Sulla vicenda di Colonia e delle
aggressioni subite da moltissime donne la notte di capodanno in numerose
città della Germania è stato detto molto, e non sempre purtroppo a
proposito. Mentre aspettiamo di conoscere meglio quelle “modeste verità
di fatto” di cui parlava Hannah Arendt e senza le quali è semplicemente
impossibile esprimere un giudizio fondato, qualcosa si può dire invece
sul dibattito che ne è seguito e che ha visto da un lato i beceri di
casa nostra al grido: “le nostre donne non si toccano, cacciamoli via”
(la stessa identica cultura degli aggressori: ognuno insomma molesti le
proprie donne!) e dall'altro la dignità e il coraggio delle donne
tedesche scese in piazza con lo slogan “no sessismo, no razzismo”.
La condanna senza se e senza ma delle
violenze di Colonia non può e non deve tradursi, infatti, in una
condanna di un gruppo etnico o nazionale, visto che i comportamenti, e
tanto più i reati, sono individuali e non sono certamente determinati
geneticamente. Gli individui che agiscono, però, sono portatori di una
cultura che – al contrario dei geni – un ruolo fondamentale lo gioca
eccome nel determinare il comportamento di quegli individui. Una cultura
misogina, patriarcale e sessuofobica è nemica delle libertà delle donne
e degli uomini, chiunque ne sia il portatore, se il caporale delle
campagne nel ragusano o l'immigrato musulmano. O anche le donne stesse,
spesso complici attive di una tale cultura, come le mogli dei caporali,
che sanno delle violenze dei loro uomini nei confronti delle contadine
rumene in Sicilia e tacciono. Parliamo del 2015 e della cattolicissima
Italia. E tutto questo ha molto a che fare con la cultura tradizionale
siciliana e con le sue radici cattoliche. La visione della donna e la
sessuofobia del cattolicesimo sono mattoni essenziali della cultura
patriarcale e misogina del Suditalia.
Dobbiamo difendere il “no al
sessismo, no al razzismo” chiaro e inequivocabile dall'annacquamento
multiculturalista in cui rischia di affogare, perché gli uomini e le
donne in carne e ossa, sì, sono tutti uguali, ma le culture no, non lo
sono. Ed esattamente come ogni giorno combattiamo contro la cultura
cattolica tradizionale, misogina, patriarcale e sessuofobica, non
possiamo non vedere il carattere altrettanto se non più misogino,
patriarcale e sessuofobico dell'islam e non renderci conto che una
immigrazione di massa di persone portatrici di una tale cultura
rappresenta una sfida, da affrontare in modo intransigente con le armi
della laicità, dell'eduzione, della scuola pubblica, dell'integrazione, e
senza cessioni neanche minime a società parallele e comunità chiuse.
Continuiamo, per fare solo un esempio, la lotta per eliminare
l'insegnamento di ogni religione dalla scuola pubblica di ogni ordine e
grado, e non cediamo invece alle pressioni di chi vuole aggiungere
l'insegnamento dell'islam. La battaglia delle donne e degli uomini
liberi e laici è ancora lunga e il pensiero reazionario riprende piede
anche qui da noi.
In chiusura una provocazione. Dopo le
violenze della notte di capodanno sono piovute centinaia di denunce. Mi
chiedo: non è che anche noi donne occidentali siamo in parte succubi
dell'idea che “gli altri” non ci possano toccare mentre dai “nostri”
uomini tolleriamo comportamenti intollerabili? Non è che il coraggio di
denunciare quelle donne lo hanno trovato proprio perché si trattava di
gruppi di immigrati? E che forse lo stesso coraggio non ce l'hanno –
forse perché consapevoli che non riceverebbero la stessa solidarietà –
quando vengono molestate dai tedeschi ubriachi all'Oktoberfest, o magari
dai loro mariti e compagni tra le mura domestiche, o dai tifosi
inebriati da una vittoria o resi irascibili da una sconfitta, o in
qualunque altra occasione in cui i “nostri” maschi si sentono in diritto
di allungare le mani e noi taciamo?
Magazine Società
Le violenze di Colonia e il rischio di una deriva multiculturalista
Creato il 13 gennaio 2016 da AnimabellaPotrebbero interessarti anche :