Magazine Famiglia
Scelgo il libro dall'espositore della biblioteca. Senza una ragione precisa e senza leggere una riga.
Comincio a leggerlo , arrivato a casa, sulla sdraio in giardino, nella stretta porzione d'ombra sotto il pergolato della bignonia. L'autore , algerino, ambienta la sua storia tragica , in una Kabul spettrale, dominata ancora dai talebani. Una città un tempo ricca e piena di fiori, è dominata ora da una casta ottusa che annovera la gioia tra i peccati capitali. A fianco di questa umanità dolente e perduta che crepa nell'accattonaggio e nella polvere , si intrecciano le storie di due personaggi . Atiq è il guardiano del carcere che non riesce più a sostenere il ritmo delle esecuzioni. Ha una moglie malata,Mussarat, ormai senza speranza. L'altro personaggio , Mohse è un borghese decaduto. Sua moglie, Zunaira , è stata un tempo un'avvocatessa paladina della causa femminista. Una prima scena mi ha letteralmente inchiodato alla pagina . Una lapidazione di una prostituta crea come un vortice di disperati , tra mullah tuonanti e marmocchi dalle narici efervescenti di mosche. Una frase colpisce senza dubbio. Il custode del carcere dice di detestare le esecuzioni pubbliche : lo costringono a fare i conti con la sua fragilità. Anche il dolore della moglie, la sua condizione disperata, mina completamente le certezze religiose di quest'uomo perennemente stanco. La sofferenza dell'amata crea una domanda, una teodicea che arriva dritta fino al Dio Musulmano. Mi chiedo, non lo so, se la teodicea faccia parte anche della filosofia Islamica. Veramente dovrò ragionarci ancora. Tragiche sono poi le considerazioni di Atiq sull'assenza assoluta di qualsiasi mutamento nella società Afgana . " Circolano le stesse armi, girano gli stessi ceffi, abbaiano gli stessi cani e pasano le stesse carovane. Abbiamo sempre vissuto così. Partito un re , un'altra divinità l'ha sostituito. E' vero, gli stemmi hanno cambiato logo, identici sono i soprusi che rivendicano"Questo libro mi sta prendendo. Magari, gioiosi lettori miei, magari ne riparliamo .
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