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Le mie letture – Cattedrale di Raymond Carver

Da Marcofre

Quel pomeriggio tornò a casa e la trovò tutta sistemata e in ordine e i bambini con i vestiti puliti. In cucina, Keith e Sarah, in piedi sulle seggiole, aiutavano la signora Webster a fare i biscotti allo zenzero.

Come si fa a scrivere qualcosa che non sia idiota o banale, a proposito di Carver? Non ne ho idea.
“Cattedrale” racchiude dodici storie di un’America che in fondo già conosci. Film, telefilm, hanno raffigurato alla perfezione (non sempre in realtà, a volte in modo approssimativo), ambienti e situazioni di una società che scorre accanto ai grandi eventi.

Il pregio di Carver è di aver dimostrato che la letteratura è tale se si china su questi frammenti sparsi, abbandonati sul ciglio delle strade polverose degli Stati Uniti, e li raffigura.
O li dipinge?

Prima di continuare: un pensiero anche al traduttore, Riccardo Duranti. Si tratta di una figura il più delle volte dimenticata nel panorama letterario; ma la fortuna di un autore straniero, passa attraverso il lavoro, la sensibilità di un altro scrittore.

Spesso in questi racconti esiste una rara potenza, che spinge il lettore a fermarsi, a rileggere. La parola quieta, che non grida, che non ricorre a strategie o trucchi, sfodera una capacità di seduzione sorprendente. Per questo al termine di un paragrafo, si torna indietro: si percepisce di essere passati attraverso la magia, e si desidera capire meglio, comprendere come sia accaduto.

Perché le storie di gente comune, che tira a campare, e chissà come andranno a finire (perché ci si sorprende a chiedersi: e poi?), riescono a stabilire con il lettore una relazione tanto sana e potente?
Difficile rispondere; si tratta di talento, in quantità industriali; di fermezza nella ricerca quasi ossessiva della parola esatta, che si porge al lettore senza fronzoli, o furberie.

Di umiltà, perché Carver osserva e partecipa a queste esistenze (anche alla sua), senza mai abbandonare il suo sguardo di simpatia, e pietà.
La lezione di questo autore è composta da una fede (o fiducia), profonda nei confronti della parola. Non la considera mai il mezzo per diventare ricco; semmai, gli è di ostacolo a una vita un poco più tranquilla, regolare.

Le sue giornate spese a caccia di un paio d’ore per scrivere, e basta; mentre moglie, e figli sono in una stanza accanto, a riposare, o a fare qualcosa per cui non è richiesta la sua presenza. Il riposo, sacrificato a limare, rendere migliore una manciata di frasi. Senza alcuna reale certezza di ottenere poi qualcosa di tangibile.

“Cattedrale” è uno dei più lievi, eppure robusti esempi di letteratura “impegnata”; non perché vengano denunciate storture o ingiustizie, anzi. I dodici racconti qui raccolti fanno molto di più: rammentano a ciascuno di noi quanto sia importante accostarsi all’altro senza furori o volontà di giudizio. Ci ricordano dell’umanità che vive accanto a noi, che siamo noi, domandandoci almeno attenzione e compassione.

Raymond Carver, dimostra che l’arte è accanto a ciascuno, e non saperla cogliere, raccontare o almeno proteggere, ci rende meno umani, più stupidi.
Di più: ci ricorda che l’arte è una faccenda che riguarda tutti noi.

Cattedrale (Beat Edizioni).


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