Magazine Cinema
Qualche domanda sorta spontanea dopo la visione del film:
1. Cosa è successo al signor Bret Easton Ellis per passare da una scrittura così epica/generazionale a dir poco stantia di The Canyons?
2. Cosa è successo al regista Roger Avary (cosceneggiatore di una cosa come Pulp Fiction, tanto per dire) che dopo aver tradotto in immagini devastanti e in un montaggio geniale quanto scritto, si è eclissato nel nulla?
3. Cosa è successo a Dawson Leery, più che convincente qui, per non aver sfondato su grande schermo, finendo invece arrabattandosi in qualche serie televisiva prontamente cancellata?
4. L'effetto per chi questo film se lo è visto quando è uscito, è stato più o meno lo stesso di Spring Breakers, visto l'uso da una parte di icone puritane provenienti da Dawson's Creek e da Settimo Cielo, dall'altra dal mondo Disney?
Esaurite le domande, quello che resta è un film che di giovani e ai giovani parla, con una sceneggiatura con i contropacchi e con una messa in scena ancora più solida e delirante.
Tutto inizia alla Festa della fine del mondo, dove Lauren perde in modo davvero poco romantico la verginità, Paul subisce quella che sembra l'ennesima delusione/pestaggio scegliendo il ragazzo sbagliato, Sean finisce a letto con quella che sembra l'ennesima ragazza che passa sul suo letto senza provare alcunchè.
Bella gioventù, bell'intreccio.
Ma poi, nei titoli di testa (così come già era successo a fine presentazione di ognuno), il tempo scorre all'indietro, dall'inverno si passa all'autunno e alla primavera, ritrovando così i tre separatamente, analizzando i loro percorsi, il loro sfiorarsi, la loro ricerca di un lieto fine.
Sean si muove nell'ambiente universitario come un vampiro, vivendo estremo nelle feste e nella vita fatta di spaccio e di corse, di menefreghismo e superiorità che ben ricorda il suo fratello maggiore, proprio lui, Patrick Bateman. Lauren cerca l'amore vero, quello con cui andare oltre, pur convivendo con un'amica decisamente facile e disinibita. Sia lei che Paul finiranno così per innamorarsi del catalizzante Sean, ammaliati dal suo essere fuori dall'ordinario, come una legge degli opposti che regola le attrazioni.
Le conseguenze, oltre a quelle già mostrate a inizio film , possono però essere anche ben più gravi, ma Sean, come un vero vampiro sopravvive indenne a tutto, in una maledizione che ben accetta.
Se la trama a prima vista può sembrare un po' banale, con un triangolo amoroso di difficile gestione e soluzione, la messa in scena di Avary, di certo non lo è.
A partire dal suo rewind in diretta, con tanto di dialoghi che passano così al contrario, dal suo montaggio sincopato, dalla sua fotografia innovativa che divide lo schermo in due, che si fissa sui volti e sulle espressioni dei suoi protagonisti portati al limite, costruisce una solidità che se si aggiungono i dialoghi e i monologhi/pensieri tratti direttamente dalla penna tagliente di Ellis e si arriva a livelli altissimi.
Passati 10 anni, la sua efficacia e la sua intelligenza -così come il modo di far festa degli americani- non sembrano affatto passati di moda, rimanendo così un film generazionale ma anche molto molto pieno di verità.
Insomma, un film di culto, senza se e senza ma.
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