Questo articolo è uno dei tanti articoli, pubblicati su questo blog, che sono andati accidentalmente persi. Pian piano cercherò di pubblicare quelli che sono riuscita a recuperare. Alcuni li ho già pubblicati su “Racconti e Poesie di Una Valigia di Caffè“.
Adesso scappo a prepararmi che ho lezione di teatro, ma vi lascio con Lee Strasberg. Un pò di cultura teatrale, insomma!
Buona lettura :)
Una Valigia di Caffè, lì 6 ottobre 2010
Quest’oggi sono stata poco bene, quindi il secondo incontro a teatro è saltato. In compenso mi sono dedicata alla mia solita lettura teatrale.
Di questo libro ho trovato particolarmente vera tale affermazione:
“E’ difficile parlare di recitazione solo nei termini del gradimento da parte del pubblico, perchè il fatto che al pubblico piaccia quello che vede ha a che fare con un sacco di cose” . Una frase sempre attuale, che – ahimè! – non passa mai di moda. L’attore dovrebbe tener conto dell’occhio critico del pubblico, che non sempre ha necessariamente ragione, in quanto la prima cosa che il pubblico istintivamente ricerca è l’immagine. Si pensi alla scenografia di uno spettacolo, ai costumi e alle stesse facce di un attore. E’ normale che il pubblico tragga il suo giudizio anche da questo, ma il danno arriva quando il giudizio del pubblico parte solo da questo. In tal caso la recitazione diventa d’immagine, perdendosi di vista la bravura effettiva di un attore che può risultare apparente o allusiva. Questo accade soprattutto al Cinema quando il regista è alla ricerca di un attore che soddisfi maggiormente le caratteristiche estetiche, abbandonando ai tagli e alla “divina provvidenza” l’aspetto attoriale vero e proprio. Aspetto arbitrario e convenzionale è la mancanza d’interpretazione e di psicologia dei personaggi nel contesto cinematografico (italiano). L’idea “cinema sinonimo di naturalezza” che invita l’attore a ricreare una situazione naturale di fronte alle telecamere, rischia di creare momenti troppo naturali da rendere il personaggio troppo statico e privo di caratterizzazione. Pertanto Lee Strasberg a riguardo scrive
“Eseguire un particolare ritmo sul pianoforte non ha niente a che fare con il fatto che in un parte di una sonata di Beethoven fate quel ritmo. Il funzionamento completo dello strumento dell’attore prevede l capcità di rendere un particolare “ritmo” e anche molti altri “ritmi” in modo che possa soddisfare qualunque richiesta posta da un regista o da lui stesso”.