Sono molto contenta di ospitare per un Guest Post Daniele aka BABBOnline. La sua bambina ha cominiciato a dire le prime parole, e il suo papà ci descrive questo passaggio, questa terra di mezzo. La lingua che noi grandi parliamo con i bambini ha bisogno di evolvere con loro, e Daniele ci racconta in modo molto tenero e preciso quali sono le difficoltà in questa fase. Ecco il suo racconto, se volete anche voi raccontarci le vostre storie ci trovate a questo indirizzo email: [email protected] (Gli altri ospiti li trovi qui!)
Da alcuni mesi mia figlia ha iniziato a inserire le sue prime parole nella nostra comunicazione. E’ un grande momento, sia per lei che per noi, che segna il passaggio dalla ripetizione di parole all’uso consapevole per identificare oggetti e situazioni.
Ci siamo accorti che, paradossalmente, la comunicazione è diventata più difficile. Mentre prima attraverso i gesti, forse come comunicazione universale, era più semplice capire quello che voleva dirci, adesso siamo entrati in una terra di mezzo fatta di una lingua quasi straniera. Molte volte le parole si somigliano, è come quasi dover fare l’orecchio a un’altra pronuncia, o le frasi sono dette velocemente e spesso solo borbottate.
Mentre prima era facile tradurre un gesto che indicava un oggetto particolare, adesso ci troviamo di fronte un esserino che ci guarda parlando una sua lingua che solo in alcune parti coincide con la nostra e che, comunque, deve essere interpretata.
Non è sufficiente sorridere e dire di sì, lei ha chiesto qualcosa e vuole una risposta. Noi proviamo a chiedere di ripetere per capire cosa vuole. Lei si rende conto dell’incomprensione e spesso si arrabbia. La frustrazione è di entrambi. Per noi deriva dal non riuscire a darle subito una risposta e incoraggiarla in questa nuova forma di comunicazione. Una volta capita la parola, realizziamo che poteva essere scambiata almeno per un’altra.
Non ci resta che sfruttare l’intero spettro delle forme di comunicazione e siamo diventati molto attenti agli altri dettagli, il suo sguardo, i suoi movimenti impercettibili e involontari che indicano una direzione. Tra l’altro, questo ci impone un ragionamento molto veloce sulle possibili alternative. Se si sveglia nel cuore della notte e chiede “tetto”, è ormai facile cercare l’orsetto probabilmente perso tra le coperte. Ma non sempre è così intuibile.
In questo serve molto il gioco di squadra tra babbo e mamma. Alcune volte pur non essendo nella stessa stanza ma sentendo quanto detto, l’altro genitore fornisce la dritta giusta perché ha capito per primo la parola.
Giorno dopo giorno partecipiamo in prima persona al meraviglioso percorso evolutivo che la porterà all’uso quotidiano di parole e frasi, senza mai dimenticare la regola che vale anche tra gli adulti: le parole aiutano ma sono solo una parte della comunicazione.