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La questione dell’immigrazione viene portata in primo piano in Italia con la Legge Bossi-Fini nell’estate del 2002.
Dal permesso di soggiorno alle quote, dai clandestini alle badanti, dal diritto alla cittadinanza fino al rilevamento delle impronte digitali e ad una regolamentazione per le moschee…L’Italia è ancora oggi, dopo 8 anni, alla ricerca di un modello, di una legislazione, in grado di sostenere il percorso globale ed inarrestabile della convivenza fra culture. Il mondo politico si interroga sull’ambigua natura del fenomeno “Immigrazione”: futura risorsa del Paese o diversità minacciosa?
Dopo vari rimbalzi tra la Camera dei deputati e il Parlamento giungiamo nel suo studio. Lei arriva trafelata, un bel sorriso incornicia il suo volto, i tratti sono quelli tipici del Marocco, occhi allungati, lunghi capelli castano-ramati, guance definite, è molto bella. Un tailleur blu la impreziosisce.
On.Sbai, quali sono secondo lei i paradossi della Legge Bossi-Fini?
E’ fin troppo datata, ha delle lacune, io sto provando a fare una proposta, una moratoria.
La tendenza accolta è che si tratti certamente di una legge limitata, lei pensa sia possibile una nuova legge?
Io penso che senza un rinnovamento di questa legge non ci possa essere futuro per l’immigrazione, basta con i decreti sui flussi. Io intanto ho fatto la proposta di legge per fare una consulta d’immigrazione, ho fatto la proposta di legge per la cittadinanza alle seconda generazioni, ho fatto la proposta di legge contro la poligamia e nel caso in cui ci sia poligamia si revoca la cittadinanza.
Come valuta il provvedimento delle classi separate per bambini stranieri?
Io ero lì quando è stata decisa la mozione per mettere i bambini in classi separate, sono uscita dall’aula quando hanno votato quella legge, sono usciti una cinquantina di parlamentari. La Bossi-Fini è da rivedere per esempio per la cittadinanza ai ragazzi che nascono qui, hanno iniziato l’iter scolastico, quello per esempio fino alle scuole medie, a quell’età dovrebbero ottenere la cittadinanza. Prima di aprirsi alla realtà, senza dover tornare a sentirsi cittadini stranieri. Credo che l’età giusta sia a sedici anni, in modo da non interferire sul processo di crescita, di integrazione effettiva da cittadino, da cittadino. Ci sarebbero da fare tante cose, quello che posso fare, perché sono una, è una battaglia per riuscire in questi anni a costruire qualcosa. Se non ce la farò continuerò comunque dietro le quinte.
E’ religiosa?
Certo io credo in Dio, io ci credo assolutamente. Ce l’ho dappertutto, , la stupidità dell’uomo è che si sono creati tanti altri rami, ma io in Dio ci credo, che qualcuno ci sta su si, sennò sarebbe triste tutto, per me sarebbe triste.
Quindi è una sua personale interpretazione…
Sì, non amo i folklorismi, non amo le gestualità, non amo gli automatismi, la canonizzazione, molti ne sono affascinati, io no, li ho sempre odiati, quel toccare la pietra, quell’andare qua e là, santuari, non adoro queste cose, il rapporto con Dio io ce l’ho tutte le sere, diretto, non amo passare per altri intermediari.
©Alessia Arcolaci, Chiara A. Ridolfi
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