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Mi chiedi, Lucilio, quale sia l’imprecazione più adatta ad ogni occasione. E’ una premura degna di un uomo meritevole, quella di considerare con moderazione quale e quanta enfasi porre nell’espressione coram populo delle proprie emozioni turbate. Mille e poi mille sarebbero i fattori che andrebbero considerati a priori, per valutare il giusto peso da scaricare nel moccolo: dalla composizione dell’auditorio presente ai suoi rapporti di parentela, amicizia, vicinanza od estraneità con l’estensore dell’esclamazione. E’ indubbio che la natura dell’evento scatenante condizioni, anzi, instradi la scelta dell’invettiva. Se in un giorno di festa, con la tua nuova toga indosso, ti recassi ai Fori per le salutazioni e ti capitasse l’inauspicabile evento di esser fatto bersaglio di deiezione da parte di una sconsiderata cornacchia proveniente dal Pantheon, “Merda!” sarebbe il commento più appropriato, giacché non potrebbe non essere valutato come un’obiettiva constatazione dell’accaduto. Se nella calca del Circo Massimo, all’appressarsi di una biga favorita alla curva dell’obelisco, sentissi appoggiarsi alle tue basse terga un nodoso randello che qualche villico brandisce senza ritegno, saresti autorizzato dalla buona creanza ad esclamare “Cazzo!”, sfoderando così la tua consapevolezza propriocettiva ed altresì un immediato riconoscimento delle manifestazioni naturali. Se, Giove non voglia mai, tornando anticipatamente da una passeggiata nell’agro romano, magari corroborato dal fruttuoso bottino di una bella cesta di lumache, trovassi profanato il talamo nuziale dall’orribile visione del fratello di tua madre mentre viene – horribile dictu – fellato senza ritegno dalla sua anziana genitrice, nessuno dei più rispettabili uomini di questo grande impero si sentirebbe mai di biasimarti se, stravolto dalla blasfemia dell’epifania, prorompessi in un sentito “Porco Zio! Porca Mia Nonna!”.
Est modus in rebus, Lucilio, ma quanno ce vo’ ce vo’!