Rappresentazione artistica del pianeta Beta Pictoris b. Crediti: ESO L. Calçada/N. Risinger
Recenti osservazioni realizzate con il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO hanno determinato, per la prima volta, la velocità di rotazione di un esopianeta. Il giorno di Beta Pictoris b risulta essere di sole otto ore, molto più veloce dei pianeti del Sistema Solare – il suo equatore si muove a quasi 100 000 chilometri all’ora. L’esopianeta orbita a una distanza di circa otto volte la distanza Terra-Sole dalla stella madre - diventando così l’esopianeta più vicino a una stella di cui si stata ottenuta l’immagine. Con lo strumento CRIRES installato sul VLT, un’equipe di astronomi olandesi dell’Università di Leida e dell’Istituto olandese per la ricerca spaziale (SRON) ha misurato la velocità di rotazione equatoriale dell’esopianeta. Per confronto, l’equatore di Giove si muove a una velocità di circa 47 000 chilometri all’ora, mentre la Terra si muove a circa 1700 chilometri all’ora. Beta PIctoris b è più di 16 volte più grande e 3000 volte più massiccio della Terra, eppure un giorno sul pianeta dura solo 8 ore.
Questo grafico mostra la velocità di rotazione di diversi pianeti nel Sistema Solare insieme a quella recentemente misurata per il pianeta Beta Pictoris b. Crediti: ESO/I. Snellen (Leiden University)
“Non si sa perché qualche pianeta ruota più velocemente e qualche altro più lentamente”, ha detto il coautore della ricerca Remco de Kok, “ma questa prima misura della rotazione di un esopianeta mostra che la tendenza vista nel Sistema Solare, per cui i pianeti più massicci ruotano più velocemente, è vera anche per gli esopianeti. Questa potrebbe essere una conseguenza universale del modo in cui si formano i pianeti”. Questo nuovo risultato estende agli esopianeti la relazione tra la massa e la rotazione osservata nel Sistema Solare. Tecniche simili permetteranno in futuro agli astronomi di produrre mappe dettagliate degli esopianeti con il telescopio E-ELT (European Extremely Large Telescope).
Questa immagine, basata su dati della DSS2 (Digitized Sky Survey 2) mostra una regione di circa 1,7 x 2,3 gradi intorno a Beta Pictoris. Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2
L’esopianeta Beta Pictoris b è in orbita intorno alla stella Beta Pictoris, visibile a occhio nudo che si trova a circa 63 anni luce dalla Terra nella costellazione australe del Pittore. Questo pianeta è stato scoperto quasi sei anni fa ed è stato uno dei primi esopianeti di cui è stata ottenuta un’immagine diretta. Ha anche altri nomi, come per esempio HD 39060, SAO 234134 e HIP 27321, ed è uno degli esempi più noti di una stella circondata da un disco di detriti di polvere. Beta Pictoris b è un pianeta molto giovane: ha solo 20 milioni di anni, contro i 4,5 miliardi di anni della Terra. Con l’andare del tempo, ci si aspetta che l’esopianeta si raffreddi e rimpicciolisca, cosa che lo farà ruotare ancora più velocemente. Questa è una conseguenza della conservazione del momento angolare e ha lo stesso effetto di un pattinatore su ghiaccio che ruota più rapidamente quando porta le braccia vicine al corpo. D’altra parte, altri processi potrebbero essere in gioco per cambiare la velocità di rotazione del pianeta. Per esempio, la rotazione della Terra sta rallentando nel tempo a causa dell’interazione mareale con la Luna.
“Si tratta di un risultato molto importante che dimostra come sia possibile derivare proprietà fisiche dettagliate degli esopianeti su casi reali”, ha detto a Media INAF Giusi Micela, direttrice dell’Osservatorio astronomico di Palermo dell’INAF.
“Questo pianeta, che ruota più velocemente di Giove e ha una massa maggiore, segue, estendendola, la relazione rotazione-massa valida per i pianeti del nostro Sistema Solare, pur essendo in orbita attorno a una stella più massiccia del Sole e molto più giovane”, ha specificato. “Il risultato suggerisce che la relazione massa-rotazione possa avere una valenza universale legata ai meccanismi di formazione dei sistemi planetari (incluso il nostro!). La rotazione di un pianeta è rilevante anche per gli studi atmosferici determinando la differenza di temperatura fra il giorno e la notte”.
Le osservazioni hanno fatto ricorso all’ottica adattiva, la quale compensa la turbolenza atmosferica della Terra che distorce le immagini ottenute anche nei migliori siti astronomici al mondo. Questa tecnica permette agli astronomi di produrre immagini super-nitide, quasi quanto quelle che si possono ottenere dallo spazio. Gli astronomi hanno usato una tecnica precisa detta spettroscopia ad alta dispersione per suddividere la luce nei suoi colori costitutivi – le diverse lunghezze d’onda dello spettro. Il principio dell’effetto Doppler (Doppler shift in inglese) ha permesso di usare la variazione di lunghezza d’onda per rivelare come le diverse parti del pianeta si muovano a velocità diverse e in direzioni opposte rispetto all’osservatore. Rimuovendo con attenzione l’effetto della stella madre molto più brillante sono stati in grado di estrarre il segnale di rotazione del pianeta.
“Abbiamo misurato la lunghezza d’onda della radiazione emessa dal pianeta con una precisione di una parte su centomila, rendendo le misure sensibili all’effetto Doppler che può rivelare la velocità dell’oggetto che emette la radiazione”, ha spiegato il primo autore Ignas Snellen. “Usando questa tecnica troviamo che diverse parti della superficie del pianeta si muovono avvicinandosi o allontanandosi da noi a velocità diverse: questo può solo significare che il pianeta ruota intorno al proprio asse”. La tecnica è legata strettamente alla topografia Doppler, utilizzata da decenni per mappare la superficie delle stelle e recentemente quella della nana bruna Luhman 16B.
“Con gli strumenti futuri sarà possibile estendere questi studi anche per pianeti in regimi diversi”, ha aggiunto Micela. La veloce rotazione di Beta Pictoris b implica che in futuro sarà possibile ottenere anche una mappa globale del pianeta che mostri la possibile distribuzione delle nubi o le grandi tempeste. ”Questa tecnica può essere usata su un campione molto più grande di esopianeti con la risoluzione e sensibilità eccellenti dell’E-ELT e con uno spettrografo ad immagine ad alta dispersione. Con il previsto METIS (Mid-infrared E-ELT Imager and Spectrograph) saremo in grado di produrre mappe degli esopianeti e caratterizzare pianeti molto più piccoli di Beta PIctoris b sfruttando questa tecnica”, ha concluso l’investigatore principale di METIS e coautore del nuovo articolo, Bernhard Brandl.
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni