- Fernando Botero – foto wikipedia
Fernando Botero, nasce il 19 aprile 1932 a Medellín città nelle Ande colombiane, dove frequenta la scuolaelementare e poi la scuola secondaria dei gesuiti
Ad appena dodici anni viene iscritto dallo zio, grande appassionato di corride, ad a una scuola per toreri, che frequenterà per due anni.
Nei suoi primi disegni c’è una grande ispirazione per il mondo dei toreador, e la sua prima opera conosciuta è l’acquerello di un torero.
Nel 1948 espone per la prima volta nella città natale e comincia a collaborare con “El Colombiano”, il giornale piu’ importante di Medellín, illustrandone supplementi domenicali.
In seguito si trasferisce a Bogotá, dove viene a contatto alcuni personaggi dell’avanguardia culturale colombiana, come lo scrittore Jorge Zalamea, grande amico di García Lorca. Le opere degli artisti della scuola muralista messicana, come Diego Rivera, David Alfaro Sigueiros e Josè Clemente Orozcolo influenzano intensamente, nascono in questi anni i grandi acquerelli , come “Donna che piange” realizzato nel 1949 da cui si puo’ intravedere l’influenza di Orozco.
Con l’opera “Sulla costa” del 1952, ottiene il secondo premio al IX Salone degli artisti colombiani, organizzato presso la Biblioteca Nazionale di Bogotá: con i compensi vinti decide di partire per l’Europa, la sua prima prima sosta avviene in Spagna, dove a Madrid frequenta l’Accademia San Fernando, dove lavorar a stretto contatto con le eccellenti opere del Prado.
- Botero
Arrotonda cosi’ i primi guadagni realizzando le copie dei quadri più famosi esposti nel museo spagnolo, Goya, Vélasquez, Tiziano e Tintoretto sono fonte di ispirazione. Si trasferisce a Parigi dopo un anno vivendo in un piccolo appartamento sulla Place des Vosges, e passa tutto il suo tempo al Louvre a studiare gli antichi maestri, antichi maestri, disilluso
dall’avanguardia francese.
Arriva in Italia nel 1953 e vi rimane fino 1954, qui si iscrive all’Accademia di San Marco di Firenze. eseguendo copie soprattutto di Giotto e di Andrea del Castagno. Durante il giorno approfondisce tecnica della pittura “a fresco”, e di sera lavora a dipinti a olio nel suo laboratorio di via Panicale, precedentemente di proprietà di Giovanni Fattori. Sono le lezioni di Roberto Longhi, che lo appassionano al rinascimento italiano, viaggia molto nella campagna toscana, recandosi ad Arezzo, ad osservare opere di Piero della Francesca, e a Siena. In quegli anni compie viaggi in altre città d’arte italiane tra cui Venezia e Ravenna.
Nel marzo 1955 rientra a Bogotá con le opere realizzate durante la permanenza in Italia e li espone, due mesi dopo, nella sede della Biblioteca Nazionale. La critica lo attacca severamente, all’epoca sensibile soprattutto alle tendenze artistiche maggiormente in voga nelle gallerie d’oltralpe.
Botero si sposa nel dicembre 1955 e all’inizio del 1956 la coppia si reca a Città del Messico, dove nasce il primo figlio, Fernando. È qui incomincia l’evoluzione dell’artista che, per la prima volta, scopre le possibilità di espandere, ampliare e dilatare il volume delle forme in un personalissimo modo.
Botero - Donna con frutta
A Washington nel 1957 allestisce la sua prima mostra negli Stati Uniti. Si reca poi, nei i musei di New York, dove scopre l’espressionismo astratto. Ritorna a Bogotà in maggio dove al X Salone colombiano viene premiato per la seconda volta.
Nel 1958 nasce la secondogenita Lina. Ad appena di ventisei anni Botero è nominato professore di pittura all’Accademia d’arte di Bogotá dove rimarrà fino al 1960.
Incomincia ad affermarsi come uno dei più promettenti artisti del suo paese realizzando alcune tavole per la siesta del Martes di Garcia Màrquez, che saranno poi pubblicate su “El Tiempo”, il più importante quotidiano colombiano. Con la “camera degli sposi” omaggio al Mantegna, sua libera interpretazione dei famosi affreschi nel palazzo Ducale di Mantova, ottiene il primo premio all’ XI salone colombiano.
Notevole successo ottiene la sua personale organizzata nell’ottobre dello stesso anno alla Gres Gallery di Washington: quasi tutte le sue opere vengono vendute il giorno stesso dell’inaugurazione.
Nel 1959 al salone colombiano presenta “L’Apoteosi di Ramón Hoyos”.
- Fernando Botero Niño de Vallecas 1959
E’ di questo periodo la profonda ammirazione per Velázquez, realizza così, infatti più di dieci versioni del “Niño de Vallecas”, in cui si intravede l’influenza dell’espressionismo astratto.
Vince un premio Guggenheim e partecipa, con Enrique Grau, Alejandro Obregon ed Eduardo Ramírez Villamizare, alla V Biennale di São Paulo in rappresentanza del suo paese.
