( Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale)
1. Le Decisioni
Con Comunicato Ufficiale n. 10/CDN pubblicato il 2 agosto scorso sono state rese note le decisioni (peraltro già largamente e puntualmente anticipate nei giorni precedenti dagli organi di informazione) e le motivazioni delle stesse relativamente alle gare in oggetto.
Con riferimento alla partita Lazio-Genoa del 14 maggio 2011, nei confronti dei deferiti, Carlo Gervasoni, Alessandro Zamperini, Omar Milanetto e Stefano Mauri sono state pronunciate le seguenti decisioni :
Gervasoni, squalifica di 2 mesi, ai sensi dell’art. 23 del Codice di Giustizia Sportiva(CGS), avendo patteggiato e ai sensi dell’art. 24 del medesimo Codice, avendo ammesso le proprie responsabilità e avendo fattivamente collaborato per la scoperta e l’accertamento di violazioni regolamentari; Zamperini, squalifica di 2 anni per la partecipazione agli illeciti sportivi concernenti, oltre la gara Lazio-Genoa, la gara Lecce-Lazio; Milanetto, assoluzione da ogni incolpazione; Mauri, squalifica di 6 mesi per omessa denuncia dell’illecito relativo alla gara Lazio-Genoa.
Le Società, Genoa e Lazio, deferite per responsabilità oggettiva in relazione alle incolpazioni attribuite ai propri tesserati ( Milanetto e Mauri), sono state, rispettivamente, assolta da ogni responsabilità, il Genoa, a seguito dell’assoluzione del proprio tesserato, Milanetto, e a € 40.000 di ammenda la Lazio, a seguito della condanna del proprio tesserato, Mauri, per omessa denuncia dell’illecito relativo alla gara Lazio-Genoa.
Con riferimento alla partita Lecce-Lazio del 22 maggio 2011, nei confronti dei deferiti, Massimiliano Benassi, Mario Cassano, Stefano Ferrario, Carlo Gervasoni, Stefano Mauri, Antonio Rosati, Alessandro Zamperini, sono state pronunciate le seguenti decisioni: Benassi, assolto; Cassano, squalifica di 4 mesi per violazione dell’art. 1 del CGS ( doveri di lealtà, correttezza e probità); Ferrario, squalifica di 6 mesi, per omessa denuncia dell’illecito; Gervasoni, come sopra specificato per la gara Lazio-Genoa; Mauri assolto; Rosati, assolto; Zamperini, come sopra specificato per la gara Lazio-Genoa.
Le Società, Lecce e Lazio, deferite per responsabilità oggettiva in relazione alle incolpazioni di propri tesserati, sono state, rispettivamente, assolta la Lazio, a seguito dell’assoluzione di Mauri e condannato il Lecce ad una ammenda di e€ 20.000 per omessa denuncia del proprio tesserato Ferrario.
2. Le Motivazioni
Le motivazioni delle decisioni di cui sub 1 possono essere così riepilogate.
a) Lazio-Genoa: le accuse di Gervasoni sono state considerate attendibili, non evidenziando i rapporti con i soggetti chiamati in correità ragioni specifiche di inimicizia o rancore, non essendo frutto di una decisione strumentale per alleggerire la propria posizione processuale ed essendo risultate, rispetto all’illecito contestato, precise, coerenti, costanti e spontanee.
Inoltre, Gervasoni avrebbe riferito circostanze apprese direttamente e, quanto alle dichiarazioni de relato, queste possono comunque essere utilizzate e costituire elemento indiziario idoneo a fondare la dichiarazione di colpevolezza del deferito, a condizione che esse siano confortate da riscontri estrinseci certi, univoci, specifici, individualizzanti, tali da consentire un collegamento diretto ed obiettivo con i fatti contestati e con la persona accusata.
E’ ritenuta provata la ragione dell’incontro tra Zamperini e Mauri, avvenuto il 14 maggio 2011 a poche ore dall’inizio della gara Lazio-Genoa, consistente nella “volontà del gruppo dei c.d.”zingari” di prendere contatto con il calciatore Mauri attraverso l’amico di questi Zamperini, al fine di proporre ed ottenere l’alterazione dell’imminente gara sulla quale gli stessi avrebbero scommesso ingenti somme di denaro“.
