Giusto vent’anni fa, era il 1995, il gruppo dei “Neri per caso” si è imposto nella sezione nuove proposte di Sanremo. Nel 2015, su un manifesto in una stazione della metropolitana di Milano, è possibile leggere un verso del testo di quella canzone che, lo ricordo ai più smemorati, era quel capolavoro di arte contemporanea dal titolo “Le ragazze”. Ci ho fatto caso proprio ieri, a ridosso della nuova edizione del Festival. Il passaggio, scritto con il pennarello nero sulla locandina di un noto ente di formazione per futuri disoccupati della comunicazione, è il celebre “si può amare da morire ma morire d’amore no”. Una coincidenza che era un peccato non coglierla, pensate a quanti e quali link colti si possono esercitare con uno spunto di questo tipo. I “Neri per caso”, per dispetto ai quali un gruppo di amici cantanti e comunisti aveva formato una temporanea parodia con il nome di “Rossi per scelta”, sono altrettanto degni di oblio dei temutissimi “Ladri di biciclette” di quella sagoma di Paolo Belli (ma per lo meno più simpatici), e poco più su nell’immaginario collettivo dei “Ragazzi italiani” se non altro per esser stati i precursori di tutta quella fuffa a cappella fuoriuscita da quel capolavoro di sotttocultura trash che è XFactor. Ci ricordiamo sicuramente più i “Neri per caso” dei numerosi gruppi vocali spremuti dalle scuderie di Morgan e soci per poi tornare nella zona grigia dell’indifferenza canora nazionale. Ma il punto è che qualcuno ricorda ancora il ritornello de “Le ragazze” tanto da divulgarlo abusivamente su un manifesto pubblicitario, uno dei tanti messaggi criptici che i visionari urbani lasciano ai passanti. Quegli sforzi inutili come “stop the chemtrails” dal fascino grillista o “colonna gamberi” e tutta la serie degli slogan sui noti crostacei che si leggono un po’ ovunque sui muri di questa città, probabilmente in balia di un novello Bubba direttamente da Forrest Gump che ci spiega i nuovi usi che se ne possono fare. Questa cosa delle scritte senza senso, che è ben altro rispetto ai writers ma altrettanto dannoso, non so perché ma la collego a un’illuminazione che ho avuto tempo fa, e cioè che un idiota con un dispositivo smart resta sempre un idiota. Nei primi anni 80 dalle mie parti andava invece di moda la parola “respiri”, un nome molto evocativo che qualcuno scriveva ovunque. C’era una scritta di “respiri” in Via Balbi a Genova, dalle parti della Facoltà di Lettere, che ai tempi dell’Università era ancora carrabile e vittima di un traffico e di inquinamento che non vi sto a dire, stretta com’è, tanto che qualcuno, a “respiri”, aveva aggiunto il complemento oggetto più adeguato al contesto, e cioè “cancro”.
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