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Le storie sono fatte di esseri umani

Creato il 03 giugno 2013 da Marcofre

Le storie sono fatte di esseri umani: uomini e donne. È bene ribadirlo, scriverlo più volte, perché si legge di tutto, ma di nessun interesse. Questo succede quando si incappa in un errore clamoroso. Si pensa che la scrittura di una storia sia un affare del lettore, oppure frutto della moda del momento. In entrambi i casi si pestano i tasti non per comporre qualcosa che abbia a che vedere con l’umanità, ma con diagrammi e percentuali.

È vero. Qualunque storia ha a che vedere anche con denaro, diagrammi e percentuali, poiché viene stampata, e ha l’ambizione di raggiungere dei lettori e di essere acquistata in grandi quantità.
Però il cuore di tutto deve essere la carne e il sangue.

Troppo sovente si parla dell’umanità attraverso il filtro della televisione. Del luogo comune. Quando si vuol fare qualcosa di coraggioso ci si lancia nell’impegno: e la storia?
Se questa non c’è, e spesso non c’è, è un problema. Se manca la faccia sporca, il ghigno cattivo, il volto pallido, quello che lo sguardo legge è un banale resoconto di fatti.

Questi sono tutti tentativi di evitare il contatto con quelle brutte facce che si muovono ai bordi della città. Sono esseri imprevedibili, bizzarri, che sfuggono alle categorie. Se li pieghi ai tuoi voleri, riceverai applausi e consensi.
Non avrai scritto una storia però.

Un romanzo come “Niente di nuovo sul fronte occidentale” è prima di tutto una storia. Non c’è tutto in quelle pagine, perché Erich Maria Remarque ha osservato, vale a dire scelto. Si è affidato a una lingua semplice, e il risultato è un orrore infinito. Una generazione massacrata nelle trincee, gasata, amputata, traumatizzata. Ma prima c’è la storia. C’è arte: efficacia e valore.

Meglio far finta che l’umanità sia qualcosa di differente, e che sia a disagio con l’arte. Ed è vero: la maggioranza delle persone preferisce riposare placidamente. Giudica tutta l’arte bellissima: in questa maniera perde ogni capacità di giudizio e discernimento. Tutto è arte, quindi non lo è niente. Ma chi se ne preoccuperà?

Tanti autori ribadiscono di scrivere solo di quello che si conosce. In questo modo, il sonno non sarà disturbato. Quando si sceglie quello che si conosce, quasi certamente non ci si incamminerà mai nel buio; lo eviteremo come la peste. Ma quando sarà il buio a occuparsi di noi, non avremo parole o testa per riconoscerlo.

Lui però ci conosce a menadito.

 


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