le tre trappole mentali di un atleta

Creato il 26 aprile 2015 da Emanuele Zanella @emanuele755

Sai cosa sono le trappole mentali?
Non sono altro che pensieri potenti interni che prendono vita e assumono il controllo della tua vita senza che te ne accorgi, influenzando i tuoi comportamenti e il modo in cui decidi.

Questi possono sfogarsi in diversi ambiti e in molti modi, e spesso mettendo i bastoni tra le ruote in modo antipatico, bloccando il potenziale che ogni persona ha.

Sai di sicuro che ogni atleta ha i suoi talenti, i propri punti di forza come anche i punti deboli, nessuno è esente, solo che alcuni questo non lo sanno e si imprigionano da soli con i loro pensieri pensando che i campioni siano degli essere soprannaturali con super poteri venuti da un altro pianeta; niente di più sbagliato!

Allora, c’è il talento, ma anche la predisposizione a fare una determinata cosa, e quando queste sono in equilibrio tra loro svolgendo lo sport giusto, allora queste si espandono al massimo in modo quasi automatico, ma queste vengono sviluppate se guidate da un saggio maestro che sa bene il suo mestiere; non ci si inventa nulla!

Una cosa importante però che molti non prendono in considerazione, è che tutto questo può essere sempre una spada a doppio taglio e ritorcersi contro se non viene gestita bene con sapienza e saggezza.
Un atleta non diventa un campione da solo se non ha un team serio e competente che lo fa crescere nel modo giusto, STOP!

Purtroppo nello sport le trappole mentali sono molte, ma nello sport da combattimento alcune vengono causate per forza di cose da fattori esterni che è molto difficile evitarle, e uno di questi sono i pochi soldi che svalorizzano i tantissimi sforzi che i fighters professionisti fanno per combattere.

Questa è una “piaga” che mette in difficoltà moltissimi fighters professionisti perché oltre che lavorare tutti i giorni, a volte dopo aver pagato le spese, cure mediche se hanno avuto delle ferite nel combattimento, il viaggio, hotel ecc, non coprono nemmeno le spese, e addirittura a volte ne rimettono, imprigionando in modo forzato i pensieri ed energie positive ritrovandosi a chiedersi se ne vale veramente la pena.

Si lo so, ora starai pensando la classica frase: ma questo sport lo fai per passione e non per i soldi.

Bene, all’inizio è vero, ma se è veramente cosi, tu combatti sempre gratis senza fiatare?
Se non ti pagassero nemmeno un euro, faresti tutto lo stesso?

Rispondi sinceramente. Ora che siamo capiti possiamo andare avanti!
(questo discorso vale per i professionisti, non per i dilettanti che devono addirittura pagare per partecipare alle gare ok?)

In pratica la passione ti da emozione, quella voglia folle di combattere e salire sul ring e combattere indispensabile nello sport, ma se questa viene svalorizzata continuamente per anni sempre di più e mai ricompensata in modo equo, quando cresci, anche quella passione svanisce lentamente fino a cambiare forma e diventare qualcos’altro perché sarebbe come fare un bel lavoro gratis solo per ingrassare altri no?

E’ un po’ come il fidanzamento; il primo mese è stupendo, solo sesso a go go, poi cambia vero?

In pratica la passione resta per lo sport, ma la voglia di fare no, perché non ne vale più la pena!
Ora che abbiamo fatto un quadro generale della situazione, vediamo insieme queste tre trappole mentali che possono bloccare o limitare un atleta.


1 OCCHIO AL TALENTO.

Spesso si insegna ai bambini a focalizzarsi sulle materie in cui riescono
peggio e a non dedicare troppo tempo a quelle in cui eccellono, con la logica di sviluppare un ampio livello di competenze in più materie anziché focalizzarsi su poche. Sbagliato!
“Se trascorrete troppo tempo concentrandovi sui vostri punti deboli, finirete per ottenere una sfilza di punti deboli forti!”

A prescindere dallo sport prescelto, i grandi campioni hanno tutti un comune denominatore: trascorrono buona parte del loro tempo concentrandosi sui punti di forza, su ciò che naturalmente svolgono al meglio e lasciando pochissimo tempo ad attività improduttive.
Il super campione di basket Michael Jordan ha trascorso giorni interi a esercitarsi nei tiri al canestro, a dispetto degli eventi.

Dicendo questo, intendo dire di focalizzarsi e stimolare al massimo i punti di forza dandogli valore, e poi lavorare sui punti deboli usando la forza mentale tratta dai punti di forza, evitando di imprigionarsi sul fatto di avere solo dei punti deboli e cercare di risolverli a tutti i costi facendone una mania in modo negativo.