Nel 1960 a Bogotà nasce , il suo secondo
figlio maschio, Juan Carlos. Fernando Botero viene nominato rappresentante della Colombia alla II Biennale del Messico. Questa decisione viene criticata provocando una violenta opposizione, contro la quale l’artista e molti dei suoi amici protestano vivamente e cosi’, p er la terza volta abbandona il suo paese e, con pochissimo denaro, si trasferisce a New York. Prende in affitto un loft nel Greenwich Village, ma La Gres Gallery, che fino a quel momento lo aveva aiutato e sostenuto, chiude.
Divorzia dalla moglie.
Nel 1961 il Museum of Modern Art di New York, acquista “Monna Lisa all’età di dodici anni”, ma la sua prima mostra allestita alla galleria The Contemporaries, viene aspramente criticata.
- Fernando Botero Monna Lisa a 12 anni
Nel 1963 si trasferisce nell’East Side. Nel 1964 sposa Cecilia Zambrano e qualche mese dopo vince il secondo premio del I Salone Intercol dei giovani artisti allestito al Museo de Arte Moderno di Bogotà, con l’opera Mele Costruisce una casa a Long Island e a New York affitta un nuovo studio nella 14a Strada. Inizia ad emergere nelle opere di questo periodo lo stile plastico realizzate con colori tenui e delicati. Si appassiona all’arte di Rubens realizzando diversi lavori che si ispirano al grande maestro fiammingo. A Baden Baden, in Germania nel gennaio del 1966 tiene la sua prima grande personale euro
pea, lo stesso anno è presso il Milwaukee Art Center è un successo e la rivista “Time” ne riporta una critica estremamente positiva.
Gli anni tra il 1967 ed il 1970 vive tra la Colombia, New York e l’Europa. Visita l’Italia e la Germania, dove subisce il fascino dell’arte di Dürer. Realizza così i Dureroboteros, una serie di grandi disegni a carboncino, esegesi di famosi dipinti del grande artista tedesco. Contemporaneamente si sente attratto da Manet di cui interpreta ripetutamente – a modo suo – il famoso Dejeuner sur l’herbe e Bonnar . Nel marzo 1969 espone al Center for Inter-American Relations di New York.
Dipingere diventa una necessità interiore, ma anche un’esplorazione continua verso la tela ideale che non si raggiunge mai.
- Botero – Pcnic
Il colore discreto, non esaltato, mai delirante, va realizzandosi in un ciclo di improvvisazioni e di reazioni dove non esistono ombre perché, a suo avviso, imbratterebbero l’idea del colore che egli vuole trasfondere.
Colma i grandi campi di colore, dilatando la forma, e uomini e paesaggi acquistano dimensioni insolite, a prima vista appaiono rreali, ed il particolare ne diventa simbolo cosicche’ grandi volumi rimangono inosservati.
La distanza dell’artista, a cui non interessa il presupposto umano, rende i suoi eroi dei prototipi senza alcun valore morale o psicologico, senza energia e calore.
Non avvertono felicità ne tantomeno sofferenza, il loro sguardo è perso nel vuoto o strabico, non battono le ciglia e scrutano senza scrutare.
- Botero – sala da pranzo
Grazie all’impassibilità emotiva, la sua arte acquista la dignità e la tranquillità del grande classicismo.
Botero crede che il successo dipenda dal fatto che: “Bisogna descrivere qualcosa di molto locale, di molto circoscritto, qualcosa che si conosce benissimo, per poter essere capiti da tutti. Io mi sono convinto che devo essere parrocchiale, nel senso di profondamente, religiosamente legato alla mia realtà, per poter essere universale.” «La prima riflessione di un profano di fronte ai quadri di Botero è di una festosa complicità. Si entra volentieri nelle sue case, si fa volentieri amicizia con i suoi personaggi paffuti; ci si siede, si guarda, si è presi dalla voglia di sorridere». Queste parole di Dacia Maraini sembrano perfettamente adeguate per introdurre a circa mezzo secolo d’arte di Fernando Botero: ormai noti al grande pubblico, i protagonisti delle sue tele sono donne ed uomini “over size”, fuori misura, nati da una rivisitazione della pittura popolare e naif e dipinti (o scolpiti) con surreale ironia.
COMMENTI (1)
Inviato il 15 maggio a 10:59
Grossezza fa rima con grandezza..e il bravo Artista..si è creato una nicchia tutta Sua, sono infatti se non l'unico..gli Artisti che dipingono anche questo mondo fatto di grandi esseri Umani..nel mezzo naturalmente vi è la verità..né troppo magre (magri) né troppo grasse (grassi) e poi piace ciò che piace..ed è anche un modo d' essere..di vivere bene con altri la propria vita come l'Arte e l'Artista ne ha colto l'anima..dell'esistenza vita! Altri Artisti invece continuano a fare più di una imbardata non decollano..ma neppure atterrano e le tele restano in vista ma senza comunicare nulla..solo perché provengono da note scuole blasonate..Artisti si nasce non si diventa l'Arte è un dono di Dio non delle scuole.Morando
Inviato il 25 gennaio a 09:18
...ma la pittura esprime solo colori e forme? Le espressioni che sono lo specchio dei nostri sentimenti non vengono rappresentate. I personaggi di Botero non hanno capacità di pensiero.