Magazine Diario personale

Le scarpette nuove

Da Mizaar

uroburoFa impressione e commuove fortemente un uomo, uno dei soccorritori che oggi hanno allineato novantaquattro esseri umani sulle banchine del porto di Lampedusa, mentre racconta la tragedia in diretta, mentre racconta delle scarpe nuove di due bimbi ritrovati anch’essi in mare, scarpe come segno di speranza, l’annuncio di una vita nuova che non sarà. Che tragedia immane, che enorme cimitero il mare che ogni giorno vediamo e che inghiotte vite che nulla hanno da perdere tra l’ipocrisia generale, tra le parole di cordoglio, falso cordoglio, tra le parole sprezzanti di bestie parlanti di quelli che dicono: Che rimangano a casa. La colpa, se muoiono, è solo di un ministro di colore poiché sono stati invitati da lei ad emigrare. E dunque è così facile trovare una spiegazione pelosa e falsa, che mette una grande distanza tra quelli che sul mare vanno per svago e gli altri che navigano su catorci per bisogno e disperazione, per sfuggire alla guerra? E tutti riempiono il proprio stomaco insensibile del pane dell’indignazione ognuno sostiene che il ” problema ” non riguarda solo l’Italia e Lampedusa e coloro che accolgono questi poveri resti di cristi in croce, come in un compianto amaro e disperato, ma bisogna coinvolgere gli altri, l’Europa, ah, l’Europa matrigna. Bisogna fermarli, prima che partano dalle loro terre, ma fermarli per andare dove? In braccio a soldati armati fino ai denti, a fondamentalisti nutriti con un odio cieco o morte e violenza sicura, in braccio a guerre fondate e sostenute dalle armi, guarda caso fatte in Europa e comunque in occidente. E’ l’uroburo che inghiotte se stesso, la guerra che si nutre dell’ipocrisia dell’occidente e dei morti in mare.


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