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L'approvazione parlamentare del famigerato ddl anti-intercettazioni ha suscitato sgomento e indignazione, soprattutto tra i magistrati e i giornalisti italiani. Come è potuto accadere che un esecutivo di comprovata affidabilità e vocazione pluralistica, che ha fatto del rispetto delle regole il proprio marchio di garanzia, di punto in bianco se ne sia uscito con un decreto tanto liberticida?
Così nelle scorse settimane si sono sprecate le esternazioni da parte del potere giudiziario, quella stessa magistratura che ha sovraffollato le carceri con pericolosissimi criminali del calibro di venditori ambulanti, graffitari, immigrati clandestini e consumatori di mariujana, ma che di fronte allo stupro sistematico della Costituzione e dei diritti del popolo italiano ha sempre preferito mantenere un atteggiamento responsabilmente equidistante.
Il fatto che da un paio di decenni le istituzioni italiane fossero popolate da ex piduisti e condannati in via definitiva non ha mai costituito un problema per il potere giudiziario. Così come la progressiva esautorazione del Parlamento a suon di decreti e voti di fiducia. La depenalizzazione di reati gravissimi e l'inasprimento delle pene per reati irrisori (riempimento delle carceri in vista dell'affare carceri private), le ricusazioni di giudici non graditi, i trasferimenti degli stessi in capo al mondo come fossero pedine del Monopoli, gli "strani" incidenti occorsi a colleghi come la Forleo. Tutta robetta. Eventi a cui i signori magistrati hanno giustamente pensato di assistere passivamente, senza dannarsi troppo l'anima, dal momento che il loro ruolo dopotutto non era mica quello di rappresentare uno dei tre poteri dello Stato, magari tutelando la conservazione degli equilibri democratici. Al contrario, tutte le volte che si è presentata loro l'occasione, i depositari della legalità italiana hanno saputo darci prova della ferrea compattezza che li contraddistingue, con alcune procure intente a scannarsi vicendevolmente, in una esilarante guerra all'ultima perquisizione.
D'altra parte perché guastarsi i rapporti con questi brav'uomini al governo, quando le accuse caustiche mosse dal Presidente del Consiglio un giorno si e l'altro pure, già fornivano all'opinione pubblica la impressione che la magistratura stesse facendo il proprio dovere?
Ma adesso basta. La misura è colma. Toccatemi tutto ma non le mie intercettazioni. La legge bavaglio ha fatto girare gli atomici attributi dei togati italiani. Sono state tenute lunghe riunioni a cui hanno partecipato uomini di legge molto preoccupati, funamboli della retorica abilissimi nel comporre fluviali arringhe simili ai singhiozzi di un moccioso ripetente.
L'Associazione Nazionale Magistrati ha indetto uno sciopero per il primo di luglio, e si è addirittura spinta fino alla istituzione di un "Patto Per La Giustizia", dichiarazione di intenti il cui titolo sembra uscito da un romanzo di Dumas, mediante la quale i paladini della legalità denunciano "... le gravissime conseguenze sul funzionamento del sistema giudiziario che deriveranno dalla manovra approvata dal Governo e deliberano l'organizzazione di assemblee congiunte in ogni distretto nella giornata del 17 giugno 2010, con sospensione delle udienze e delle altre attività, per rappresentare al Paese l'iniquità della manovra, il grave stato di crisi della giustizia in Italia e l'urgente necessità di vere riforme."
In definitiva, ad interpretare l'atteggiamento dei magistrati, l'emergenza democratica in Italia sarebbe sorta giusto negli ultimi mesi. Fino all'altro ieri vivevamo nel paese della legalità, della libertà e della democrazia. Poi è spuntata questa malaugurata legge bavaglio e siamo diventati un paese di merda.
E gli amici giornalisti invece come hanno reagito?
Ebbene, la loro prima mossa è stata quella di esporre nelle rispettive prime pagine alcuni messaggini pregni di passione e slancio democratico, del tipo: "La legge bavaglio nega ai cittadini il diritto di essere informati."
Concisi, brutali, d'impatto. Sono i messaggini di chi per impostazione professionale tira dritto al nocciolo della questione, senza addolcire la pillola. Messaggini che sintetizzano perfettamente la agghiacciante, imprevedibile situazione sorta nel nostro Paese: da oggi i cittadini italiani non potranno più essere informati con la consueta puntualità, imparzialità ed indipendenza. E' bene che lo si sappia. La informazione che finora ha tenuto sotto scacco i poteri forti sta per essere colpita a tradimento da questo provvedimento liberticida. Liberticida. Mi scuso per la ripetizione, ma pronunciare la parola liberticida mi fa sentire intelligente.
La seconda mossa ordita da questi partigiani del Terzo millennio è stata indire - udite udite - un black out nazionale della informazione della durata non di una ora, non di 6 ore, non di 12 ore, ma di ben 24 ore sonanti. Alla faccia del bicarbonato di sodio. Una intera giornata senza cronaca nera, senza editoriali disinteressati, senza le illuminanti chiacchiere dei politici, senza l'oroscopo, senza le passerelle di Milano e Parigi, senza i numeri del Superenalotto, senza le notizie sportive ed i consigli per far fronte alle ondate di caldo.
Giunta a conoscenza della funesta prospettiva, la popolazione è andata nel panico. I politici si sono prostrati, mani giunte, per implorare pietà. Alcuni ricercatori si sono spinti ad ipotizzare che la sadica deprivazione della informazione per un lasso di tempo così prolungato potrebbe comportare una vasta ondata di suicidi tra i cittadini. Ma loro, i giornalisti, niente. Sono stati irremovibili. Il black out ormai è deciso. Il Governo avrebbe dovuto pensarci prima.
Voglio chiudere il post con una nota positiva, che conferma il detto secondo cui anche le situazioni peggiori, se si guarda bene, celano sempre qualche aspetto positivo.
E' stato previsto infatti che tra i numerosi effetti che il provvedimento berlusconiano produrrà nell'ambito della nostra società, si verificherà un consistente incremento della immigrazione altamente specializzata.
Le principali agenzie immobiliari italiane hanno colto al volo la occasione riempiendo i quotidiani esteri di inserzioni indirizzate ai delinquenti stufi di vivere in paesi che turbano la privacy con strumenti fastidiosi come le intercettazioni telefoniche ed ambientali. VIENI A VIVERE NEL PAESE DELLA PRIVACY, recitano le réclame. IL PAESE DEL SOLE, DEL MARE E DELLA CUCCAGNA.
Per quanto allucinante sia ammetterlo, restano più scomodi da morti pochi personaggi come Biagi, Falcone, Montanelli e Borsellino, che l'intero attuale panorama giornalistico e giudiziario italiano riunito in assemblea plenaria. A questo punto almeno ci risparmino la solfa e restino pure comodi. I buoi ormai sono andati, proprio come la credibilità di coloro i quali a tempo debito anziché agire seriamente preferirono defilarsi, ed oggi ci tediano con i loro strepiti ipocriti.
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