tifoso, per la partita più bella mai vista di persona.

Al 65′ ruota su una caviglia di gomma per siglare il 3-2, e io perdo definitivamente la voce per 3 giorni, destinato al dileggio più impertinente dei miei colleghi Rai a Madrid.

Cornelio, come un ultras, mi abbraccia, urla il nome di Rossi, bacia la bandiera tricolore, e, ingenuamente, mi chiede: “Carlo, ma gli incontri di calcio sono sempre così?”.

No, Cornelio, hai debuttato con il “top” dei godimenti, e mentre penso queste cose, vedo decine di brasiliani piangere, regalando agli italiani i biglietti per la finale.

 

LA MIA WEBCRONACA SU YOUTUBE

https://www.youtube.com/watch?v=dn3AV1I1dZc

 

MADRID, 11-7-1982

 

ITALIA-GERMANIA OVEST 3-1

 

GRIDARE DIETRO MARTELLINI

 

Per 12 anni avevo custodito, ricordando Italia-Germania 4-3, quel grido strozzato che, nella telecronaca di Nando Martellini, celebrava il gol di Rivera: “Vinciamo! Vinciamo! Vinciamo!”.

Era la voce del regista Mario Conti, seduto vicino a Nando, che non riusciva a trattenere la sua gioia, e inconsapevolmente entrava nelle case di milioni di italiani, assecondando l’euforia.

L’11 luglio 1982, all’interno dello Stadio Bernabeu, penso che anch’io vorrei lasciare impresse orme del mio tifo, se mi piazzassi dietro a Martellini, per un altro Italia-Germania, finale dei Mondiali.

Sono con Beppe Berti, responsabile dello sport del TG2, e il telecronista, cortese, ci dice che possiamo stare appollaiati dietro di lui, anche perché il settore-stampa è gremito all’inverosimile.

Un’ora prima del fischio d’inizio, abbiamo la misura esatta dell’attesa italiana: sale in tribuna d’onore Sandro Pertini, e saluta la folla, spronandola, come Mussolini dal celebre balcone.

Il popolo azzurro non aspetta altro, ed è impressionante sentire l’esplosione “Italia, Italia” di almeno 50 mila connazionali, che sventolano bandiere tricolori di ogni tipo, dappertutto.

Ma quando si entra nel vivo, 3 circostanze sembrano spiegare che il vento della vittoria si è esaurito: si spezza il nastro dell’inno, salta la spalla di Graziani, e va fuori il rigore di Cabrini.

Nell’intervallo, l’umore è comune: forse la fortuna ci ha abbandonato, forse i 5 gol di Rossi in 2 partite sono stati il massimo dei prodigi, e torna la maledetta paura di fallire.

All’inizio della ripresa, però, l’inerzia dell’incontro è favorevole, e all’ennesimo fallo di Stielike su Oriali, urlo quel “Basta!”, che resterà nella registrazione del match.

All’11′ del secondo tempo l’1-0 è una partenza dei 100 metri: il cross di Gentile è lo sparo, si proiettano in 5, nello stesso momento, sulla linea bianca,  e qualcuno tocca il pallone per primo.

Gol! Gol! Gol! Quando i giocatori si rialzano, è il solito italiano-medio, con un fisico da ragioniere, a saltare verso il cielo, e a farci capire di aver cambiato la traiettoria: il signor Rossi.

Al 21′ la rete del raddoppio equivale a un “torello” in allenamento: Tardelli, Rossi, Scirea, colpo di tacco a matare i tedeschi, Oriali, Tardelli, che, cadendo, scaraventa la sfera sotto la traversa.

Al 31′ il contropiede all’italiana sembra ritagliarsi il suo spazio di gloria: volata infinita di Conti, assist per Altobelli, e 3-0, con Pertini che grida “No, non ci prendono più!”.

Il gol del 3-1 di Breitner non muta il destino della partita, e vedo Vladimiro Caminiti, lo scrittore-poeta di “Tuttosport”, in piedi, rapito dagli ultimi palpiti del match.