Risulta non credibile la spiegazione fornita da Mauri e Zamperini “per i quali quest’ultimo si era recato presso il ritiro della Lazio esclusivamente per la consegna dei biglietti per la gara in programma in serata. Infatti, Zamperini non avrebbe avuto alcuna ragione di portare con se l’appartenente al gruppo degli “zingari” se l’incontro in questione fosse stato preordinato unicamente alla consegna di titoli per l’ingresso allo stadio”.
Nonostante tutto ciò, tuttavia, la Commissione “ritiene non sufficientemente provata la responsabilità di Mauri in ordine all’adesione ed alla partecipazione attiva all’illecito contestato”.
Quanto sopra perché non appaiono indizi univoci di tale responsabilità nei contatti intervenuti tra Mauri e Zamperini il giorno della gara, potendo ben spiegarsi tali contatti con l’amicizia pluriennale esistente tra i due e perché “non appaiono rilevanti, quali riscontri individualizzanti rispetto alla condotta contestata, i contatti telefonici tracciati in atti tra Mauri e Aureli”, essendo tali contatti plausibilmente spiegabili con la necessità di effettuare scommesse su un incontro tennistico in programma in quei giorni.
Neppure il possesso da parte di Mauri di una scheda telefonica “coperta”, fornitagli dall’Aureli, viene ritenuto “di per sè dimostrativo dell’adesione all’illecito”, essendo risultata tale utenza nella disponibilità di Mauri fin dal mese di aprile 2011, epoca di molto anteriore alla preparazione dell’illecito il giorno precedente la gara.
Esclusa per i motivi sin qui esposti la responsabilità di Mauri per l’illecito, la Commissione, però, lo ritiene responsabile di omessa denuncia dello stesso, risultando dimostrata la conoscenza da parte sua dell’illecito programmato da altri soggetti.
Mauri viene, altresì, prosciolto dall’accusa di scommesse vietate sulla gara Lazio-Genoa per il tramite dell’Aureli, in quanto, dai tabulati delle giocate presso l’agenzia gestita da quest’ultimo, emerge che l’unica scommessa vincente venne effettuata ben prima dell’incontro con Zamperini a Formello.
Milanetto è prosciolto da ogni accusa perché l’aggancio dei telefoni di Zamperini e del suo accompagnatore appartenente al gruppo degli “zingari” di una cella telefonica sita in prossimità dell’Hotel dove alloggiavano i calciatori del Genoa, pur essendo un dato oggettivo, “non è tuttavia individualizzante rispetto alla posizione del deferito e, dunque, è inidoneo a collegarlo al fatto per cui si procede, in assenza di qualsivoglia contatto, foss’anche solo per preallertare dell’imminente arrivo tra Milanetto e Zamperini con gli altri soggetti coinvolti nella vicenda“ .
E’ escluso, altresì, che Milanetto abbia avuto contatti con soggetti appartenenti al Genoa in prossimità della gara.
Viene, infine, rilevata l’inconferenza della presenza di Milanetto presso un Hotel di Milano nei giorni successivi alla predetta gara, essendo state le ragioni e le tempistiche di tale presenza chiarite negli atti del procedimento penale e non essendo, comunque, tale circostanza, di per sé, dimostrativa di una eventuale attività illecita.
b) Lecce-Lazio: anche relativamente a questa gara, le dichiarazioni di Gervasoni sono considerate pienamente attendibili.
Ma, anche in questo caso, come nel caso di Lazio-Genoa, la Commissione, pur ritenendo che l’illecito sia stato effettivamente commesso da Zamperini, ritiene , invece, prive di “riscontri individualizzanti esterni” le chiamate in correità di Gervasoni nei confronti di Ferrario, il quale, però, ammette di aver appreso, nel corso di un incontro con Zamperini avvenuto il 20 maggio 2011, presso un Hotel, che vi era un interessamento ad alterare la gara.
Le medesime considerazioni vengono ritenute valide anche per Rosati e Benassi, i quali, peraltro, in mancanza di un qualunque contatto, non possono ritenersi, al contrario di Ferrario, a conoscenza del suddetto interessamento e, quindi, neppure responsabili di omessa denuncia.
La posizione di Mauri è esaminata e risolta piuttosto sbrigativamente mediante un richiamo, per relationem, alle “stesse considerazioni svolte con riferimento alla gara Lazio-Genoa” .