2 CREDENZE/CONVINZIONI

Le credenze sono le nostre convinzioni, ovvero sono dei pensieri ripetuti talmente tante volte nella nostra mente fino a farli diventare realtà, cioè (ci credi davvero). La cosa più subdola di tutto questo, è che queste credenze nella maggior parte delle volte, NON vengono principalmente da te, ma sono state trasmesse dai nostri familiari o dalle persone vicine, e poi magari assorbite e amplificate da te stesso rendendole reali, creandoti una bella prigione mentale.
Le convinzioni determinano in che modo viene attribuito un significato agli eventi alterandone la nostra lettura cognitiva, cioè il modo che vedi e percepisci le cose.
Quando siamo profondamente convinti che qualcosa sia vero, è come se impartissimo al nostro cervello un ordine al modo con cui rappresentare quel che accade, formando in automatico delle immagini mentali e sensazioni corporee che ne influenzano il tuo comportamento.
Spesso molte persone si focalizzano sempre sul fallimento, sul disastro, sulla sconfitta o sulle cose negative che potrebbero succedere se le cose andassero male, coniugate ad un dialogo interno negativo sbagliato; invece bisogna imparare a focalizzarsi su un obiettivo sempre positivo, creando un’immagine mentale positiva continua cambiando il focus. Questo non è cosi semplice come sembra se fatto da soli, anzi, ma se mai inizi mai cambierai giusto?
Quindi se vuoi iniziare a fare qualcosa di buono per capire se la tua mente è imprigionata oppure no, cerca di capire quali sono le tue credenze, inizia a destrutturarle e cambiale al meglio, vedrai che i risultati arriveranno quanto prima.


3 RICERCA DI APPROVAZIONE

Questa è molto potente, e difficilmente troverai in giro questa cosa, e uno dei motivi che dico questo è perché è stata una delle mie prigioni mentali di quando ero agonista.
Ti sto per svelare una delle mie più grandi debolezze del mio passato pubblicamente, quindi stai attento.

Io provengo da una famiglia molto difficile, e non avendo mai avuto l’appoggio ne la stima di mio papà, e anche non avendo nemmeno mai ricevuto un complimento, cercavo disperatamente in modo irrazionale l’approvazione di mio padre nel mio maestro, mettendoci troppa energia per cercare di vincere a tutti i costi, spervo di ricevere un abbraccio o un semplice:  “sono fiero di te, bravo!”.
Queste sono parole che io non avevo mai ricevuto da mio papà, segnando in modo forte la mia vita, specialmente quella agonistica creandomi molta (troppa) ansia da prestazione perché avevo paura di deludere il mio maestro oltre a tutto il resto.

Pensavo di essere l’unico scemo al mondo nel pensare questa cosa quando l’ho capita; pensavo di essere un debole e un perdente, ma solo ora che sono coach e faccio coaching da anni, scopro sempre più spesso nel coaching che moltissimi atleti in modo inconscio cercano l’approvazione di qualcuno sul ring, quale un familiare o altro, creandosi ansia da prestazione senza esserne consapevoli in modo razionale.

Purtroppo questa cosa l’ho capita troppo tardi facendo dei percorsi personali di coaching molto profondi, quindi se per caso mentre leggi queste parole, senti qualche sensazione strana dentro di te, o ha vibrato qualcosa che ti ha scatenato qualche emozione, ti consiglio di imparare ad ascoltarti dentro se vuoi liberarti da schemi di pensiero limitanti.

Non a caso nella maggioranza dei casi, quando inizio a fare un percorso di coaching con una persona, si inizia con la parte tecnica, ma poi si finisce quasi sempre sul lato familiare, il quale influenza in modo molto forte la performance di un atleta che fa di tutto per renderli fieri di aver vinto.

Lavorando su tutti questi aspetti, non solo si toglie i meccanismi letali, ma si crea una sinergia nuova formata da equilibrio, collaborazione e condivisione eliminando le interferenze negative potenziando non solo i punti di forza, ma anche i punti deboli.




Bene, e ora piccolo riepilogo per capire meglio cosa abbiamo detto.

1 Scopri il tuo talento, scopri i tuoi punti di forza e valorizzali, evitando di imprigionarti sui punti deboli, cioè su quello che ti viene male.
In pratica se ti viene bene il gancio sx, fallo diventare un killer quel colpo, poi migliora i difetti.

2 Scopri quali sono i tuoi pensieri profondi, è sempre il modo che percepisci gli eventi che fa la differenza. Ricordati che il motore è guidato dal pannello di controllo, non va MAI da solo!

3 La ricerca di approvazioni sono potentissime perché diventano un bisogno e non più un obiettivo, facendo diventare quel desiderio una (dipendenza letale) che ti imprigiona senza che te ne accorgi, facendoti diventare schiavo dei tuoi pensieri.


Devi sapere che nel  coaching personale, non si lavora solo sulle neuroassociazioni meccaniche quali respiro e micromivomenti limitanti  e schemi di pensiero, ma si lavora specialmente anche sulle interferenze interne come in questo caso, ma anche su quelle esterne, cioè sugli effetti che le altre persone hanno su di te nella vita personale e agonistica. Devi sapere che è sempre lo stato d’animo che determina la tua performance, e non solo quello fisico.

Puoi essere al top fisicamente, ma se mentalmente sei spento, cioè il pannello di controllo è spento, il motore non parte da solo, ma bisogna spingerlo forte o metterci i cavi.

Nel post   (perché i pugili si allenano inutilemente)  puoi farti un’idea maggiore di quanti pensieri ci possono essere nella testa di un atleta mentre combatte che lo distolgono dalla sua perfomance.

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Emanuele


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