Gli sussurro che è bello, in un momento così romanticamente irripetibile, contare i secondi che mancano con lui, il più sognatore di tutti i colleghi: sorride, mi accarezza, ed è l’apoteosi.

 

MADRID, 11-7-1982

 

ITALIA-GERMANIA OVEST 3-1

 

LA RINUNCIA DI BEARZOT

 

Bearzot, allenatore dell'Italia Campione del mondo nel 1982

Bearzot, allenatore dell’Italia Campione del mondo nel 1982

 

Il triplice fischio di chiusura dell’arbitro brasiliano Coelho coincide con il triplice grido di vittoria di Nando Martellini: “Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”.

Saprò tutto ciò solo in Italia, perché prima mi accosto alla scaletta sulla quale saliranno i giocatori per la premiazione, e poi mi accingo a una intervista storica.

Prima della finale, ci è stato garantito che, alle 23,00, Enzo Bearzot sarà presente all’ultimo piano dello Stadio, per i 10 minuti di collegamento unilaterale concessi alla Rai.

Alle 22,45 Giampiero Galeazzi per il TG1, Gianfranco De Laurentis per il TG2, e io per il TG3 ci troviamo davanti all’ingresso dello studiolo, pronti a spartirci il tempo: 3 minuti a testa.

Ho 27 anni, ammetto di sentirmi in soggezione rispetto a colleghi autorevoli più grandi di me, e mi limito a condividere il loro pessimismo nei riguardi dell’arrivo puntuale di Bearzot.

Ci sembra impossibile che, nel caos dei festeggiamenti in campo, qualcuno gli possa avere ricordato quell’impegno con le telecamere, anche alla luce di rapporti con la stampa comunque tesi.

Alle 22,55 osserviamo Enzo ancora issato in trionfo dai suoi ragazzi, e io, ormai rassegnato a non incontrarlo, mi auguro solo che lo straordinario risultato abbia sopito i rancori.

Mai si era svolto un Mondiale così condizionato dai contrasti giornalisti-squadra, al punto che erano in tanti a individuare nella smania di dare una lezione ai critici la chiave della vittoria.

Alle 22,59, grazie a chissà quale ascensore misterioso, in grado di eludere qualsiasi ostacolo, ecco spuntare, come una apparizione, Bearzot, accompagnato dal dirigente Vantaggiato.

Abbraccia Galeazzi, abbraccia De Laurentis, gli sorrido, ma non incrocia il mio sguardo: sará confuso, non avrà visto, penso, anche perché il tempo passa, e non c’è spazio per i convenevoli.

Il “Processo del lunedì”, per il quale lavoro da 2 anni, ha tenuto una linea molto polemica, ma Enzo sa che in questi Mondiali mi sono occupato di telecronache, e non “schede”.

2 sedie, una per lui e una per il cronista di turno: dalle 23,00 alle 23,03 tocca a Galeazzi, con De Laurentis che gli indica i minuti, e dalle 23,03 alle 23,06 De Laurentis, con io che cronometro.

Alle 23,06 è il momento, sicché mi avvicino, allegro e gaudente, lo saluto, mi siedo, e mentre fletto le gambe, si alza: nonostante l’intervento dei colleghi, se ne va.

Molti mesi più tardi, prendendo atto di una mia lettera, spiegherà che non aveva nulla contro di me, ma che nell’occasione rappresentavo il “Processo del lunedì” e Aldo Biscardi.

Alle 23,10 di quel magico 11 luglio 1982, dimentico la festa, e con tutto il bene che voglio a Enzo, non gli perdonerò mai di avermi rovinato una delle massime gioie di sempre.

 

LA MIA “SCHEDA” PER “IL PROCESSO DEL LUNEDI’”: DA 3’20” A 5’40”

https://www.youtube.com/watch?v=MbOGSqQ-4gs


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