Pubblicato da lapoesiaelospirito su maggio 7, 2012
di Guido Michelone
Colette – al secolo Sidonie Gabriele Colette (1873-1954) – valutata post mortem tra le grandi scrittrici novecentesche, in vita risulta instancabile animatrice della vita parigina a cavallo tra due epoche culturali decisive, a modellare l’immagine di una città, di una nazione, persino di un modus vivendi poi internazionalizzato: sono, nel cosiddetto primo Novecento, da un lato la Belle Époque, dall’altro le avanguardie storiche, di cui la Ville Lumière, soprattutto negli anni di vita di Colette, artisticamente compresi fra l’altro tra impressionismo e art brut, resta ineguagliabile capitale cosmopolita. Colette ha un’esistenza disinvolta, curiosa e scandalosa per l’epoca, dove però i comportamenti si riflettono spesso in una scrittura profondamente femminile, magari femminista ante litteram, pur esagerando spesso, nella prosa, con vezzi e frivolezze, che , a loro volta, mettono in scena la diversità del ruolo della donna in un tempo sempre più accelerato di metamorfosi sociali, civili, antropologiche.
Ora, in Italia, dopo il tardivo boom editoriale degli anni Ottanta, con i molti libri usciti da Adelphi (Chéri, Gigi, Il kepì, Sido, Il puro e l’impuro, Il mio doviziato, Il grano in erba, Julie de Carneilhan), arriva sugli scaffali delle librerie, ben tradotto da Angelo Molica Franco questo Prigioni e paradisi (Prisons et paradis in originale) raccolta di scritti più o meno occasionali realizzati tra il 1912 e il 1932: sono quarantuno brevi pezzi, talvolta racconti veri e propri, talaltra riflessioni, pensieri appena abbozzati o note di costume per riviste celebri, nelle quali l’Autrice riserva un sapere in apparenza effimero, mondano, ciarliero, volubile, mentre a una lettura approfondita il lettore odierno può notare una raffinatezza stilistica impressionante e una scioltezza narrativa encomiabile (raffinatezze e scioltezza che purtroppo in parte si perdono in traduzione per differenze linguistiche obiettive).
Colette in Prigioni e paradisi descrive insomma il bello (e in parte il brutto) della realtà quotidiana a lei cara o vicina, ponendosi anzitutto di fronte a mondi poco frequentati dalla letteratura sperimentale (e non) di allora: eccola quindi alle prese con osservazioni sugli animali (il capitolo Paradisi terrestri) ai ritratti di celebrità (Da Chanel a Laudru), fino ai viaggi in Marocco e Alegria (allora domini coloniali francesi), non senza trascurare le varietà floreali della Treille Muscate o le abitudini culinarie borgognone. Elegante ed estatico, questo libro completa l’universo metamorfico e sensoriale di una prosatrice sopraffina.
Colette, Prigioni e paradisi, Del Vecchio Editore, Roma 2012, pagine 208, euro 13,00.