La consegna dei biglietti a Zamperini in occasione di un incontro nella hall di un albergo che ospitava la Lazio la domenica pomeriggio prima della gara non viene considerato elemento rilevante e tale da consentire di ritenere che Mauri si sia attivato presso i propri compagni ai fini dell’alterazione della gara.
E’ opportuno sottolineare che il proscioglimento di Mauri dall’accusa di illecito e di omessa denuncia viene espressamente e cautamente subordinato alla riserva “perlomeno allo stato degli atti, in mancanza di riscontri positivi sulle presunte violazioni contestate a Mauri con riferimento alla gara in epigrafe”.
A questo proposito,va evidenziato che la Commissione, nella Premessa alle proprie decisioni, afferma “E’ opportuno ricordare, infine, che la Commissione è chiamata a giudicare i comportamenti oggetto del deferimento esclusivamente sulla base delle prove che sono state prodotte dalla Procura federale e dalle parti nel presente procedimento. Di conseguenza, le valutazioni della Commissione sono formulate allo stato degli atti, in presenza di un procedimento penale non ancora definito e tuttora in itinere, sicchè non è escluso che le risultanze attuali possano essere superate da acquisizioni future”.
3. Note di Commento
Nella citata Premessa alle sue decisioni la Commissione richiama preliminarmente i principi ed i criteri cui attenersi ai fini delle decisioni stesse e lo fa riconducendosi alla sua più recente giurisprudenza.
Di particolare interesse e rilievo, a mio avviso, è il principio enunciato a proposito della formazione della prova nel procedimento sportivo.
Al riguardo, ribadito che, ai fini di tale formazione, non si applicano le regole del processo penale, in quanto, diversamente “non si comprenderebbe perché bisognerebbe sottoporre una persona due volte agli stessi identici passaggi, quando sarebbe sufficiente attendere l’esito del primo ( n.d.r. il processo penale) per adottare i conseguenti provvedimenti disciplinari”, si precisa
che gli elementi per condannare un soggetto ad una sanzione penale devono avere una consistenza ed una pregnanza tale da superare ogni possibile prova di resistenza, concetto plasticamente espresso nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio”, mentre espungere o allontanare temporaneamente dalla partecipazione ad attività sportive, anche se svolte in forma professionale, potrebbe anche richiedere un livello meno elevato sul piano probatorio.
Affermato ciò, la CDN aggiunge “i riscontri esterni alle chiamate in correità possono essere costituiti anche da ulteriori dichiarazioni accusatorie, le quali devono tuttavia caratterizzarsi: a) per la loro convergenza in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione; b) per la loro indipendenza da suggestioni o condizionamenti che potrebbero inficiare il valore concordanza; c) per la loro specificità, nel senso che la c.d. convergenza del molteplice deve essere sufficientemente individualizzante e riguardare sia la persona dell’incolpato sia le imputazioni a lui ascritte”.
Sempre a proposito della formazione della prova nel procedimento sportivo, cito, di seguito, la giurisprudenza del TNAS ( Tribunale Nazionale Arbitrale dello Sport del CONI), richiamata nell’ambito di una serie di decisioni della Corte di Giustizia Federale (GCF) del luglio 2012.
Per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito-certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale.
Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesta, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio.
A tale principio deve assegnarsi una portata generale, sicchè deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito”
(TNAS, Amodio / Figc, 10 febbraio 2012).
E ancora:
Per irrogare la condanna di un illecito sportivo è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita né il superamento del ragionevole dubbio. Ciò in relazione alle finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni“
(TNAS, Signori/Figc, 26 aprile 2012).
Aggiungasi che la CGF, il 19 agosto 2011 ( Comunicato Ufficiale n.47/CGF del 19 settembre 2011), ha sancito che “La prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta non può che essere, logica piuttosto che fattuale”.
Alla luce di tutti i surriferiti principi (si tenga presente che, nell’ordinamento sportivo, il TNAS è un po’ quello che, nell’ordinamento generale, è la Corte di Cassazione e che la CGF è un po’ quello che, in tale ordinamento, è la Corte d’Appello), l’interrogativo che si pone al commentatore delle decisioni in oggetto è se queste ultime, per quanto concerne pronunciamenti assolutori da illeciti, in toto o con derubricazione a omessa denuncia, possano ritenersi pienamente conformi ai predetti principi.
