Le palle (di Natale) di Belpietro. C’è una stampa da rottamare
Creato il 28 dicembre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Insomma. Ci sono due tizi, che per brevità chiameremo Gianni (che nome del cazzo!) e Pinotto, che se ne vanno in giro per l’Italia a raccontare balle. E a chi decidono di andarle a raccontare in anteprima mondiale assoluta? A chi di balle se ne intende, ovviamente. Dunque. Scenario da fantapolitica. Interno giorno. Redazione di Libero. Arrivano con fare circospetto due signori dall’aria un po’ così, come quelli che hanno visto Genova. Hanno la faccia un po’ così, un trench lercio, occhiali scuri e quando camminano hanno bisogno di sostegno reciproco, si muovono poggiando la spalla destra alla sinistra dell’altro. In perfetto dialetto andriese chiedono di parlare con il direttore, quello del presunto attentato del quale non si sa più nulla esattamente come non si sa nulla dello schiaffeggiatore di Capezzone. A Maurizio Belpietro basta pochissimo per rendersi conto che quello che Gianni (che nome del cazzo!) e Pinotto gli stanno raccontando è vero, è sufficiente un’occhiata, come con il suo caposcorta. La storia che i due gli raccontano suona pressappoco così: “A primavera ci sarà un attentato contro Gianfranco Fini. Oddio, un attentato proprio no, uno scherzo un po’ pesante. Uno scherzo pesante...un gioco! Quando verrà sicuramente in Puglia per la campagna elettorale gli spareremo. Oddio, gli spareremo proprio no. Un colpetto con una pistola giocattolo e i proiettili di gomma. Però lo centreremo e lo feriremo. Oddio, feriremo, quasi. Nel casino che seguirà il bersaglio centrato, noi spariremo dalla circolazione non senza aver detto a compare Piergi (altro nome del cazzo!), che l’attentato è opera della cosca che fa capo a Berlusconi. Oddio, cosca proprio no, club privée. Così Fini farà la parte dell’eroe e Berlusconi se lo piglierà ‘ntoculo come dice il compare Cetto La Qualunque”. Ma i due, per convincere ancora di più il Ballista d’oro 2010, gli dicono anche di essere disposti a testimoniare in tribunale, così i mandanti dello scherzo a Gianfranco Fini si convinceranno che i 200mila euro promessi sono pochi. Belpietro li guarda basito. Non sa che fare. Chiama il suo caposcorta e gli domanda come si fa a rendere credibile la notizia. Il caposcorta gli risponde “Ma se non lo sa lei che ci campa!”. Ed ecco l’illuminazione, Belpietro pubblicherà la notizia dell’attentatuni sulla prima pagina del giornale più british d’Italia: Libero...di scrivere puttanate. Succede un putiferio. Il procuratore di Milano Spataro lo chiama perché vuole vederci chiaro, il procuratore di Trani Carlo Maria Capristo apre un fascicolo, Capezzone gli da immediatamente la solidarietà per essere stato a contatto con due attentatori ed esserne venuto fuori incolume. Cicchitto grida al complotto, non contro Fini poveretto, ma contro Berlusconi mentre dalle parti di Fli inizia il fuoco di fila contro Belpietro che non ha fatto altro che “il suo dovere di cronista” (come ha argutamente osservato il filo-berlusconiano in incognito Enrico Mentana). Riportiamo, perché il più completo e perché esente da battutacce come quelle di Flavia Perina, il commento di Italo Bocchino: “L'editoriale di Maurizio Belpietro rasenta una patologia che riguarda certa stampa e qualche giornalista in particolare. Per far felice l'editore di fatto del suo quotidiano Belpietro ipotizza un attentato che ferisce Fini per danneggiare Berlusconi. Una tesi folle frutto di menti folli che la dice lunga sullo scadimento di certo giornalismo”. E tanto per non citare sempre la stampa anglosassone, possiamo dire che se una notizia come quella pubblicata da Belpietro fosse apparsa su un qualsiasi quotidiano inglese o americano, l’editore avrebbe prima chiesto al direttore le fonti, poi gli avrebbe domandato se le avesse verificate e poi lo avrebbe licenziato in tronco. Ma voi ce lo vedete Berlusconi che licenzia Belpietro? Intanto Gianni (che nome del cazzo!) e Pinotto sono stati visti dalle parti di Arcore con il trench lercio, gli occhiali scuri e una mazzetta di banconote in mano attendere il prossimo carico di signorine che, visto quanto ne ha pagata una Gianfranco Fini (5mila euro), o ti presenti con la moneta o non trombi, al massimo te lo pigli ‘ntoculo.
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