Magazine Società

Le vere mani pulite

Creato il 03 settembre 2011 da Mapo
E dire che lo si cita anche nella preghiera cardine di una delle principali religioni monoteiste del mondo. Eppure niente da fare. Sembra proprio che in questa Italia di politici puttanieri ed evasori fiscali in odore di condono, il "pane quotidiano" sia qualcosa con cui ci si sporca le mani, e niente più.Gli anziani di paese, una volta, invitavano i giovani a diffidare dagli uomini con i colletti bianchi e dalle mani troppo lisce. L'apprezzamento generale nei confronti dell'arte del "fare" qualcosa, nel senso più pratico e sano del termine, appare davvero perso per sempre in quest'epoca del "tutto pronto subito", dove l'ombrello si compra nuovo, non si ripara, e dove bisogna spesso ringraziare un egiziano, nel centro di Milano, se si mangia una buona pizza d'asporto.Viene da chiedersi se le vere "mani pulite" siano quelle che battono sulla tastiera di un computer l'ottovolante degli indici di borsa o quelle imbrattate di sangue, cemento, farina di tanti lavoratori dimenticati.E l'ipocrisia di fondo che sta dietro queste poche righe, è appena alleviata dal fatto che, forse ancora per poco, il mestiere che mi trovo a fare uno dei pochi in cui usare le mani è, talvolta, qualcosa di una certa importanza.Gramellini, sulla Stampa:

Il pane quotidiano

Mancano i fornai. C’è la disoccupazione fulminante, a un concorso per cinque posti da vigile urbano si presentano in ventimila, ma intanto a Roma - è il lamento dell’Unione Panificatori - non si trovano trecento ragazzi disposti a fare il pane per duemila euro al mese. Ho un amico pizzaiolo che cercava un assistente e lo voleva giovane e italiano. Quando ha trovato quello giusto si è sentito chiedere: «Dovrei lavorare anche di sera?» «La gente non viene a mangiare la pizza di pomeriggio». «Allora non m'interessa».
Il suo posto accanto al forno è stato preso da un egiziano, che farà gli straordinari per mantenere agli studi il figlio nella speranza che non diventi un pizzaiolo. Perché, al di là degli orari infelici, il problema di certi mestieri resta la loro scarsa considerazione sociale. È una delle follie di questo capitalismo finanziario, per fortuna malato terminale: il disprezzo per i lavori che producono beni materiali e richiedono uno sforzo fisico diverso dal tirare calci a un pallone. Un impiegato di Borsa è considerato più «giusto» di un falegname. E non solo dai ragazzi. Anche dai genitori, che si vergognano di mandare i figli alle scuole professionali.
Ora, mi spiegate perché uno che passa otto ore davanti al computer, a fare nemmeno lui sa cosa, dovrebbe sentirsi più elevato socialmente di un altro dalle cui mani escono cose tangibili: un vestito, una scarpa, una pagnotta? Si può fare il barbiere e leggere Umberto Eco, come lavorare in uno studio legale e rimanere un caprone. Si può anche leggere Umberto Eco e rimanere un caprone, ma questo è ancora un altro discorso.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog

Magazine