A me pare di poter dire che, anche e soprattutto nel confronto con le decisioni assunte in materia dalla CDN appena un anno fa, qualche sensibile scostamento vi sia.
Nei casi in oggetto, infatti, la Commissione ha appurato che:
- gli illeciti si sono verificati (l’illecito sportivo è una fattispecie di illecito di pura condotta, che si realizza anche con il semplice tentativo);
- le dichiarazioni di Gervasoni sono attendibili;
- sono stati confermati gli incontri, poco prima delle gare incriminate, tra giocatori delle squadre con soggetti dediti sistematicamente all’alterazione di eventi sportivi; la conoscenza e l’assidua frequentazione di tali soggetti da parte dei predetti giocatori; ripetuti contatti, anche con l’uso di schede telefoniche “criptate”, in prossimità e subito dopo le gare.
Che tutti questi elementi non siano tali da poter fornire una prova, se non fattuale, almeno logica e in termini di probabilità rafforzata, sia pure residuando qualche ragionevole dubbio, della partecipazione di alcuni incolpati agli illeciti accertati, non può non suscitare, a mio parere, qualche perplessità.
A me pare che la Commissione, nei casi in esame, abbia dato assoluta e decisiva prevalenza al criterio della mancanza di riscontri estrinseci alle dichiarazioni accusatorie, pur ritenute attendibili, sotto il profilo della asserita insufficienza dei molteplici riscontri, come sopra elencati, alla individualizzazione di alcuni soggetti incolpati degli illeciti.
Se questo orientamento dovesse consolidarsi, ad onta delle dichiarazioni di principio sulla differenza tra procedimento sportivo e procedimento penale e del fatto che, nell’ambito del primo, non può richiedersi la prova dell’incolpazione “oltre ogni ragionevole dubbio”, in realtà ed in pratica, si possa finire, quanto all’illecito, per avvicinarsi di molto alla richiesta di quest’ultimo genere di prova.
Se, infatti, può diventare dirimente che i riscontri estrinseci debbano necessariamente portare alla individualizzazione certa della persona incolpata della partecipazione all’illecito, è evidente che, in questo modo, non ci si discosterebbe di molto dal pretendere l’esistenza di quella “pistola fumante” che, tenuto conto della natura della violazione e delle modalità con le quali usualmente viene attuata, equivarrebbe ad una pressoché “probatio diabolica”.
Ho, inoltre, l’impressione o, se si vuole, il sospetto che la responsabilità oggettiva per illecito sportivo, con le gravi conseguenze che essa può avere nei confronti di società che, come pure devono ammettere gli Organi della giustizia sportiva (cfr. il punto 6 “Tipologia delle sanzioni applicabili” delle decisioni in esame ), non sono coinvolte “Nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, in quanto posto in essere al di fuori del rapporto sportivo intercorrente tra società e tesserato”, stia agendo, anziché da deterrente, da fattore che può indurre, sia pure inconsciamente, il giudicante a valutare con molta più circospezione, cautela e prudenza, fungendo così da remora, la repressione di quegli illeciti che, paradossalmente, l’istituto della responsabilità oggettiva vorrebbe, invece, contribuire a prevenire e reprimere.
In altre parole, potrebbe darsi che, onde evitare a società, del tutto incolpevoli, penalizzazioni che potrebbero avere su di esse gravi ripercussioni, non solo sportive, ma, anche e soprattutto, economiche, ci si possa indurre ad essere più benevoli ed indulgenti o, se si preferisce, maggiormente garantisti nel valutare condotte di tesserati di quelle società, i quali abbiano avuto qualche ruolo o parte in tentativi, anche non portati a termine, di alterazione di partite.
Una ragione di più per, finalmente, prevedere, quale esimente da responsabilità oggettiva, così come già da tempo proposto da Federsupporter alla FIGC, l’adozione da parte delle società di modelli organizzativi ex Decr. Lgs n. 231/2001, finalizzati ed idonei a prevenire, tra gli altri, illeciti sportivi, previo accertamento da parte degli Organi della giustizia sportiva dell’idoneità e dell’effettivo funzionamento di tali modelli.
In questo modo, non v’è dubbio, almeno a mio avviso, che l’accertamento di eventuali illeciti nei confronti di tesserati potrebbe essere nei fatti, maggiormente agevole , secondo il criterio della “probabilità rafforzata”, sancito, in linea di principio, dalla giurisprudenza sportiva.
4) Alcune ulteriori proposte.
Dall’esame e dalla valutazione della predetta giurisprudenza sportiva, finora formatasi in materia di illecito, mi viene lo spunto per formulare alcune, ulteriori proposte che, con l’occasione, mi permetto di sottoporre all’attenzione di tutti coloro i quali vi possano avere interesse.
La prima di tali proposte consiste nell’inserimento di una fattispecie intermedia tra quelle di illecito e di omessa denuncia.
Penso, infatti, che attualmente non vi sia una adeguata graduazione di gravità e responsabilità in relazione a condotte alterative di gare.
Si va dall’illecito, una sorta di “pena capitale“, all’omessa denuncia, una sorta di “contravvenzione”.
Tra queste due fattispecie andrebbe prevista, come fattispecie intermedia, quella di ”concorso esterno all’illecito”.
La dottrina e una ormai consolidata giurisprudenza, in specie di legittimità, in materia penale, specificano che assume il ruolo di concorrente esterno colui il quale, pur non inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce, tuttavia, uno specifico, consapevole e volontario contributo, di natura, non solo materiale, ma anche morale, con una rilevanza causale nella conservazione o nel rafforzamento delle capacità operative dell’associazione (cfr. Cassazione 16 luglio 2009,n,29458).
In base a tale principio, reputo che un tesserato nell’imminenza o, comunque, prima della gara della propria squadra, venuto a conoscenza di un piano o progetto per alterarla, non lo denunci immediatamente, concorra, pur non facendo parte di un sodalizio intenzionato ad attuare detto piano o progetto, con consapevole, volontaria omissione e, pertanto, con rilevanza causale, alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative del sodalizio.
In questo caso, la fattispecie incriminatrice non dovrebbe essere quella di illecito o di omessa denuncia, bensì quella di concorso esterno all’illecito.
Sempre in questo caso, la sanzione andrebbe graduata in maniera inferiore a quella prevista per l’illecito (per es. riduzione di 1/3 delle pene) e in misura superiore a quella prevista per l’omessa denuncia (12, anzichè 6 mesi, quale misura minima).
Quest’ultima fattispecie si configurerebbe solo nel caso in cui il tesserato, venuto a conoscenza di un piano o di un progetto alterativo di una gara, solo dopo lo svolgimento della stessa, non denunci il fatto.
Le sanzioni per responsabilità oggettiva alle società di appartenenza dei tesserati, come detto sub 3, si applicherebbero solo in assenza dell’esimente della preventiva adozione e dell’effettiva efficacia ed applicazione del modello organizzativo ex Decr.Lgs n.231/2001, funzionale alla prevenzione di illeciti sportivi.
Un’altra proposta consiste nel prevedere che il deferimento di tesserati, nei casi di illecito, di concorso esterno in quest’ultimo e di omessa denuncia, sia una decisione, non più, come oggi, riservata ad un Organo monocratico, il Procuratore Federale, bensì ad un Organo collegiale, composto di tre membri ; vale a dire dallo stesso Procuratore Federale, più altri due membri, scelti tra magistrati in pensione e/o avvocati cassazionisti.
In questo modo, si darebbero, da un lato, maggiori garanzie agli incolpati in ordine alla valutazione delle cause e degli elementi del deferimento, non più affidata ad un sola persona e, dall’altro, si eviterebbe una eccessiva personalizzazione di tale valutazione.
Quanto, infine, alle dichiarazioni rilasciate dal P.M della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cremona, Di Martino ( cfr. “La Gazzetta dello Sport” del 3 agosto scorso), di critica alle decisioni in oggetto, nonché alla replica a tali dichiarazioni del Presidente della FIGC , Abete ( cfr. “La Gazzetta dello Sport” del 4 agosto) e, più in generale, quanto all’incidenza che le suddette decisioni possano avere sul piano penale, faccio osservare che l’art. 2 della legge n. 401/1989, “Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestine, a tutela della correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche”, stabilisce la reciproca autonomia tra il procedimento sportivo e quello penale, fatta salva la possibilità, di cui al comma 3 dello stesso articolo, che gli Organi della giustizia sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza, possano utilizzare copia degli atti del procedimento penale.